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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04142020-120233


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
NESI, DAVIDE FRANCESCO ENZO
URN
etd-04142020-120233
Titolo
Dialogando con Adorno. Critica epistemologica della musica moderna
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SOCIOLOGIA E MANAGEMENT DEI SERVIZI SOCIALI
Relatori
relatore Prof. Pastore, Gerardo
Parole chiave
  • Adorno
  • musica
  • popular music
  • sociologia della musica
  • musica e società
  • industria culturale
  • controcultura di massa
Data inizio appello
04/05/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
04/05/2060
Riassunto
L’idea che ci sia un’importante relazione fra musica e società non è sicuramente una scoperta del XX secolo, i primi filosofi si chiedevano quale fosse la sua funzione sociale e già con Platone veniva osservato che obbedendo a precise regole, la musica poteva determinare la formazione di una buona società. Solo nel secolo scorso, quando la musica abbandona i salotti aristocratici, con l’avvento delle tecnologie e dei mezzi di riproduzione, diventa disponibile a un pubblico di massa ed emergono le prime riflessioni sociologiche sulla musica.
In questo lavoro si intende analizzare il portato conoscitivo di una delle figure di maggior rilievo della sociologia della musica, ovvero Theodor Adorno, e nello specifico ci si interroga sulla sua attualità in un’epoca in cui la musica subisce le profonde trasformazioni socioculturali e tecnologiche. Il percorso analitico si compone di tre parti. Nella prima parte si definisce il campo d’indagine con l’obbiettivo di ricostruire in modo sistematico le posizioni riguardanti la musica di Adorno, focalizzandosi sulle opere di Beethoven, Schonberg e Stravinskij e sulla divisione fra sociologia dell’oggetto e delle funzioni. Il filosofo tedesco intende l’opera musicale ricoperta da un doppio carattere, come oggetto autonomo e come fatto sociale. L’arte è sempre mediata dal contesto storico-sociale e diventa autentica quando si svincola da esso incarnando la protesta ed ergendosi a paladina del cambiamento, mentre diventa inautentica quando rappresenta la realtà sociale così com’è, concordandosi con essa. Il compositore così si trova davanti a un dilemma: assoggettarsi alla realtà sociale lasciandosi dominare dai ritmi della società borghese capitalista, o svincolarsi da essa riconquistando la propria soggettività mostrando le contraddizioni e le ingiustizie della realtà. Inoltre, critica la sociologia avalutativa ritenendola incapace di cogliere lo spirito critico e valoriale che la musica deve avere, limitata a ravvisarne gli usi sociali. A tal proposito la sociologia delle funzioni musicali intende analizzare gli atteggiamenti svelandone le implicazioni nascoste. La musica infatti contrae sempre un legame di colpa quando viene inserita in un canale comunicativo diventando ideologica e perdendo il suo significato originario. Tale significato deve essere fruito nella sua interezza e adeguatamente, altrimenti cessa di esistere conformandosi alla realtà. Adorno così si scaglia contro la società delle merci che dà un unico valore alla musica, ovvero il profitto. Inoltre, si oppone alla musica popolare standardizzata che risponde a uno schema preciso ben scandito accusandola di adeguarsi ai ritmi della produzione. La musica standardizzata viene prodotta in serie e diversificata per rispondere ai gusti più svariati rendendo l’ascoltatore schiavo di tale processo facendolo illudere di essere libero di scegliere. Va detto che la musica standardizzata tende a occultare il suo originario valore di scambio con un fittizio valore d’uso difficile da smascherare per l’incapacità dell’ascoltatore. Adorno accusa l’ascoltatore, figlio della società industriale, che passivamente accoglie la musica ripetitiva perché reso schiavo dai processi di produzione e di alienazione. Middleton critica Adorno per l’incapacità di cogliere gli sviluppi evolutivi della popular music, mentre Benjamin ritiene che la riproducibilità di un’opera possa favorire l’illuminazione politica della massa.
Superando la dicotomia tra musica seria e popular music, nella seconda parte del lavoro si passa all’analisi storica dell’andamento della cultura di massa e della sua influenza sulla produzione musicale, dedicando particolare attenzione al periodo della rivoluzione culturale di fine anni Sessanta che ha rappresentato per certi versi le speranze che Adorno riponeva nell'arte, e la politicizzazione della massa in cui Benjamin credeva.
La terza parte, con la quale si conclude questo percorso conoscitivo, intende porre in risalto la rinnovata attualità del contributo di Adorno per la comprensione dei processi evolutivi ricostruiti in questo lavoro. Come si nota, infatti, fallito il movimento culturale, dopo l’era punk, la musica di protesta si sgretola in molte ramificazioni che rendono difficoltoso un raggruppamento ideologico come nella contro cultura di massa. La pseudo-individualizzazione teorizzata da Adorno sembra giunta a compimento, la produzione in serie di generi diversificati fraziona anche le persone, rendendo vane le loro isolate forme di resistenza. La cultura di massa ha assorbito anche i suoi oppositori e, riconosciuti gli errori che hanno permesso la rivolta degli anni ’60, con l’avvento del digitale amplifica ancora di più le sue dinamiche di potere sulla produzione e sulla fruizione. Nello specifico, in questa parte del lavoro, si apre un confronto con gli interrogativi che derivano dai concetti espressi da Adorno: come il pubblico si approccia alla musica, quali strumenti di dominio si celano dietro i mass media e che futuro ha la cultura musicale contemporanea. In tal senso, la tesi cerca quindi di rielaborare il pensiero di Adorno per renderlo applicabile agli sviluppi della musica contemporanea e delle nuove tecnologie. L’eterno dilemma di Adorno riguardante l’arte utopica e la sua comunicazione negli ingranaggi dell’industria culturale, sembra arrivato a una risposta definitiva. Il pensiero di questo autore della scuola di Francoforte, così frammentario e alle volte contraddittorio, considerato estremamente rigido e superato dalla sociologia, sembra tornare prepotentemente d’attualità.
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