Tesi etd-04192024-173752 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
DI FLORIO DE BAGGIS, FEDERICA
URN
etd-04192024-173752
Titolo
Sfide regolatorie e prospettive giuridiche dei Novel Foods. Le Nanotecnologie nel settore agroalimentare.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Sirsi, Eleonora
Parole chiave
- Nanotecnologie.
- Novel Foods
Data inizio appello
20/05/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
20/05/2027
Riassunto
Il progresso scientifico e tecnologico che ha fortemente caratterizzato il settore agro-alimentare negli ultimi decenni ha portato sul tavolo, non solo dei consumatori ma anche del legislatore europeo, numerose e significative sfide. Un insieme di fenomeni, quali il costante aumento demografico, le numerose crisi finanziarie e alimentari, i repentini cambiamenti climatici, le vicende geopolitiche stanno mettendo a dura prova le società post-moderne, spingendo l’uomo sempre di più verso la ricerca di modelli alimentari più sostenibili volti alla creazione dei cd. Novel Foods. L’aspetto di novità di questa nuova tipologia di cibi deriva dal fatto di essere sconosciuti al panorama europeo perché caratterizzati da una struttura o composizione nuova, o perché importati da Paesi Terzi e mai utilizzati come alimenti, o ancora perché sviluppati tramite l’utilizzo di tecnologie innovative. Ed è proprio per tale intrinseca natura “innovativa” che questi alimenti sono stati oggetto, dinnanzi alle strutture sovranazionali, di un ampio dibattito, il cui obbiettivo finale era da individuarsi nella determinazione, all’interno di una disciplina ad hoc, di un corretto bilanciamento tra due principi ed interessi centrali nella politica europea: da un lato, la libera circolazione delle merci e la creazione di un mercato efficiente e dall’altro, la garanzia di un elevato livello di sicurezza alimentare, intesa nella doppia accezione di food safety e food security.
Tutto ciò condusse il legislatore comunitario, già nella seconda metà degli anni '90, ad adottare un regolamento che, richiedendo una procedura di autorizzazione o di notifica per alimenti considerati ''nuovi'', consentisse di contemperare la libera circolazione delle merci e l'esigenza di protezione della salute pubblica.
Questo lavoro di tesi ha l’obbiettivo di esaminare l’attuale legislazione europea in tema di nuovi alimenti, partendo dall’analisi del Regolamento 1997 numero 258, primo atto regolatorio dei Novel Foods nella Comunità Europea, evidenziandone le difficoltà applicative e le criticità, con specifico riferimento ai cibi tradizionali provenienti dai Paesi Terzi e alla loro difficile immissione sul mercato. Criticità che indussero il legislatore europeo ad intervenire per riformarlo ed approdare così all’adozione, nel 2015, del nuovo Regolamento numero 2283, che costituisce una normativa di grande interesse non solo per la ricchezza dei contenuti ma anche per la previsione di un'ampia e complessa definizione di ciò che si intende per Novel Foods. La previsione di un’apposita sottocategoria riservata agli alimenti tradizionali, unitamente ad una procedura ad hoc capace di cogliere e considerare adeguatamente le peculiarità di tali prodotti rispetto a quelli intrinsecamente innovativi, sono dimostrazione di un’attenzione delle Istituzioni Europee alle istanze provenienti soprattutto dagli Stati terzi. Le forti problematiche di cui il vecchio Regolamento si era fatto portatore, scaturivano da una rigidità definitoria che mal si conciliava con la varietà dei prodotti “nuovi” presenti in un settore, come quello agro-alimentare, mutevole e in perenne e rapida evoluzione. La recente regolamentazione dei Novel Foods ha evidenziato lo sforzo del legislatore europeo di ideare disposizioni definitorie molto più elastiche, capaci di ricomprendere tanto i progressi della tecnica quanto gli esiti della costante globalizzazione.
Inoltre, il commercio degli alimenti tradizionali ha un favorevole e positivo effetto sull’implementazione di forme di sviluppo sostenibile perché poter esportare e vendere sul mercato internazionale cibi tradizionali può rappresentare per i produttore locali, soprattutto se in Paesi in via di sviluppo, una fonte di reddito, di indipendenza economica e, conseguentemente, di emancipazione sociale, permettendo la promozione di una filiera più sostenibile, rispettosa dell’ambiente e della biodiversità e capace di garantire uno sviluppo e un benessere per l’intera società in cui la produzione si inserisce.
Inoltre, in virtù dell'inserimento all'interno della categoria dei Novel Foods degli alimenti frutto dell'impiego delle nanotecnologie ad opera del Reg. 2015/2883, particolare attenzione è stata posta al ruolo delle nanotecnologie nella filiera agro-alimentare.
La nanotecnologia in ambito alimentare è considerata, infatti, l'emblema dell'innovazione del ventunesimo secolo e rappresenta uno degli approdi più recenti del processo di evoluzione tecnologica in grado di trainare molti settori produttivi, tra i quali anche il settore alimentare.
Da poco più di un decennio, l'industria alimentare si è infatti orientata verso la ricerca e lo sviluppo di processi di produzione e lavorazione fondati sulla manipolazione intenzionale delle materie a livello di nanoscala, allo scopo di ottenere sostanze e prodotti che, proprio per le loro dimensioni nano, presentano caratteristiche e proprietà innovative. Le più rilevanti applicazioni nanotecnologiche sembrano riguardare, attualmente, i settori del food packaging e degli additivi alimentari. Quindi, la nuova frontiera aperta dalle nanotecnologie è suscettibile di applicazione in ogni fase della catena alimentare, ''dai campi alla tavola''.
Manipolare il cibo su questa scala potrebbe aiutare a migliorare alcune caratteristiche degli alimenti quali colore, sapore e consistenza, come nel caso degli additivi alimentari, ad ottenere un maggiore assorbimento ed una migliore biodisponibilità di nutrienti ed integratori alimentari, sino allo sviluppo di nuovi materiali di imballaggio, con proprietà antimicrobiche e/o meccaniche potenziate, in grado di migliorare la conservazione dei prodotti.
Al pari, però, di tutte le tecnologie emergenti, le nanotecnologie si sviluppano sullo sfondo di un quadro di incertezza scientifica circa i potenziali rischi derivanti dal loro uso e dalla loro diffusione, imponendo sfide e minacce prima sconosciute. La loro introduzione espone l’uomo e l’ambiente che lo circonda a una nuova categoria di materiali, costituiti da nanostrutture, che, proprio per le dimensioni nanometriche, sono caratterizzati da nuove proprietà chimiche e fisiche, i cui effetti sulla salute umana sono ancora incerti. Quindi, una diffusa incertezza caratterizza questo specifico ambito della ricerca scientifica, un’incertezza che si misura, però, non solo nella dimensione scientifica, ma anche e soprattutto sul piano definitorio, rendendo difficoltoso un intervento di regolazione coordinato ed esaustivo perché la rapidità con cui le conoscenze scientifiche e le relative applicazioni tecnologiche si evolvono e si impongono, se da un lato, introduce nel mercato nuovi cibi oppure imballaggi intelligenti, dall'altro, allontana sempre più il prodotto finale dai meccanismi naturali di produzione, generando nuovi potenziali rischi. Infatti nell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e di fronte all’impatto delle nanotecnologie sui sistemi alimentari, sono state riscontrate difficoltà nel tracciare a livello normativo i contorni dei concetti chiave legati all’innovazione tecnologica, in primis di “nanomateriale”, e ciò ha contribuito a rendere nebuloso il quadro normativo e regolatorio delle nanotecnologie nell’UE. I molteplici interventi realizzati nello scenario giuridico dell’Unione al fine di tracciare la definizione di “nanomateriale” costituiscono un chiaro sintomo del crescente interesse dell’Unione nei confronti delle nanotecnologie e, al tempo stesso, della consapevolezza di doverne regolamentarne le applicazioni nel mercato europeo.
Quindi, oggigiorno, di fronte a prodotti alimentari che vengono ottenuti con il più alto livello di elaborazione tecnologica, i legislatori si trovano a dover agire al fine di delineare un quadro regolatorio che permette di valutare e gestire i rischi derivanti dalle nuove applicazioni tecnologiche in campo alimentare.
Oltre all’interesse applicativo, le nanotecnologie hanno suscitato l’attenzione delle principali Autorità scientifiche mondiali, chiamate ad esprimere un’opinione sulle ripercussioni che tali tecnologie potrebbero avere sulla salute pubblica. Per ciò che concerne l'ambito agro-alimentare, l’intervento normativo è avvenuto sulla base degli orientamenti scientifici forniti dall'EFSA, che, in qualità di agenzia competente per la valutazione del rischio in tutti gli ambiti variamente connessi alla food safety, rappresenta anche il referente tecnico-scientifico per la definizione degli aspetti di sicurezza legati all'impiego delle nanotecnologie nella catena alimentare. Tra i documenti più significativi adottati dall'Autorità in tema di sicurezza dei nanomateriali si segnalano, da ultimo, le ''Linee guida sulla valutazione dei rischi derivanti dalle applicazioni delle nanoscienze e delle nanotecnologie nell'ambito della catena alimentare umana'' del maggio 2018, in cui sono forniti orientamenti utili, nell'ottica della tutela della salute umana e animale, ai fini dello svolgimento dell'attività di risk assessment dei nanomateriali destinati ad essere utilizzati in ambito alimentare.
La prima normativa ad avere incluso al suo interno specifiche disposizioni inerenti alle nanotecnologie è proprio quella riguardante gli additivi alimentari.
In realtà, gli additivi sono impiegati nel settore alimentare già dall'epoca preindustriale, quando si utilizzavano come metodo di conservazione degli alimenti, ad esempio per la salatura delle carni e del pesce o ancora l'utilizzo del succo di limone per evitare che frutta e verdura diventassero scure.
Nella preparazione di alimenti, infatti, è frequente l'aggiunta volontaria di sostanze che di per sé non sono consumate come alimenti, ma il cui impiego avviene per uno scopo tecnologico, quale quello di conservazione o colorazione dell'alimento ovvero per conferire all'alimento un sapore particolare.
L'essere umano ha quindi fatto uso e, continua tutt'ora a fare uso, di additivi per la preparazione e conservazione alimentare, così da rallentare il deterioramento del prodotto, conservandone il sapore e la freschezza. Negli ultimi cinquanta anni, gli sviluppi della scienza e della tecnologia hanno portato alla scoperta di numerosi additivi alimentari per rendere i cibi sani e sicuri: dolcificanti per ridurre l'apporto calorico, emulsionanti, conservanti e antiossidanti. L'uso di tali sostanze nella preparazione degli alimenti è però oggetto di particolari attenzioni volte ad evitare l'accumulo nell'organismo umano di sostanze estranee o addirittura indesiderabili con effetti rischiosi per la salute. È stato dimostrato da diversi lavori, ad esempio, che le nanoparticelle di biossido di titanio, largamente utilizzato come colorante alimentare al fine di rendere gli alimenti visivamente più attraenti, aggiungendo colore se non ne hanno oppure ravvivando il colore originale, costituiscono un potenziale rischio per la salute umana. Per questi motivi, l'incertezza scientifica intorno ai possibili effetti negativi derivanti dall'utilizzo di nanomateriali richiede lo sviluppo di nuove strategie di indagine. Si tratta di sostanze che dovrebbero essere tenute sotto osservazione continua per diverse ragioni, principalmente legate alla sicurezza alimentare e alla protezione della salute dei consumatori. Le conoscenze scientifiche continuano a evolversi, e nuove ricerche possono portare a una migliore comprensione degli effetti derivanti dall’utilizzo degli additivi alimentari sulla salute umana.
Tutto ciò condusse il legislatore comunitario, già nella seconda metà degli anni '90, ad adottare un regolamento che, richiedendo una procedura di autorizzazione o di notifica per alimenti considerati ''nuovi'', consentisse di contemperare la libera circolazione delle merci e l'esigenza di protezione della salute pubblica.
Questo lavoro di tesi ha l’obbiettivo di esaminare l’attuale legislazione europea in tema di nuovi alimenti, partendo dall’analisi del Regolamento 1997 numero 258, primo atto regolatorio dei Novel Foods nella Comunità Europea, evidenziandone le difficoltà applicative e le criticità, con specifico riferimento ai cibi tradizionali provenienti dai Paesi Terzi e alla loro difficile immissione sul mercato. Criticità che indussero il legislatore europeo ad intervenire per riformarlo ed approdare così all’adozione, nel 2015, del nuovo Regolamento numero 2283, che costituisce una normativa di grande interesse non solo per la ricchezza dei contenuti ma anche per la previsione di un'ampia e complessa definizione di ciò che si intende per Novel Foods. La previsione di un’apposita sottocategoria riservata agli alimenti tradizionali, unitamente ad una procedura ad hoc capace di cogliere e considerare adeguatamente le peculiarità di tali prodotti rispetto a quelli intrinsecamente innovativi, sono dimostrazione di un’attenzione delle Istituzioni Europee alle istanze provenienti soprattutto dagli Stati terzi. Le forti problematiche di cui il vecchio Regolamento si era fatto portatore, scaturivano da una rigidità definitoria che mal si conciliava con la varietà dei prodotti “nuovi” presenti in un settore, come quello agro-alimentare, mutevole e in perenne e rapida evoluzione. La recente regolamentazione dei Novel Foods ha evidenziato lo sforzo del legislatore europeo di ideare disposizioni definitorie molto più elastiche, capaci di ricomprendere tanto i progressi della tecnica quanto gli esiti della costante globalizzazione.
Inoltre, il commercio degli alimenti tradizionali ha un favorevole e positivo effetto sull’implementazione di forme di sviluppo sostenibile perché poter esportare e vendere sul mercato internazionale cibi tradizionali può rappresentare per i produttore locali, soprattutto se in Paesi in via di sviluppo, una fonte di reddito, di indipendenza economica e, conseguentemente, di emancipazione sociale, permettendo la promozione di una filiera più sostenibile, rispettosa dell’ambiente e della biodiversità e capace di garantire uno sviluppo e un benessere per l’intera società in cui la produzione si inserisce.
Inoltre, in virtù dell'inserimento all'interno della categoria dei Novel Foods degli alimenti frutto dell'impiego delle nanotecnologie ad opera del Reg. 2015/2883, particolare attenzione è stata posta al ruolo delle nanotecnologie nella filiera agro-alimentare.
La nanotecnologia in ambito alimentare è considerata, infatti, l'emblema dell'innovazione del ventunesimo secolo e rappresenta uno degli approdi più recenti del processo di evoluzione tecnologica in grado di trainare molti settori produttivi, tra i quali anche il settore alimentare.
Da poco più di un decennio, l'industria alimentare si è infatti orientata verso la ricerca e lo sviluppo di processi di produzione e lavorazione fondati sulla manipolazione intenzionale delle materie a livello di nanoscala, allo scopo di ottenere sostanze e prodotti che, proprio per le loro dimensioni nano, presentano caratteristiche e proprietà innovative. Le più rilevanti applicazioni nanotecnologiche sembrano riguardare, attualmente, i settori del food packaging e degli additivi alimentari. Quindi, la nuova frontiera aperta dalle nanotecnologie è suscettibile di applicazione in ogni fase della catena alimentare, ''dai campi alla tavola''.
Manipolare il cibo su questa scala potrebbe aiutare a migliorare alcune caratteristiche degli alimenti quali colore, sapore e consistenza, come nel caso degli additivi alimentari, ad ottenere un maggiore assorbimento ed una migliore biodisponibilità di nutrienti ed integratori alimentari, sino allo sviluppo di nuovi materiali di imballaggio, con proprietà antimicrobiche e/o meccaniche potenziate, in grado di migliorare la conservazione dei prodotti.
Al pari, però, di tutte le tecnologie emergenti, le nanotecnologie si sviluppano sullo sfondo di un quadro di incertezza scientifica circa i potenziali rischi derivanti dal loro uso e dalla loro diffusione, imponendo sfide e minacce prima sconosciute. La loro introduzione espone l’uomo e l’ambiente che lo circonda a una nuova categoria di materiali, costituiti da nanostrutture, che, proprio per le dimensioni nanometriche, sono caratterizzati da nuove proprietà chimiche e fisiche, i cui effetti sulla salute umana sono ancora incerti. Quindi, una diffusa incertezza caratterizza questo specifico ambito della ricerca scientifica, un’incertezza che si misura, però, non solo nella dimensione scientifica, ma anche e soprattutto sul piano definitorio, rendendo difficoltoso un intervento di regolazione coordinato ed esaustivo perché la rapidità con cui le conoscenze scientifiche e le relative applicazioni tecnologiche si evolvono e si impongono, se da un lato, introduce nel mercato nuovi cibi oppure imballaggi intelligenti, dall'altro, allontana sempre più il prodotto finale dai meccanismi naturali di produzione, generando nuovi potenziali rischi. Infatti nell’evoluzione delle conoscenze scientifiche e di fronte all’impatto delle nanotecnologie sui sistemi alimentari, sono state riscontrate difficoltà nel tracciare a livello normativo i contorni dei concetti chiave legati all’innovazione tecnologica, in primis di “nanomateriale”, e ciò ha contribuito a rendere nebuloso il quadro normativo e regolatorio delle nanotecnologie nell’UE. I molteplici interventi realizzati nello scenario giuridico dell’Unione al fine di tracciare la definizione di “nanomateriale” costituiscono un chiaro sintomo del crescente interesse dell’Unione nei confronti delle nanotecnologie e, al tempo stesso, della consapevolezza di doverne regolamentarne le applicazioni nel mercato europeo.
Quindi, oggigiorno, di fronte a prodotti alimentari che vengono ottenuti con il più alto livello di elaborazione tecnologica, i legislatori si trovano a dover agire al fine di delineare un quadro regolatorio che permette di valutare e gestire i rischi derivanti dalle nuove applicazioni tecnologiche in campo alimentare.
Oltre all’interesse applicativo, le nanotecnologie hanno suscitato l’attenzione delle principali Autorità scientifiche mondiali, chiamate ad esprimere un’opinione sulle ripercussioni che tali tecnologie potrebbero avere sulla salute pubblica. Per ciò che concerne l'ambito agro-alimentare, l’intervento normativo è avvenuto sulla base degli orientamenti scientifici forniti dall'EFSA, che, in qualità di agenzia competente per la valutazione del rischio in tutti gli ambiti variamente connessi alla food safety, rappresenta anche il referente tecnico-scientifico per la definizione degli aspetti di sicurezza legati all'impiego delle nanotecnologie nella catena alimentare. Tra i documenti più significativi adottati dall'Autorità in tema di sicurezza dei nanomateriali si segnalano, da ultimo, le ''Linee guida sulla valutazione dei rischi derivanti dalle applicazioni delle nanoscienze e delle nanotecnologie nell'ambito della catena alimentare umana'' del maggio 2018, in cui sono forniti orientamenti utili, nell'ottica della tutela della salute umana e animale, ai fini dello svolgimento dell'attività di risk assessment dei nanomateriali destinati ad essere utilizzati in ambito alimentare.
La prima normativa ad avere incluso al suo interno specifiche disposizioni inerenti alle nanotecnologie è proprio quella riguardante gli additivi alimentari.
In realtà, gli additivi sono impiegati nel settore alimentare già dall'epoca preindustriale, quando si utilizzavano come metodo di conservazione degli alimenti, ad esempio per la salatura delle carni e del pesce o ancora l'utilizzo del succo di limone per evitare che frutta e verdura diventassero scure.
Nella preparazione di alimenti, infatti, è frequente l'aggiunta volontaria di sostanze che di per sé non sono consumate come alimenti, ma il cui impiego avviene per uno scopo tecnologico, quale quello di conservazione o colorazione dell'alimento ovvero per conferire all'alimento un sapore particolare.
L'essere umano ha quindi fatto uso e, continua tutt'ora a fare uso, di additivi per la preparazione e conservazione alimentare, così da rallentare il deterioramento del prodotto, conservandone il sapore e la freschezza. Negli ultimi cinquanta anni, gli sviluppi della scienza e della tecnologia hanno portato alla scoperta di numerosi additivi alimentari per rendere i cibi sani e sicuri: dolcificanti per ridurre l'apporto calorico, emulsionanti, conservanti e antiossidanti. L'uso di tali sostanze nella preparazione degli alimenti è però oggetto di particolari attenzioni volte ad evitare l'accumulo nell'organismo umano di sostanze estranee o addirittura indesiderabili con effetti rischiosi per la salute. È stato dimostrato da diversi lavori, ad esempio, che le nanoparticelle di biossido di titanio, largamente utilizzato come colorante alimentare al fine di rendere gli alimenti visivamente più attraenti, aggiungendo colore se non ne hanno oppure ravvivando il colore originale, costituiscono un potenziale rischio per la salute umana. Per questi motivi, l'incertezza scientifica intorno ai possibili effetti negativi derivanti dall'utilizzo di nanomateriali richiede lo sviluppo di nuove strategie di indagine. Si tratta di sostanze che dovrebbero essere tenute sotto osservazione continua per diverse ragioni, principalmente legate alla sicurezza alimentare e alla protezione della salute dei consumatori. Le conoscenze scientifiche continuano a evolversi, e nuove ricerche possono portare a una migliore comprensione degli effetti derivanti dall’utilizzo degli additivi alimentari sulla salute umana.
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