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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04072017-120350


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
GERACE, ROBERTO
URN
etd-04072017-120350
Titolo
Infedele e terrone. Bianciardi tra Gramsci e il postfordismo
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LINGUA E LETTERATURA ITALIANA
Relatori
relatore Prof.ssa Benedetti, Carla
relatore Prof. Donnarumma, Raffaele
Parole chiave
  • letteratura italiana contemporanea
  • Antonio Gramsci
  • Luciano Bianciardi
  • polifonia
  • postfordismo
Data inizio appello
28/04/2017
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/04/2057
Riassunto
Lo scopo principale di questo lavoro è restituire uno spessore storico e filosofico di prima grandezza al lavoro letterario di Luciano Bianciardi, uno scrittore che nella nostra tradizione critica è stato troppo spesso percepito come un genio tanto brillante quanto ingenuo. La sua prima formazione accademica e politica (l'influsso di Verga filtrato da Luigi Russo; la passione per Gramsci; il magistero del liberalsocialista Guido Calogero; la militanza nel Partito d'Azione) viene così considerata, per la prima volta con un accenno di organicità, nei suoi lasciti alla successiva produzione del letterato e del critico della cultura. Vengono poi rintracciate le punte maggiori dell'originalità e della pregnanza storico-culturale di questo scrittore nella sua capacità di cogliere sul nascere i mutamenti in atto nell'organizzazione del modo di produzione capitalistico (per come ci sono stati poi descritti dalla nozione di postfordismo), dando ad essi la forma plastica e intuitiva di un resoconto fortemente finzionalizzato. Questo carattere finzionale dell'io romanzesco di Bianciardi viene descritto secondo le categorie di polifonia e dialogismo coniate da Michail Bachtin, attraverso un confronto con l'eredità (filtrata da Gadda) del discorso indiretto libero verghiano. Della funzione-Gadda nella poetica di Bianciardi, su cui si è già scritto in passato, si prova a ricostruire il senso specifico nell'economia delle opere considerate in diacronia (dalla Vita agra ad Aprire il fuoco, in particolare): si scoprirà che Bianciardi tanto più "gaddeggia" quanto più è disperato e rabbioso; e che gli strumenti espressionistici sono spesso chiamati in causa per compiere una polemica nei confronti dello sperimentalismo bellettristico (in questo senso Bianciardi diventa quasi un critico del postmodernismo incipiente, anziché un suo anticipatore, com'è stato invece dipinto spesso). Un capitolo a parte è dedicato al ruolo precipuo assunto nel Bianciardi critico del costume dal suo interesse, anch'esso di derivazione accademica, ma figlio di ragioni gramsciane, per l'analisi sincronica dell'evoluzione della lingua italiana: collocando tra l'altro l'apporto di questo scrittore nel coevo dibattito sulla "questione della lingua" inaugurato da Pasolini, e traendo esempi dalla sua vigile attenzione non solo ai problemi di traduzione, ma anche ai neologismi e ai mutamenti ortofonici del parlato televisivo, si prova a tracciare il profilo di un Bianciardi vero e proprio glottologo dilettante.
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