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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04082020-180949


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
FUSI, GIULIA
URN
etd-04082020-180949
Titolo
Synthesis and biological evaluation of urolithin derivatives for Alzheimer disease
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE
Relatori
relatore Prof.ssa Rapposelli, Simona
relatore Dott. Runfola, Massimiliano
Parole chiave
  • Alzheimer's disease
  • neurodegeneration
  • pomegranate juice
  • urolithins
Data inizio appello
28/04/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/04/2090
Riassunto
Negli ultimi anni la comunità scientifica ha mostrato un crescente interesse nei confronti di sostanze provenienti dal mondo vegetale con particolare attenzione ai metaboliti che da questi si possono generare all’interno del nostro organismo. Numerose sono infatti le proprietà farmacologiche attribuite a diverse specie botaniche presenti universalmente nei nostri ecosistemi, e capaci di fornire un aiuto o quantomeno un input per l’identificazione di nuovi agenti terapeutici per patologie ad eziopatogenesi ignota e/o complessa come le malattie neurodegenerative, tumorali e metaboliche.
Un esempio importante è fornito dalle specie chimiche polifenoliche rinvenute nel frutto del melograno, principalmente contenute nel suo succo: gli ellagitannini. Questi costituiscono infatti un’ampia classe di tannini idrolizzabili derivanti dall’acido gallico che, una volta raggiunto il nostro intestino, subiscono un processo di biodegradazione a opera di enzimi metabolici della microflora intestinale, liberando le cosiddette urolitine. Quest’ultime sono caratterizzate da un nucleo idrossidibenzopiran-6-one e rappresentano il diretto metabolita dell’acido ellagico, un fenolo ad attività antiossidante. Nonostante le potenzialità farmacologiche mostrate in vitro dall’acido ellagico, diversi studi hanno evidenziato problemi a carico del suo profilo farmacocinetico indicando la sua scarsa biodisponibilità come il principale limite al suo potenziale impiego farmaceutico. Al contrario, le urolitine sono ben assorbite e sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica. Inoltre, analogamente al loro precursore, presentano bassa tossicità e un vasto spettro d’azione farmacologica.
In particolare, l’urolitina A ha dimostrato non solo di ridurre l’accumulo di mitocondri non funzionanti in vitro attraverso l’attivazione del processo mitofagico, ma ha presentato anche la capacità di prevenire l’apoptosi neuronale e stimolare la neurogenesi in modelli animali. Infine, recenti analisi computazionali hanno evidenziato la potenziale capacità dell’urolitina A di inibire vari enzimi correlati allo stress ossidativo come, ad esempio, la superossidodismutasi.
È interessante notare come questi effetti potrebbero giocare un ruolo chiave nel trattamento del morbo di Alzheimer, un’importante patologia neurodegenerativa caratterizzata da un decorso irreversibile, dall’assenza di terapie risolutive e soprattutto da un complesso quadro di processi molecolari che nell’insieme causano la degenerazione dei tessuti neuronali, e conseguentemente il progressivo deterioramento delle funzioni cognitive. Dal punto di vista fisiopatologico, la malattia di Alzheimer si caratterizza soprattutto per la presenza nel cervello di placche amiloidi e grovigli neurofibrillari, dovuti rispettivamente ad accumuli della proteina beta-amiloide (Aβ) e della proteina tau-iperfosforilata (p-tau). Il meccanismo alla base della loro formazione e del loro mancato smaltimento non è stato ancora compreso in toto. La presenza massiccia di questi aggregati proteici a livello del tessuto nervoso induce un progressivo deterioramento delle funzioni delle cellule cerebrali, fino a provocarne la morte. In aggiunta, si assiste a un rilascio anomalo di alcuni mediatori proinfiammatori che contribuiscono significativamente all’instaurarsi di un processo cronico di infiammazione a carico del cervello. Questo quadro infiammatorio è aggravato da due ulteriori fattori: (a) un importante squilibrio nella produzione ed eliminazione di radicali liberi che è correlato a un fisiologico invecchiamento cellulare, e che determina un aumento consistente dello stress ossidativo; e (b) un basso livello di neurotrasmettitori come l’acetilcolina e la dopamina, coinvolti nella comunicazione tra le cellule nervose e responsabili del corretto funzionamento del SNC.
Data la complessità biologica di questa patologia e il suo impatto economico e sociale ulteriormente aggravato dall’inefficacia dei trattamenti farmacologici disponibili, è fondamentale ricercare nuovi approcci terapeutici capaci di ripristinare le funzionalità fisiologiche compromesse dalla malattia. Considerate le numerose proprietà sopra elencate, l’urolitina potrebbe rappresentare un ottimo punto di partenza per il disegno di nuove molecole capaci di interferire nei processi neurodegenerativi.
Su queste basi, nei laboratori in cui ho svolto la mia tesi di laurea, mi sono occupata della sintesi di nuovi analoghi dell’urolitina, il cui nucleo idrossidibenzopiran-6-one è stato arricchito dall’aggiunta di porzioni farmacoforiche note per indurre effetti neuroprotettivi ed antinfiammatori. In un secondo momento, una volta ottenuti i nuovi composti di sintesi, mi sono occupata della valutazione della loro attività biologica presso i laboratori della Prof. Fernanda Borges, dell’Università di Porto, in Portogallo. In particolare, i prodotti ottenuti sono stati saggiati per valutare il loro effetto di inibizione su gli enzimi AChE, BuChE, MAO-A e MAO-B, di interferenza sulla chelazione di metalli e la loro attività antiossidante. In aggiunta, mi sono occupata anche di effettuare una valutazione sui potenziali effetti citotossici sui neuroni dopaminergici dei composti col profilo farmacologico più promettente.
La struttura dei nuovi derivati, la strategia sintetica, e la caratterizzazione dei prodotti finali, così come i particolari sui saggi condotti e i risultati ottenuti saranno oggetto di questa tesi di laurea.
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