Tesi etd-04072014-092734 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
FALBO, MARIA CRISTINA
URN
etd-04072014-092734
Titolo
STUDIO, SVILUPPO E VALIDAZIONE DI ALGORITMI PER LA GENERAZIONE DI MAPPE T1 PER L'ELABORAZIONE DI IMMAGINI MRI
Dipartimento
INGEGNERIA DELL'INFORMAZIONE
Corso di studi
INGEGNERIA BIOMEDICA
Relatori
relatore Prof. Positano, Vincenzo
relatore Prof. Landini, Luigi
relatore Prof. Landini, Luigi
Parole chiave
- mappe
- T1
Data inizio appello
29/04/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
INTRODUZIONE
La miocardite è una patologia cardiaca che comporta una infiammazione del tessuto miocardico, con successiva evoluzione in fibrosi, edema, necrosi e/o alterazioni degenerative dello stesso tessuto, con particolare coinvolgimento del ventricolo sinistro. Nonostante la semplicità della definizione, la diagnosi risulta spesso difficoltosa a causa non solo di un quadro clinico altamente variabile, ma anche per via di dati di laboratorio aspecifici e di una mancata conferma patologica da parte di esami quali elettrocardiogramma ed ecocardiogramma.
Sebbene la biopsia endomiocardica sia la metodica che permette, pur con limiti di sensibilità (è soggetta ad errori di campionamento) ed al prezzo di una procedura invasiva, una diagnosi affidabile ed una caratterizzazione del tipo istopatologico e molecolare della miocardite, fondamentale è il contributo dato da metodiche di imaging come la Risonanza Magnetica Cardiaca.
Quest’ultima viene preferita per la sua non invasività nell’ottenere immagini cliniche e perché permette una valutazione multiparametrica della funzione e della morfologia cardiaca, senza l’utilizzo di radiazioni ionizzanti. La risonanza magnetica, inoltre, visualizzando i tessuti sulla base delle proprietà magnetiche dei protoni che li compongono, permette di effettuare una indagine del miocardio attraverso la valutazione del tempo di rilassamento longitudinale T1 (tempo di rilassamento spin-reticolo del protone). In questo studio è stato fatto particolare riferimento proprio all’utilità del tempo di rilassamento T1: si tratta di una proprietà intrinseca di ciascun tessuto, che esibisce un intervallo caratteristico di valori in corrispondenza di un determinato campo magnetico; una deviazione da tale intervallo può presagire un eventuale disturbo patologico.
Per identificare anomalie diffuse o focali nel miocardio è necessario rifarsi alla misura dell’ECV (Effective Circulating Volume), parametro fisiologico direttamente relazionato alla distribuzione dell’agente di contrasto (il Gadolinio è quelle maggiormente usato) nei tessuti; studi presenti in letteratura hanno dimostrato la potenzialità prognostica di tale misura, in quanto capace di fungere da marker in vivo per rilevare l’estensione patologica nel tessuto miocardico. Dunque, la quantificazione del rilassamento T1 viene eseguita sia prima che dopo l’infusione dell’agente di contrasto e, sebbene in entrambi i casi le misure risultano condizionate da diversi parametri e fattori, è stato riscontrato che entrambe le stime sono necessarie per disporre di un maggiore contenuto informativo delle condizioni cardiache di un paziente ed enfatizzare eventuali difetti cardiaci.
Il T1 pre-contrasto, generalmente, appare più elevato nei pazienti ischemici, cardiomiopatici, infartuati o affetti da fibrosi diffusa del miocardio, rispetto ai soggetti sani. Invece, il T1 post-contrasto (solitamente si preferisce quello misurato dopo 15 minuti dall’iniezione del bolo) risulta più alto nei soggetti sani rispetto ai casi patologici; in realtà, è fortemente dipendente dal tipo di agente di contrasto usato e dal tempo di osservazione.
In questo studio si è scelto di effettuare un lavoro incentrato sull’analisi e la quantificazione dell’intensità di tale segnale di rilassamento magnetico longitudinale T1, sia per il miocardio che per il ventricolo sinistro, sia prima che dopo l’iniezione dell’agente di contrasto.
Tipicamente, nella pratica clinica vengono generate delle mappe T1 che vantano una elevata performance nella quantificazione diretta delle variazioni miocardiche, fornendo una nuova diagnostica per le malattie cardiache. Infatti si tratta di immagini parametriche ricostruite, in cui l’intensità del segnale del pixel dipende dalle proprietà di rilassamento longitudinale assoluto del voxel. Tuttavia, si tratta di una tecnica che ha lo svantaggio di basarsi su una lenta procedura di acquisizione, infatti l’acquisizione dell’intero segnale di rilassamento aumenta fortemente il tempo di misura totale a causa di un lungo tempo di inversione TI e questo limita la sua applicazione all’imaging non dinamico.
In questo lavoro è stato, perciò, realizzato un simulatore di immagini di risonanza magnetica capace di restituire in uscita, per ogni pixel, delle curve di decadimento T1 con una certa evoluzione temporale. Poi sono state create delle mappe parametriche che permettessero di visualizzare sia le proprietà del T1 in modo quantitativo, sia gli errori percentuali commessi nella procedura di fitting. In un secondo momento sono state pensate ed elaborate diverse modalità di ottimizzazione del codice originale, per velocizzare la procedura ed aumentare l’accuratezza del risultato finale: l’eliminazione del background, in quanto privo di segnale utile; l’utilizzo dei valori dei pixel adiacenti, sfruttandone le proprietà simili; la creazione di una finestra all’interno della quale ricercare il migliore valore del tempo di inversione; l’assegnamento di un peso diverso ai campioni sottoposti alla procedura di fitting; il calcolo del rilassamento T1 in funzione del TI; l’inizializzazione del fitting con due parametri invece di tre; il tentativo di linearizzazione; l’uso di un valore già noto del TI.
Infine, il codice con l’ottimizzazione ritenuta migliore è stato adattato alle reali immagini di risonanza magnetica, in modo da ottenere un risultato più realistico.
L’obiettivo da perseguire è stato proprio quello di velocizzare l’algoritmo di partenza ed aumentare l’accuratezza del risultato finale. Per le valutazioni conclusive e la scelta di quale procedura di ottimizzazione ha prodotto l’output più efficiente, sono stati stimanti tre parametri in particolare: l’errore percentuale della procedura di fitting, l’errore percentuale commesso sul T1 e il tempo di calcolo totale impiegato dal programma per realizzare le mappe e stimare gli errori percentuali.
Lo scopo iniziale di tale studio è stato raggiunto, infatti tutte le ottimizzazioni hanno riportato un errore percentuale di fitting inferiore rispetto al caso del fantoccio, proprio grazie alla rimozione del fondo in tutti i singoli casi. Anche l’obiettivo principale di velocizzare la procedura di creazione delle mappe è stato brillantemente raggiunto perché sono stati stimate delle riduzioni temporali comprese tra 89-99%.
Riguardo al parametro principale, il rilassamento longitudinale T1, i risultati non hanno mai superato un errore sul T1 superiore al 5% (range tollerato in ambito clinico).
Gli argomenti trattati sono stati organizzati nel seguente ordine:
Nel primo capitolo è stato presentato il tempo di rilassamento magnetico longitudinale T1 come tecnica di indagine in ambito cardiaco per la diagnosi della miocardite; inoltre è stato fatto un accenno ai caratteri generali e ai principi fisici della risonanza magnetica; infine sono stati elencati e brevemente descritti i diversi metodi di acquisizione del T1 per la caratterizzazione dei tessuti cardiaci.
Un approfondimento del rilassamento longitudinale T1 è stato affrontato nel capitolo 2, in cui sono stati descritti più dettagliatamente: lo studio svolto, i metodi di analisi e gli strumenti software usati per l’effettiva realizzazione del lavoro.
All’interno del capitolo 3 sono stati illustrati: i risultati ottenuti nel fantoccio e nei diversi approcci di fitting ideati, l’adattamento di quest’ultimi alle immagini di risonanza magnetica reali e le motivazioni della scelta di uno solo tra gli algoritmi proposti nel raggiungimento dell’obiettivo finale.
Le conclusioni di tutto lo studio sono state racchiuse nel capitolo 4.
La miocardite è una patologia cardiaca che comporta una infiammazione del tessuto miocardico, con successiva evoluzione in fibrosi, edema, necrosi e/o alterazioni degenerative dello stesso tessuto, con particolare coinvolgimento del ventricolo sinistro. Nonostante la semplicità della definizione, la diagnosi risulta spesso difficoltosa a causa non solo di un quadro clinico altamente variabile, ma anche per via di dati di laboratorio aspecifici e di una mancata conferma patologica da parte di esami quali elettrocardiogramma ed ecocardiogramma.
Sebbene la biopsia endomiocardica sia la metodica che permette, pur con limiti di sensibilità (è soggetta ad errori di campionamento) ed al prezzo di una procedura invasiva, una diagnosi affidabile ed una caratterizzazione del tipo istopatologico e molecolare della miocardite, fondamentale è il contributo dato da metodiche di imaging come la Risonanza Magnetica Cardiaca.
Quest’ultima viene preferita per la sua non invasività nell’ottenere immagini cliniche e perché permette una valutazione multiparametrica della funzione e della morfologia cardiaca, senza l’utilizzo di radiazioni ionizzanti. La risonanza magnetica, inoltre, visualizzando i tessuti sulla base delle proprietà magnetiche dei protoni che li compongono, permette di effettuare una indagine del miocardio attraverso la valutazione del tempo di rilassamento longitudinale T1 (tempo di rilassamento spin-reticolo del protone). In questo studio è stato fatto particolare riferimento proprio all’utilità del tempo di rilassamento T1: si tratta di una proprietà intrinseca di ciascun tessuto, che esibisce un intervallo caratteristico di valori in corrispondenza di un determinato campo magnetico; una deviazione da tale intervallo può presagire un eventuale disturbo patologico.
Per identificare anomalie diffuse o focali nel miocardio è necessario rifarsi alla misura dell’ECV (Effective Circulating Volume), parametro fisiologico direttamente relazionato alla distribuzione dell’agente di contrasto (il Gadolinio è quelle maggiormente usato) nei tessuti; studi presenti in letteratura hanno dimostrato la potenzialità prognostica di tale misura, in quanto capace di fungere da marker in vivo per rilevare l’estensione patologica nel tessuto miocardico. Dunque, la quantificazione del rilassamento T1 viene eseguita sia prima che dopo l’infusione dell’agente di contrasto e, sebbene in entrambi i casi le misure risultano condizionate da diversi parametri e fattori, è stato riscontrato che entrambe le stime sono necessarie per disporre di un maggiore contenuto informativo delle condizioni cardiache di un paziente ed enfatizzare eventuali difetti cardiaci.
Il T1 pre-contrasto, generalmente, appare più elevato nei pazienti ischemici, cardiomiopatici, infartuati o affetti da fibrosi diffusa del miocardio, rispetto ai soggetti sani. Invece, il T1 post-contrasto (solitamente si preferisce quello misurato dopo 15 minuti dall’iniezione del bolo) risulta più alto nei soggetti sani rispetto ai casi patologici; in realtà, è fortemente dipendente dal tipo di agente di contrasto usato e dal tempo di osservazione.
In questo studio si è scelto di effettuare un lavoro incentrato sull’analisi e la quantificazione dell’intensità di tale segnale di rilassamento magnetico longitudinale T1, sia per il miocardio che per il ventricolo sinistro, sia prima che dopo l’iniezione dell’agente di contrasto.
Tipicamente, nella pratica clinica vengono generate delle mappe T1 che vantano una elevata performance nella quantificazione diretta delle variazioni miocardiche, fornendo una nuova diagnostica per le malattie cardiache. Infatti si tratta di immagini parametriche ricostruite, in cui l’intensità del segnale del pixel dipende dalle proprietà di rilassamento longitudinale assoluto del voxel. Tuttavia, si tratta di una tecnica che ha lo svantaggio di basarsi su una lenta procedura di acquisizione, infatti l’acquisizione dell’intero segnale di rilassamento aumenta fortemente il tempo di misura totale a causa di un lungo tempo di inversione TI e questo limita la sua applicazione all’imaging non dinamico.
In questo lavoro è stato, perciò, realizzato un simulatore di immagini di risonanza magnetica capace di restituire in uscita, per ogni pixel, delle curve di decadimento T1 con una certa evoluzione temporale. Poi sono state create delle mappe parametriche che permettessero di visualizzare sia le proprietà del T1 in modo quantitativo, sia gli errori percentuali commessi nella procedura di fitting. In un secondo momento sono state pensate ed elaborate diverse modalità di ottimizzazione del codice originale, per velocizzare la procedura ed aumentare l’accuratezza del risultato finale: l’eliminazione del background, in quanto privo di segnale utile; l’utilizzo dei valori dei pixel adiacenti, sfruttandone le proprietà simili; la creazione di una finestra all’interno della quale ricercare il migliore valore del tempo di inversione; l’assegnamento di un peso diverso ai campioni sottoposti alla procedura di fitting; il calcolo del rilassamento T1 in funzione del TI; l’inizializzazione del fitting con due parametri invece di tre; il tentativo di linearizzazione; l’uso di un valore già noto del TI.
Infine, il codice con l’ottimizzazione ritenuta migliore è stato adattato alle reali immagini di risonanza magnetica, in modo da ottenere un risultato più realistico.
L’obiettivo da perseguire è stato proprio quello di velocizzare l’algoritmo di partenza ed aumentare l’accuratezza del risultato finale. Per le valutazioni conclusive e la scelta di quale procedura di ottimizzazione ha prodotto l’output più efficiente, sono stati stimanti tre parametri in particolare: l’errore percentuale della procedura di fitting, l’errore percentuale commesso sul T1 e il tempo di calcolo totale impiegato dal programma per realizzare le mappe e stimare gli errori percentuali.
Lo scopo iniziale di tale studio è stato raggiunto, infatti tutte le ottimizzazioni hanno riportato un errore percentuale di fitting inferiore rispetto al caso del fantoccio, proprio grazie alla rimozione del fondo in tutti i singoli casi. Anche l’obiettivo principale di velocizzare la procedura di creazione delle mappe è stato brillantemente raggiunto perché sono stati stimate delle riduzioni temporali comprese tra 89-99%.
Riguardo al parametro principale, il rilassamento longitudinale T1, i risultati non hanno mai superato un errore sul T1 superiore al 5% (range tollerato in ambito clinico).
Gli argomenti trattati sono stati organizzati nel seguente ordine:
Nel primo capitolo è stato presentato il tempo di rilassamento magnetico longitudinale T1 come tecnica di indagine in ambito cardiaco per la diagnosi della miocardite; inoltre è stato fatto un accenno ai caratteri generali e ai principi fisici della risonanza magnetica; infine sono stati elencati e brevemente descritti i diversi metodi di acquisizione del T1 per la caratterizzazione dei tessuti cardiaci.
Un approfondimento del rilassamento longitudinale T1 è stato affrontato nel capitolo 2, in cui sono stati descritti più dettagliatamente: lo studio svolto, i metodi di analisi e gli strumenti software usati per l’effettiva realizzazione del lavoro.
All’interno del capitolo 3 sono stati illustrati: i risultati ottenuti nel fantoccio e nei diversi approcci di fitting ideati, l’adattamento di quest’ultimi alle immagini di risonanza magnetica reali e le motivazioni della scelta di uno solo tra gli algoritmi proposti nel raggiungimento dell’obiettivo finale.
Le conclusioni di tutto lo studio sono state racchiuse nel capitolo 4.
File
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