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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04222015-160856


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CANTELLA, NATALIA
URN
etd-04222015-160856
Titolo
L'infanzia abbandonata in Italia in età moderna. Una rassegna storiografica
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTA'
Relatori
relatore Prof. Addobbati, Andrea
Parole chiave
  • abbandono
  • brefotrofi
  • esposti
  • filiazione
  • infanzia
Data inizio appello
25/05/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Oggetto del presente lavoro è una descrizione del fenomeno dell’infanzia abbandonata e del suo rapporto con società e potere nell’età moderna. Gli esposti, gli orfani ed i trovatelli-i senza famiglia- hanno affidato ora a strutture private, laiche od ecclesiastiche, ora allo Stato il ruolo giuridico ed educativo di padre e madre. Visti come un problema morale o un onere economico, i bambini abbandonati, se sopravvivono, possono però costituire, per la società che li ha allevati, una risorsa importante: come lavoratori e lavoratrici; come padri e madri di famiglia; come soldati .
Premessa al tema dell’esposizione è una introduzione sul sentimento dell’infanzia e sulla sua evoluzione, sul piano sociale e pedagogico. In un percorso diacronico che ha come due estremi gli inizi dell’età moderna e la fine del XX secolo viene affrontato il tema dell’infanzia come immaginario; come scoperta, cioè l’approccio storiografico alla storia dell’infanzia; infine, come fatto sociale, ossia il significato che il bambino assume in relazione alle realtà istituzionali della famiglia e dello Stato.
Il secondo capitolo della tesi cercherà di delineare il delicato rapporto tra questi due gesti e la loro percezione nell’immaginario collettivo, popolare e letterario. L’atteggiamento e le aspettative dei genitori, oltre alla debole speranza di vita, sono le uniche differenze che rendono più umano l’abbandono. Da pratica accettata, seppure esecrata come peccato, l’infanticidio invece evolve in reato punibile con la pena capitale, in favore dell’esposizione dei neonati presso strutture apposite per l’accoglienza. È un’evoluzione che risente fortemente del condizionamento sia dello Stato che della morale cattolica che prediligono e favoriscono rispetto all’infanticidio l’atto dell’esposizione, al fine di una politica natalista e di una ridefinizione del ruolo della famiglia. L’affermazione della famiglia come nucleo sociale, prima che affettivo, accompagna l’evoluzione politica dello Stato, di un potere centrale che ha tra i suoi obiettivi la cura, l’educazione e, soprattutto, il controllo dei suoi sudditi. La famiglia, nelle sue componenti umane e materiali, va, dunque, tutelata così come va tenuto sotto controllo il numero dei bambini abbandonati in istituti sempre più gremiti e in difficoltà economiche. Questo duplice obiettivo può essere interpretato come la causa dell’evoluzione della filiazione. I figli illegittimi diventano tout court figli della colpa e come tali vanno reclusi, allontanati dalla società e rieducati. Il brefotrofio viene adibito quindi all’esclusiva accoglienza di questa categoria di bambini, figli del peccato o di una colpa nascosta.
Dalla comparazione degli studi sui brefotrofi, appare evidente una notevole continuità di comportamenti. I bambini abbandonati sono accolti in strutture già in età medievale, ma è dal XV secolo che si moltiplicano gli ospedali per esposti. Le modalità di accettazione dei neonati sono molto simili: che venisse chiamato tornio o pila, i neonati erano deposti dalla strada su una ruota collegata all’interno dell’edificio. Appena entrati, erano affidati a balie per essere allattati all’interno dell’ospedale e, in un secondo momento, consegnati a balie di campagna ed a famiglie affidatarie, che ricevevano, oltre al salario, il compito di allevare e educare i trovatelli. In molte strutture, il problema dell’inserimento in società di questi ragazzi una volta cresciuti era affrontato delegando alle famiglie dei custodi o, nella maggior parte dei casi, affidando i maschi ad artigiani o contadini per avviarli ad un mestiere. In alternativa, gli ospedali per i trovatelli divengono fonte preziosa per infoltire le fila degli eserciti di stato. Per le ragazze la situazione era diversa. Se gli ospedali per trovatelli assegnavano a proprie spese una dote a tutte quelle fanciulle che contraessero un matrimonio, per quelle che restavano si prospetta l’alternativa di andare a servizio presso famiglie o servire direttamente in istituto. Anche le istituzioni assistenziali, inizialmente atte al semplice ricovero, si trasformano gradualmente al fine di impartire un’educazione in chiave familiare, professionale e religiosa. Muta il sentimento nei confronti dell’assistenza e degli stessi assistiti e non è un caso che questo passaggio sia contemporaneo all’assunzione del controllo del settore da parte dello Stato centrale a scapito della precedente gestione privata o ecclesiastica.
Tuttavia, il passaggio della beneficenza dal soccorso il più delle volte di matrice religiosa a intervento gestito dallo Stato sembra rispondere soltanto all’esigenza di un maggiore controllo da parte del potere forte, ma non fornire contributi efficaci a lenire la miseria delle famiglie e le precarie condizioni dei trovatelli. Le condizioni di disagio restano infatti pressoché immutate. La mortalità dei piccoli esposti resta infatti molto alta, tanto da rendere pressocchè vani i progressi in termini educativi dei conservatori e degli alunnati. L’esistenza della ruota e dei brefotrofi, che avevano trovato la loro giustificazione nella tutela delle madri nubili e degli illegittimi ma che, di fatto, avevano costituito il refugium peccatorum, di una folla crescente di poveri, nel tempo diventa bersaglio di chi li criticava come luoghi in cui, visti i grandi numeri di esposti e le condizioni scarsamente igieniche, l’infanticidio diveniva legale.
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