Thesis etd-04222015-161844 |
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Thesis type
Tesi di specializzazione (5 anni)
Author
VALERIO, LAURA
URN
etd-04222015-161844
Thesis title
Analisi dei fattori predittivi di risposta al trattamento con Vandetanib nel carcinoma midollare della tiroide localmente avanzato e/o metastatico.
Department
MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
Course of study
ENDOCRINOLOGIA E MALATTIE DEL METABOLISMO
Supervisors
relatore Prof. Elisei, Rossella
Keywords
- carcinoma midollare avanzato
- inibitori tirosino-chinasici
- trattamento carcinoma midollare
- Vandetanib
Graduation session start date
26/05/2015
Availability
Withheld
Release date
26/05/2085
Summary
Introduzione: Il carcinoma midollare metastatico della tiroide ha, in genere, un decorso relativamente indolente e pazienti con metastatizzazione epatica e polmonare possono sopravvivere a lungo senza alcun trattamento se non quelli strettamente sintomatici. L’utilizzo delle terapie sistemiche è pertanto limitato ai soggetti con evidenza di malattia metastatica rapidamente progressiva. Oltre alla chemioterapia convenzionale, le terapie alternative alla chirurgia nei pazienti con malattia metastatica sono la radioterapia esterna, la terapia con ormoni e citochine e la terapia radiometabolica (Somatostatina o anticorpi monoclonali anti-CEA) con le quali però si ottengono scarsi risultati (<20%) e per lo più di breve durata (PFS < 4-6 mesi). Una nuova strategia terapeutica è offerta dagli inibitori tirosino-chinasici.
Scopo: Lo scopo dello studio è stato quello di valutare l’esistenza di fattori epidemiologici, clinici e genetici in grado di predire la risposta al trattamento con inibitore tirosino-chinasico (vandetanib), in pazienti con carcinoma midollare della tiroide (MTC) localmente avanzato e/o metastatico, con un follow up minimo di 12 mesi.
Pazienti e metodi: Il gruppo in studio era costituito da 64 pazienti, con diagnosi di MTC localmente avanzato e/o metastatico, già trattati chirurgicamente e talvolta con altre terapie sistemiche e arruolati in uno dei protocolli di studio sperimentale con vandetanib o che assumevano la forma commerciale del farmaco e seguiti, durante il follow up, presso il Dipartimento di Endocrinologia di Pisa. Nel corso del follow up, i pazienti sono stati valutati mediante il dosaggio della CT basale, del CEA e con TC total-body, oltre che con esami ematochimici ed elettrocardiogramma, come richiesto dai vari trial clinici. Cinque dei 64 pazienti arruolati ha effettuato terapia con vandetanib per meno di 3 mesi, non raggiungendo, quindi, il primo controllo TC per la rivalutazione morfologica di malattia. Dei 59 pazienti in follow up, 14 hanno effettuato terapia con vandetanib per meno di 12 mesi. Il gruppo di studio finale era quindi rappresentato dai 45 pazienti con follow up minimo di 12 mesi.
Risultati: Nel nostro gruppo di pazienti, per quanto riguarda i fattori epidemiologici, dall’analisi effettuata non sono stati individuati elementi in grado di predire la risposta al trattamento con vandetanib.
Lo screening genetico dei 45 pazienti considerati ha evidenziato che 7/45 (15.6%) casi erano forme ereditarie, 2/45 (4.4%) casi presentavano mutazioni germinali (A883T e V871I) ma erano “apparentemente sporadici” e 36/45 (80%) casi erano forme sporadiche. Lo studio delle mutazioni somatiche è stato eseguito in un totale di 36/38 casi sporadici (34 casi sporadici e i 2 casi con le mutazioni germinali A883T e V871I) ed è stato osservato che 33/36 (91.6%) pazienti erano portatori di una mutazione somatica; di questi, 32/33 (97.0%) erano portatori di una mutazione del gene RET e 1/33 (3.0%) era portatore di una mutazione del gene RAS. Dal nostro studio è emerso che la presenza di mutazione a carico del gene RET o del gene RAS non è, in generale, un fattore predittivo di risposta al trattamento con vandetanib. Inoltre, si è osservato che un solo paziente su quattro, con mutazione V804M dell’esone 14 di RET, nota per essere associata a resistenza a vandetanib in studi “in vitro”, non ha mai risposto al trattamento con vandetanib, mentre si è osservata una risposta parziale in due pazienti e una stabilità di malattia in un paziente.
In 6 pazienti si è osservato il fenomeno dell’escape, dopo un’iniziale risposta al trattamento, e in tutti i casi era presente la mutazione M918T dell’esone 16 di RET.
La sede delle metastasi (linfonodali, polmonari, epatiche, ossee) non sembra correlare, in maniera statisticamente significativa, né con l’outcome né con l’escape.
Si è inoltre osservata la comparsa di eventi avversi (AE) in 36 pazienti, con risoluzione completa o parziale in 30 casi dopo introduzione di terapie specifiche/sintomatiche e/o sospensione temporanea del vandetanib e successiva ripresa a dosaggio ridotto nei casi di AE più severi. Dall’analisi effettuata, è stata osservata una correlazione positiva tra comparsa di AE e risposta al trattamento con vandetanib, in termini di stabilità di malattia e/o di risposta parziale (p=0.01). Quindi la comparsa di AE nel corso del trattamento con vandetanib sembra associarsi ad una maggiore risposta di malattia. Sebbene al limite della significatività statistica (p=0.05), il rash cutaneo acneiforme è tra tutti gli AE quello più frequentemente associato ad una risposta di malattia al trattamento con vandetanib.
Inoltre, per quanto riguarda l’outcome a lungo termine, è stata osserva una risposta morfologica di malattia, in termini di stabilità o di risposta parziale, in 39/45 (86.7%) pazienti, associata ad una risposta biochimica per quanto riguarda l’andamento dei valori di CT nel corso del follow up (mediana CT allo screening 1660 pg/ml vs mediana CT all’ultimo controllo 920 pg/ml). Diversamente, l’andamento dei valori del CEA, nel corso del follow up, ha mostrato la tendenza ad un lieve incremento (mediana CEA allo screening 63 ng/ml vs mediana CEA all’ultimo controllo 72 ng/ml).
La sopravvivenza libera da progressione “Progression-Free Survival” (PFS) era pari all’85% a sei mesi dall’inizio del trattamento con vandetanib, al 77% a 12 mesi e al 70% a 48 mesi, dato del tutto sovrapponibile a quello riscontrato nello studio ZETA che ha rappresentato lo studio multicentrico internazionale più numeroso.
Conclusioni: In conclusione, sebbene dal nostro studio non siano emersi fattori epidemiologici, clinici e genetici predittivi di risposta al trattamento con vandetanib, in pazienti con MTC localmente avanzato e/o metastatico, abbiamo potuto comunque evidenziare che le mutazioni somatiche di RET sono molto frequenti in questi pazienti e che anche i pazienti con mutazioni “resistenti” al trattamento con vandetanib hanno avuto una risposta di malattia nel 75% dei casi. Inoltre, per la prima volta, è stato dimostrato un rapporto di predittività tra comparsa di AE, in particolare di rash cutaneo acneiforme, e risposta al trattamento con vandetanib. Da segnalare, infine, che il nostro gruppo di studio è il più grande descritto in un singolo centro ed è rappresentativo di serie più numerose come quelle dello studio ZETA, essendo le curve di PFS dei due gruppi (nostro e ZETA) sovrapponibili.
Scopo: Lo scopo dello studio è stato quello di valutare l’esistenza di fattori epidemiologici, clinici e genetici in grado di predire la risposta al trattamento con inibitore tirosino-chinasico (vandetanib), in pazienti con carcinoma midollare della tiroide (MTC) localmente avanzato e/o metastatico, con un follow up minimo di 12 mesi.
Pazienti e metodi: Il gruppo in studio era costituito da 64 pazienti, con diagnosi di MTC localmente avanzato e/o metastatico, già trattati chirurgicamente e talvolta con altre terapie sistemiche e arruolati in uno dei protocolli di studio sperimentale con vandetanib o che assumevano la forma commerciale del farmaco e seguiti, durante il follow up, presso il Dipartimento di Endocrinologia di Pisa. Nel corso del follow up, i pazienti sono stati valutati mediante il dosaggio della CT basale, del CEA e con TC total-body, oltre che con esami ematochimici ed elettrocardiogramma, come richiesto dai vari trial clinici. Cinque dei 64 pazienti arruolati ha effettuato terapia con vandetanib per meno di 3 mesi, non raggiungendo, quindi, il primo controllo TC per la rivalutazione morfologica di malattia. Dei 59 pazienti in follow up, 14 hanno effettuato terapia con vandetanib per meno di 12 mesi. Il gruppo di studio finale era quindi rappresentato dai 45 pazienti con follow up minimo di 12 mesi.
Risultati: Nel nostro gruppo di pazienti, per quanto riguarda i fattori epidemiologici, dall’analisi effettuata non sono stati individuati elementi in grado di predire la risposta al trattamento con vandetanib.
Lo screening genetico dei 45 pazienti considerati ha evidenziato che 7/45 (15.6%) casi erano forme ereditarie, 2/45 (4.4%) casi presentavano mutazioni germinali (A883T e V871I) ma erano “apparentemente sporadici” e 36/45 (80%) casi erano forme sporadiche. Lo studio delle mutazioni somatiche è stato eseguito in un totale di 36/38 casi sporadici (34 casi sporadici e i 2 casi con le mutazioni germinali A883T e V871I) ed è stato osservato che 33/36 (91.6%) pazienti erano portatori di una mutazione somatica; di questi, 32/33 (97.0%) erano portatori di una mutazione del gene RET e 1/33 (3.0%) era portatore di una mutazione del gene RAS. Dal nostro studio è emerso che la presenza di mutazione a carico del gene RET o del gene RAS non è, in generale, un fattore predittivo di risposta al trattamento con vandetanib. Inoltre, si è osservato che un solo paziente su quattro, con mutazione V804M dell’esone 14 di RET, nota per essere associata a resistenza a vandetanib in studi “in vitro”, non ha mai risposto al trattamento con vandetanib, mentre si è osservata una risposta parziale in due pazienti e una stabilità di malattia in un paziente.
In 6 pazienti si è osservato il fenomeno dell’escape, dopo un’iniziale risposta al trattamento, e in tutti i casi era presente la mutazione M918T dell’esone 16 di RET.
La sede delle metastasi (linfonodali, polmonari, epatiche, ossee) non sembra correlare, in maniera statisticamente significativa, né con l’outcome né con l’escape.
Si è inoltre osservata la comparsa di eventi avversi (AE) in 36 pazienti, con risoluzione completa o parziale in 30 casi dopo introduzione di terapie specifiche/sintomatiche e/o sospensione temporanea del vandetanib e successiva ripresa a dosaggio ridotto nei casi di AE più severi. Dall’analisi effettuata, è stata osservata una correlazione positiva tra comparsa di AE e risposta al trattamento con vandetanib, in termini di stabilità di malattia e/o di risposta parziale (p=0.01). Quindi la comparsa di AE nel corso del trattamento con vandetanib sembra associarsi ad una maggiore risposta di malattia. Sebbene al limite della significatività statistica (p=0.05), il rash cutaneo acneiforme è tra tutti gli AE quello più frequentemente associato ad una risposta di malattia al trattamento con vandetanib.
Inoltre, per quanto riguarda l’outcome a lungo termine, è stata osserva una risposta morfologica di malattia, in termini di stabilità o di risposta parziale, in 39/45 (86.7%) pazienti, associata ad una risposta biochimica per quanto riguarda l’andamento dei valori di CT nel corso del follow up (mediana CT allo screening 1660 pg/ml vs mediana CT all’ultimo controllo 920 pg/ml). Diversamente, l’andamento dei valori del CEA, nel corso del follow up, ha mostrato la tendenza ad un lieve incremento (mediana CEA allo screening 63 ng/ml vs mediana CEA all’ultimo controllo 72 ng/ml).
La sopravvivenza libera da progressione “Progression-Free Survival” (PFS) era pari all’85% a sei mesi dall’inizio del trattamento con vandetanib, al 77% a 12 mesi e al 70% a 48 mesi, dato del tutto sovrapponibile a quello riscontrato nello studio ZETA che ha rappresentato lo studio multicentrico internazionale più numeroso.
Conclusioni: In conclusione, sebbene dal nostro studio non siano emersi fattori epidemiologici, clinici e genetici predittivi di risposta al trattamento con vandetanib, in pazienti con MTC localmente avanzato e/o metastatico, abbiamo potuto comunque evidenziare che le mutazioni somatiche di RET sono molto frequenti in questi pazienti e che anche i pazienti con mutazioni “resistenti” al trattamento con vandetanib hanno avuto una risposta di malattia nel 75% dei casi. Inoltre, per la prima volta, è stato dimostrato un rapporto di predittività tra comparsa di AE, in particolare di rash cutaneo acneiforme, e risposta al trattamento con vandetanib. Da segnalare, infine, che il nostro gruppo di studio è il più grande descritto in un singolo centro ed è rappresentativo di serie più numerose come quelle dello studio ZETA, essendo le curve di PFS dei due gruppi (nostro e ZETA) sovrapponibili.
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