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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04112012-223914


Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
PAZZAGLI, SANDRO
URN
etd-04112012-223914
Titolo
"Le Fondazioni bancarie. Aspetti istituzionali e di bilancio"
Dipartimento
ECONOMIA
Corso di studi
ECONOMIA E COMMERCIO
Relatori
relatore Prof. Poddighe, Francesco
correlatore Prof. Verona, Roberto
Parole chiave
  • bilancio.
  • fondazioni bancarie
Data inizio appello
30/04/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
30/04/2052
Riassunto
Il moderno sistema creditizio Italiano è il risultato di una lunga e travagliata evoluzione storica che è proceduta con lo sviluppo economico e sociale del Paese. In particolare la privatizzazione del settore bancario pubblico è il risultato di un lungo processo di riforma avviato nel 1990 dalla legge n. 218 del 30 luglio, detta Legge Amato, che si sarebbe concluso, dopo un cammino denso di interventi del legislatore, solo dopo otto anni, con la definitiva trasformazione delle fondazioni di origine bancaria in soggetti di diritto privato. Tale processo, tuttavia, affondava le sue radici in un dibattito che era stato sollevato nel 1981 dalla pubblicazione di un libro bianco della Banca d’Italia sullo stato delle banche pubbliche e che avrebbe continuato a svilupparsi fino agli anni più recenti seguendo il cammino tormentato della riforma, segnato da vari cambiamenti di rotta.
Questo lavoro si propone, in primo luogo, di analizzare compiutamente quel processo che ha segnato, nel nostro ordinamento, il passaggio da un sistema bancario caratterizzato dalla massiccia presenza di organismi pubblici ad un sistema privatizzato, prendendo in considerazione le varie fasi in cui si è articolato tale passaggio e ponendo particolare attenzione all’evoluzione storica del ruolo assunto dalle Fondazioni Bancarie dalla Legge Amato in poi.
Per riuscire nell’intento appena dichiarato, nel primo capitolo, ci siamo dedicati all’approfondimento delle origini di una particolare categoria di banche pubbliche, le Casse di Risparmio, caratterizzate dalle finalità mutualistiche. L’evoluzione di queste organizzazioni è stata segnata da una progressiva despecializzazione operativa ed assimilazione giuridica al modello della banca ordinaria.
In questa parte del lavoro ci siamo concentrati sul passaggio del nostro sistema bancario dal modello di mercato controllato, delineato dalla legge bancaria del ’36, al modello di mercato regolato in cui avrebbero operato solo soggetti privati.
In particolare la nostra attenzione è stata dedicata alla figura degli enti conferenti, oggi Fondazioni di origine bancaria, creati dalla legge Amato come enti pubblici non economici, e divenuti otto anni dopo, con la legge n. 461/98, enti di diritto privato.
Le disposizioni della legge n. 218/90 avrebbero mirato ad una omogeneizzazione della pluralità di figure giuridiche presenti in tale sistema bancario, riconducendole al modello della società per azioni di diritto comune, ritenuto, quest’ultimo, più efficiente e, conseguentemente, più adatto ad affrontare la concorrenza internazionale.
Il provvedimento in questione, prevedendo il conferimento dell’azienda bancaria da parte dell’ente banca pubblica in una nuova società per azioni, ha permesso l’avvio di una prima fase di privatizzazioni del settore bancario, detta privatizzazione formale o privatizzazione fredda, che avrebbe consentito il progressivo ritiro degli enti pubblici dal settore bancario e, quindi, un generale miglioramento della redditività attesa dalle aziende bancarie.
Il completamento del processo di privatizzazione, con i provvedimenti emanati nel corso degli anni novanta, ha consentito, portando gradualmente all’abrogazione del vincolo della partecipazione pubblica obbligatoria nel capitale delle società bancarie, il passaggio alla cosiddetta fase di privatizzazione sostanziale, o calda, del settore bancario.
Nel secondo capitolo abbiamo trattato la Legge Ciampi, dando uno sguardo ai dibattiti e alle tumultuose vicende che hanno reso protagonisti gli esponenti delle differenti correnti politiche.
Il dibattito sul ruolo e sulle funzioni delle Fondazioni avrebbe influenzato e rallentato l’iter di approvazione del disegno di legge. Tra gli argomenti di maggiore perplessità emergeva certamente quello di creare un’Authority che avrebbe assunto poteri di controllo.
Sempre nel corso di questo capitolo si è analizzata la Riforma Tremonti: con quest’ultimo emendamento le Fondazioni bancarie sono cambiate in maniera incisiva, riaccendendo il dibattito sulla natura pubblica o privata di questi enti.
Nel capitolo successivo, ossia nel terzo ci siamo concentrati sugli elementi istituzionali e di governance delle fondazioni.
In ultimo, nel quarto capitolo abbiamo studiato la funzione di rendicontazione della fondazione che si esplica attraverso la pubblicazione, con cadenza annuale, dello Stato Patrimoniale, del Conto Economico e della Nota Integrativa.
La comunicazione all’esterno delle performances raggiunte con la propria attività istituzionale è, per la fondazione bancaria, un fattore fondamentale per ottenere il consenso della comunità di riferimento. Questo obiettivo si raggiunge per mezzo del bilancio di esercizio. L’attività di rendicontazione rappresenta, pertanto, un momento fondamentale permettendo, da un lato agli stakeholders di apprezzare l’efficacia con cui la fondazione ottiene gli obiettivi dichiarati nello statuto, e dall’altro, consentendo agli organi di governo di porre in essere le scelte più opportune, ai fini di una razionale amministrazione dell’ente.
Dal momento della loro nascita, avvenuta con la legge Amato, le fondazioni bancarie sono state oggetto di numerosi interventi legislativi in merito alla loro natura giuridica, ma per lungo tempo sono state caratterizzate da un vuoto in materia contabile.
A tal proposito, dottrina e prassi, visto lo svolgimento di azioni di natura filantropica, e in assenza di disposizioni contrarie, hanno ritenuto opportuno considerare le fondazioni alla stregua di “enti pubblici di erogazione” e di utilizzare gli schemi di contabilità propri di questi enti.
La situazione di incertezza è stata risolta, in un primo momento, con il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, il quale ha stabilito che “il bilancio delle fondazioni è costituito dai documenti previsti dall’art. 2423 del codice civile” ossia Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa.
Lo stesso articolo richiede, inoltre, di corredare il bilancio di esercizio con la Relazione sulla gestione. Nella rendicontazione delle Fondazioni, in tale documento avrebbero potuto trovare collocazione, oltre alle singole erogazioni effettuate nell’esercizio, anche “gli obiettivi sociali perseguiti dalla fondazione e gli interventi realizzati, evidenziando i risultati ottenuti nei confronti delle diverse categorie di destinatari”. Il rinvio alle disposizioni del codice civile trovava giustificazione nella circostanza che tali regole risultavano essere generalmente conosciute agli
operatori delle fondazioni, ai revisori contabili e ai destinatari delle informazioni, e ciò favoriva la redazione e l’interpretazione dei bilanci. La scelta operata dal legislatore non appariva, però, soddisfacente poiché la normativa civilistica non permetteva di realizzare lo scopo del bilancio della fondazione, rappresentato dall’esigenza di fornire a terzi un quadro informativo trasparente e neutrale per mettere in risalto i risultati istituzionali conseguiti attraverso la gestione e la dimostrazione della capacità di generare “utilità sociale” nei settori di intervento prescelti.
Il sistema così delineato era solo transitorio, in quanto, lo stesso decreto n. 153/1999, richiedeva un successivo regolamento dell’Autorità di Vigilanza in tema di redazione dei bilanci
L’attuale normativa, sulla redazione del bilancio di esercizio e della relazione sulla gestione, per le fondazioni bancarie, è delineata dall’Atto di Indirizzo del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, formalizzato nel Provvedimento 19 aprile 2001. E’ opportuno sottolineare che, nonostante lo stesso legislatore abbia previsto l’emanazione di un futuro regolamento per il passaggio a un nuovo ordinamento contabile, dichiarando, quindi, la transitorietà delle disposizioni contenute nel Provvedimento, non c’è stato, sino ad oggi, nessun nuovo intervento normativo al riguardo.
L’Atto di Indirizzo stabilisce che le disposizioni in esso contenute trovano applicazione per la redazione del bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2000. Tuttavia, considerando le difficoltà che si sarebbero potute riscontrare nel rispettare le nuove norme, è stato posto il 31 luglio 2001 quale termine per l’approvazione del bilancio, anche se lo statuto della fondazione ne avesse previsto uno diverso.
Come già previsto nel decreto legislativo 153 del 1999, il provvedimento del 2001 stabilisce che il bilancio è costituito da Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa Anche per le fondazioni bancarie è possibile individuare una serie di principi che guidano alla redazione del bilancio di esercizio e trovano descrizione nel Provvedimento in esame. Le finalità di bilancio sono riportate nell’articolo 1.2, il quale dispone che “il bilancio è redatto con chiarezza e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale, la situazione finanziaria e il risultato economico dell’esercizio”.
La disposizione, che ricalca la finalità stabilita nell’art. 2423 del codice civile per le società di capitali, è sorretta dai principi di chiarezza, verità e correttezza. Il principio della chiarezza implica la comprensibilità del bilancio attraverso la predisposizione di schemi analitici e l’indicazione di informazioni specifiche in Nota Integrativa, e la necessità di garantire la neutralità e imparzialità dell’informazione contabile.
Per poter rispettare il principio della chiarezza è necessario redigere il bilancio secondo gli schemi predisposti dall’Atto di Indirizzo, nell’ordine proposto e senza compensi di partite Il criterio della rappresentazione veritiera e corretta dell’informazione contabile è stato introdotto nell’ordinamento civilistico con il decreto legislativo 127 del 1991, può essere soddisfatto sia con la corretta applicazione delle stime per i valori soggettivi che con un comportamento neutrale da parte degli
amministratori, in modo da assicurare informazioni imparziali e valutazioni credibili. I principi costitutivi della finalità di bilancio vengono ripresi nei commi successivi dell’articolo 1 dell’Atto di Indirizzo.
Se le informazioni richieste dalle disposizioni non fossero sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, le ulteriori informazioni necessarie, trovano collocazione nella Nota Integrativa Inoltre, se, in casi eccezionali, l’applicazione delle disposizioni previste non consentisse di ottenere una rappresentazione veritiera e corretta, le stesse possono essere disapplicate purché vengano illustrati in Nota Integrativa “i motivi della deroga e la sua influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, di quella finanziaria e del risultato economico” Tuttavia, per i casi precedenti, il legislatore non ha indicato né le informazioni supplementari né i casi eccezionali, lasciando libera discrezionalità al redattore di bilancio.
I principi di redazione del bilancio sono contenuti nei commi dell’articolo 2 e riguardano la competenza, la prudenza e la prevalenza della sostanza sulla forma. In merito al principio di competenza si può, preliminarmente, affermare che la rilevazione dei proventi e degli oneri deve avvenire considerando gli effetti economici di tali componenti, a prescindere dalla data dell’incasso o del pagamento, momenti legati, invece, alla manifestazione finanziaria Il principio contabile OIC n. 11 emanato dalla Commissione per i principi contabili del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti degli Esperti Contabili stabilisce che i ricavi si considerano di competenza se “il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato” o se “lo scambio è già avvenuto”, quindi se si è verificato il passaggio sostanziale del titolo di proprietà.
I costi, invece, devono essere correlati ai ricavi di esercizio, per “associazione di causa ed effetto”, “per ripartizione dell’utilità o funzionalità pluriennale su base razionale e sistematica” oppure per “imputazione diretta al conto economico dell’esercizio perché associati al tempo, o perché sia venuta meno la loro utilità o funzionalità
Date le peculiarità degli enti non profit, la Commissione delle aziende non profit del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha emanato un documento contenente le linee guida per la rappresentazione in bilancio. In merito alla competenza, il documento ritiene applicabile il Principio contabile n. 11, stabilendo che nel caso in cui non sia possibile determinare i costi di competenza dell’esercizio in funzione dei ricavi conseguiti nello stesso periodo, la competenza economica dei costi deve essere individuata considerando se:
− “il processo produttivo dei beni o servizi è stato completato”;
− “l’erogazione è avvenuta, si è cioè verificato il passaggio
sostanziale e non formale del titolo di proprietà o di godimento, nel caso di beni e servizi destinati a collettività individuate, ovvero il bene o il servizio è divenuto di pubblico beneficio o dominio, nel caso di attività a beneficio diffuso”.
Il documento stabilisce, inoltre, che i proventi rappresentati da donazioni e contributi devono essere iscritti nel rendiconto “in cui questi sono riscossi ovvero nell’esercizio in cui il titolo alla riscossione ha carattere giuridico”. L’articolo 2.1 dell’Atto di Indirizzo richiama il principio della prudenza per la rilevazione dei proventi e degli oneri, “anche in funzione della conservazione del patrimonio della fondazione”.
Questo principio può essere ricondotto a un’esigenza di prudenza estimativa nella determinazione delle componenti del reddito, al fine di evitare sopravalutazioni di attività o sottovalutazioni di oneri. Infatti, questi comportamenti possono avere un riflesso a livello patrimoniale, pertanto la prudenza è un criterio che deve essere rispettato, dai redattori di bilancio, al fine di evitare il fenomeno dell’annacquamento. Di conseguenza, la prudenza nella valutazione degli elementi di bilancio consiste nell’impiego della cautela nel processo di effettuazione delle stime, e comporta l’iscrizione dei proventi solo se effettivamente realizzati e l’imputazione degli oneri anche se solo potenziali.
Un ulteriore principio di redazione è sancito dall’articolo 2.2 dell’Atto di Indirizzo, il quale stabilisce che “il bilancio è redatto privilegiando, ove possibile, la rappresentazione della sostanza sulla forma”. Secondo il Principio Contabile n. 11, il criterio della prevalenza della sostanza sulla forma può essere considerato un corollario del principio della rappresentazione veritiera e corretta, e afferma che l’aspetto sostanziale di un’operazione è l’essenza stessa dell’accadimento, ossia la “rilevanza economica dell’evento”.
Ulteriori criteri sono contenuti nelle disposizioni riguardanti i criteri di valutazione, nell’articolo 10 dell’Atto di Indirizzo. Il comma 1 richiama il principio della prospettiva della continuazione dell’attività, il quale discende dall’assunzione che la fondazione sia in funzionamento e, prevedibilmente, continui ad esserlo in futuro. Pertanto, i criteri richiamati nell’Atto di Indirizzo sono finalizzati alla determinazione del risultato economico e del connesso patrimonio di funzionamento, nel presupposto della continuità e della conservazione del patrimonio.
Qualora si verificassero, invece, situazioni di equilibrio economico – finanziario insoddisfacenti, che possano pregiudicare la continuazione dell’attività, l’articolo 11, comma 7 del decreto legislativo 153 del 1999 stabilisce che l’Autorità di Vigilanza è tenuta ad emanare il decreto di liquidazione, nominando anche i liquidatori. In situazioni di questo tipo, si ritiene che il principio della prospettiva della continuazione dell’attività non possa essere completamente disatteso, dando informazione, nella Relazione sulla gestione della situazione nella quale la fondazione si trovi ed i fattori che l’hanno determinata. I criteri di valutazione, secondo l’articolo 2.1, “non possono essere modificati da un esercizio all’altro”, poiché la loro coerenza nel tempo consente di mettere a confronto i dati delle singole poste di bilancio di esercizi successivi, in modo da ottenere informazioni utili sulla situazione della fondazione e della sua evoluzione nel tempo.
La comparabilità nel tempo è consentita solo se la durata del periodo amministrativo dei bilanci da confrontare è uguale e se vi è omogeneità formale e sostanziale dei dati in essi contenuti.
L’omogeneità formale si assicura con l’adozione di prospetti contabili uguali, a livello di struttura, nel tempo, mentre quella sostanziale richiede costanza nella valutazione delle voci.
Tuttavia, in situazioni di notevole variabilità, l’immodificabilità dei criteri di valutazione può contrastare il principio della rappresentazione veritiera e corretta della situazione aziendale.
Per questo motivo, l’Atto di Indirizzo permette deroghe, in casi eccezionali, alla disposizione di cui all’articolo 10.2, purché vengano illustrati, in Nota Integrativa, i motivi della deroga “e la sua influenza sulla rappresentazione
della situazione patrimoniale, di quella finanziaria e del risultato economico”. Il legislatore non ha dato un riferimento concreto alle situazioni che possono permettere la deroga si ritiene, tuttavia, che i casi devono essere eccezionali. Si è cercato, inoltre, di prevenire i rischi e le possibilità di abuso di questa previsione tramite la richiesta di un’esposizione dettagliata dei motivi che hanno portato a tale comportamento e dei riflessi sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. In conclusione, il punto 3 dell’articolo 10 dell’Atto di Indirizzo prevede il criterio della valutazione separata degli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci. Si tratta di un principio finalizzato ad evitare la compensazione di partite e quindi la possibilità che perdite, che dovrebbero risultare in bilancio, siano arbitrariamente ridotte o addirittura annullate da utili presunti.
Il criterio della valutazione separata ha lo scopo di conseguire una severa applicazione della rappresentazione chiara e veritiera. Esso riguarda tutti gli elementi dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico e, in sostanza, vieta i raggruppamenti di bilancio, quando significativi.
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