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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-04012014-174909


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CAMPIGLI, FRANCESCO
URN
etd-04012014-174909
Titolo
L'area umida fucecchiese: dal degrado allo sviluppo sostenibile.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTA'
Relatori
relatore Lazzeroni, Michela
Parole chiave
  • sviluppo sostenibile
Data inizio appello
23/04/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’obiettivo di questa tesi è quello di ricostruire il quadro storico, geografico, politico e amministrativo degli ultimi cinquant’anni relativo alle vicende del Padule di Fucecchio. Si tratta di un arco temporale nel quale si assiste al passaggio dal totale disinteresse nei confronti di questa area umida (considerata per molto tempo una fonte di danni e malanni, una grave limitazione alle attività antropiche o addirittura la sede ideale di un aeroporto regionale o nazionale) ad un nuovo atteggiamento improntato alla tutela e alla valorizzazione, grazie soprattutto all’affermazione, a livello internazionale, di una nuova temperie culturale in materia di beni naturali e ambientali e al consolidarsi dell’idea di sviluppo sostenibile. Il Padule, infatti, è diventato oggetto di attenzione da parte delle autorità pubbliche soltanto a partire dai primi anni Settanta del secolo scorso, periodo in cui il livello di inquinamento dei corsi d’acqua che attraversano l’area palustre e più in generale del territorio della Valdinievole era talmente alto che in molti credevano di dover assistere, impotenti, alla morte di un ecosistema di così grande valore naturalistico (tesoro inestimabile di vita animale e vegetale, nonché rifugio di una natura ormai quasi ovunque scomparsa). Il territorio preso in esame, collocato geograficamente tra Valdinievole e Valdarno Inferiore, con i suoi numerosi centri urbani in continua e disordinata crescita, privi di impianti di depurazione adeguati e caratterizzato dalla presenza di piccole e medie industrie, nonché da una agricoltura intensiva (mais, fiori, vivai), basata sull’utilizzo di numerosi fertilizzanti e pesticidi, era uno dei comprensori più inquinati d’Italia. Di qui la necessità di invertire la rotta allo scopo di evitare la distruzione di un notevole polmone verde capace di compiere un’insostituibile azione di depurazione dell’aria e dell’acqua, di termoregolazione del clima e di immagazzinamento idrico.
Soltanto negli anni 1982-83 comincia un lungo percorso giuridico, amministrativo e politico teso a valorizzare l’area umida interna più importante della nostra penisola, che si concretizza nella istituzione delle due riserve naturali del Padule di Fucecchio, risalenti alla fine degli anni Novanta, sebbene tale traguardo sia stato considerato da molti come un risultato parziale e insufficiente: atto conclusivo di un estenuante itinerario burocratico caratterizzato da progetti spesso mai attuati, da regolamenti e direttive rimasti sulla carta e da altre iniziative prive di risvolti seri ed effettivi ai fini della tutela della zona umida. La ricostruzione di questo lungo percorso tende ad evidenziare diversi punti di vista: quello degli amministratori pubblici degli enti competenti (presidenti di Provincia, sindaci, assessori, consiglieri comunali provinciali, regionali, Ministeri coinvolti, Soprintendenza ecc.); quello delle numerose associazioni ambientaliste e delle istituzioni culturali e scientifiche che si sono battute, sin dagli anni Settanta, per la salvaguardia della zona palustre in questione; nonché quello dei cacciatori, agricoltori e proprietari terrieri. Particolarmente “importante” il ruolo delle Amministrazioni pubbliche che, per contemperare gli opposti interessi dei suddetti soggetti privati e associativi, hanno determinato lunghi periodi di mancanza di effettiva tutela, soprattutto tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Novanta.
Nell’ultimo capitolo ho tentato di riassumere il quadro della situazione degli ultimi anni fino ad arrivare alle soglie dei giorni nostri con un’analisi delle opportunità offerte da uno sviluppo sostenibile dell’intera area, presenti nei regolamenti e nei piani pluriennali di sviluppo economico e sociale delle riserve naturali e delle aree contigue, con la descrizione delle prospettive attuali, in un quadro di mutamenti istituzionali, soprattutto a livello locale.
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