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Nei Sette contro Tebe, a lungo considerati il dramma guerresco per eccellenza, Eschilo esplora la dimensione del linguaggio più che in qualsiasi altra opera. Questo lavoro si pone l'obiettivo di analizzare le modalità espressive dei personaggi eschilei e l’attitudine che essi dimostrano nei confronti del linguaggio. I Sette contro Tebe sono percorsi da una tensione molto forte tra due visioni del linguaggio differenti: da un lato una concezione ancora arcaica del λόγος, inteso come parola magico-sacrale, evocativa ed efficace che può descrivere, ma soprattutto, agire sulla realtà; dall’altro un λόγος più razionale, legato a precise procedure di indagine, analisi e inferenza, che si configura come strumento operativo nelle mani dell’uomo. Questa dicotomia, che si manifesta non tanto come stratificazione, ma piuttosto come compresenza e giustapposizione delle due visioni, emerge sia nel primo episodio (nel dialogo tra Eteocle e il Coro), sia nel secondo episodio (nello scontro tra i discorsi degli Argivi e di Eteocle e anche nelle numerose spiegazioni etimologiche proposte in questa sezione) e si configura come il risultato della convergenza nei Sette di paradigmi gnoseologici differenti, che riflettono la temperie culturale tipica dell'età eschilea e post-eschilea, in cui la discussione sul linguaggio, sulla sua natura e sul suo utilizzo riveste un’importanza assoluta.