Tesi etd-03302023-162353 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
RUSSO, BRUNO MARIA
URN
etd-03302023-162353
Titolo
Categorie organizzative e contrattuali nel pluralismo sindacale
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Dott. D'Ascola, Simone
Parole chiave
- categorie contrattuali
- contratti pirata
- contratto collettivo
- diritto sindacale
- libertà sindacale
- pluralismo sindacale
- rappresentanza sindacale
- rappresentatività
Data inizio appello
17/04/2023
Consultabilità
Completa
Riassunto
Oggetto dell’elaborato è la ricostruzione dei concetti di categoria sindacale e categoria contrattuale. Da sempre al centro della comprensione che il giurista italiano ha dei fenomeni organizzativi sindacali e contrattuali collettivi, i due concetti sono oggi nuovamente chiamati in causa dallo stato critico del sistema di relazioni industriali italiano, oggi caratterizzato da una frammentazione senza precedenti dei soggetti collettivi sindacali e (soprattutto) datoriali e, di conseguenza, dall’aumento esponenziale dei contratti collettivi potenzialmente applicabili a ciascun rapporto di lavoro, che compromette l’organicità del sistema e apre spazi a pratiche di dumping contrattuale. Così, categoria sindacale e categoria contrattuale sono nuovamente al centro dell’attenzione degli interpreti, anche per quanto riguarda la recente fioritura di proposte di intervento eteronomo sulla contrattazione collettiva e, potenzialmente, di attuazione dell’art. 39, seconda parte, della Costituzione.
Il primo capitolo è dedicato al concetto di categoria sindacale, con il quale si indica l’ambito economico-professionale per il quale l’organizzazione sindacale si costituisce, intraprendendo l’organizzazione degli individui che vi sono ricompresi e la tutela degli interessi collettivi ad essi attribuiti. Il concetto trova le sue radici storiche nell’ordinamento corporativo, nel quale la ripartizione eteronoma del mondo produttivo in categorie professionali rappresentava strumento essenziale di intervento economico dello Stato e di controllo pubblicistico della dialettica fra lavoro e capitale. Il principio di libertà sindacale fatto proprio dall’ordinamento costituzionale impone, viceversa, che la scelta dell’ambito organizzativo sia rimessa alla totale libertà dei soggetti collettivi, ammettendosi anche la possibilità di sovrapposizioni e conflitti fra le categorie definite da diverse organizzazioni. Ciò non fa venir meno la rilevanza giuridica del concetto, dal momento che l’ordinamento giuridico continua a guardare all’organizzazione sindacale come ad un fenomeno «di categoria», che persegue un’attività rivolta tipicamente ad una dimensione più ampia dell’ambito dei soli iscritti all’associazione sindacale.
Il secondo capitolo analizza il concetto di categoria contrattuale, con il quale si intende l’ambito di applicazione del contratto collettivo individuato dalle parti stipulanti sindacali e datoriali. Il principio dell’efficacia volontaristica del contratto collettivo, cioè basata sull’iscrizione delle parti del rapporto alle associazioni stipulanti o sul rinvio effettuato nel contratto individuale, rende tuttavia la categoria contrattuale ininfluente per la determinazione dell’ambito di efficacia del contratto collettivo di diritto comune, specialmente in seguito al definitivo tramonto delle prospettive applicative dell’art. 2070 c.c. Le esigenze regolative del pluralismo sindacale contemporaneo, tuttavia, con il moltiplicarsi dei contratti collettivi potenzialmente applicabili a ciascun rapporto, ha determinato un significativo «ritorno» della categoria, su due fronti. Da una parte, il criterio oggettivo dell’appartenenza alla categoria contrattuale è valorizzato per individuare il contratto collettivo rilevante come «parametro del trattamento» in tutte le previsioni legislative ideate sulla scia della giurisprudenza ex art. 36 Cost. Dall’altra, la presenza di più contratti collettivi applicabili alle stesse attività ha prodotto l'emersione del criterio di selezione fra contratti collettivi basato sulla comparazione della rappresentatività dei soggetti stipulanti, che però non può funzionare in mancanza di una preventiva definizione del «perimetro» entro cui effettuare la comparazione: per questo, è ricomparsa nel dibattito la prospettazione del superamento del principio di autodeterminazione della categoria contrattuale, ritenuto fonte di distorsioni regolative e dumping contrattuale.
Il terzo capitolo è dedicato a ricostruire i legami, rintracciabili nell’ordinamento, fra categoria sindacale e categoria contrattuale, intessuti dal concetto di rappresentatività. La rappresentatività indica il rapporto dell’organizzazione con la sua base sociale più ampia, cioè con la categoria sindacale: è rappresentativo il sindacato che promani «dal basso» del settore del quale assume l’autotutela, cioè che sia frutto di un processo di coalizione spontaneo e genuino, che lo legittima ad intraprendere la regolazione contrattuale collettiva per quell'ambito di attività. L’affermazione permette di fornire ulteriore sostegno teorico e argomentativo all’idea, già diffusa in dottrina e riscontrabile anche in giurisprudenza, secondo la quale i c.d. «contratti pirata», non sostenuti da alcun reale fenomeno organizzativo, non sono riconducibili all’autonomia collettiva tutelata dall’art. 39 Cost. D’altro canto, proprio la necessità di offrire tutela giuridica ad ogni espressione genuina di autonomia collettiva, benché alternativa rispetto ai sistemi contrattuali tradizionali, mostra chiaramente l’inopportunità di ogni rigida dicotomia fra contratti «pirata» e contratti «leader», che impedisce di valutare correttamente i fenomeni sindacali e contrattuali che stanno «nel mezzo». Allo stesso modo, la necessità che il contratto collettivo sia stipulato fra soggetti i quali abbiano radici organizzative nei settori per i quali il contratto viene stipulato può offrire qualche utile strumento interpretativo per i casi nei quali si verifichino «sconfinamenti» delle categorie contrattuali rispetto alle categorie sindacali dei soggetti stipulanti. Entrambi gli indirizzi interpretativi sostenuti, tuttavia, non offrono alcun sostegno nella ricerca dei criteri con i quali effettuare la comparazione della rappresentatività già prevista in molte occasioni dall’ordinamento giuridico positivo. Questi criteri vengono ricercati si ripercorrono nelle soluzioni proposte nel processo di autoregolazione intrapreso dalle maggiori organizzazioni sindacali e datoriali a partire dal 2011, facendo anche riferimento agli spunti recuperabili dalla riforma della rappresentatività sindacale e datoriale nell’ordinamento francese. Da ultimo, si sviluppa una proposta per la soluzione della questione dei «perimetri» entro i quali misurare la rappresentatività, costruita in modo da intervenire ex post senza comprimere la possibilità dei soggetti collettivi di definire i propri ambiti organizzativi e le categorie contrattuali.
Il primo capitolo è dedicato al concetto di categoria sindacale, con il quale si indica l’ambito economico-professionale per il quale l’organizzazione sindacale si costituisce, intraprendendo l’organizzazione degli individui che vi sono ricompresi e la tutela degli interessi collettivi ad essi attribuiti. Il concetto trova le sue radici storiche nell’ordinamento corporativo, nel quale la ripartizione eteronoma del mondo produttivo in categorie professionali rappresentava strumento essenziale di intervento economico dello Stato e di controllo pubblicistico della dialettica fra lavoro e capitale. Il principio di libertà sindacale fatto proprio dall’ordinamento costituzionale impone, viceversa, che la scelta dell’ambito organizzativo sia rimessa alla totale libertà dei soggetti collettivi, ammettendosi anche la possibilità di sovrapposizioni e conflitti fra le categorie definite da diverse organizzazioni. Ciò non fa venir meno la rilevanza giuridica del concetto, dal momento che l’ordinamento giuridico continua a guardare all’organizzazione sindacale come ad un fenomeno «di categoria», che persegue un’attività rivolta tipicamente ad una dimensione più ampia dell’ambito dei soli iscritti all’associazione sindacale.
Il secondo capitolo analizza il concetto di categoria contrattuale, con il quale si intende l’ambito di applicazione del contratto collettivo individuato dalle parti stipulanti sindacali e datoriali. Il principio dell’efficacia volontaristica del contratto collettivo, cioè basata sull’iscrizione delle parti del rapporto alle associazioni stipulanti o sul rinvio effettuato nel contratto individuale, rende tuttavia la categoria contrattuale ininfluente per la determinazione dell’ambito di efficacia del contratto collettivo di diritto comune, specialmente in seguito al definitivo tramonto delle prospettive applicative dell’art. 2070 c.c. Le esigenze regolative del pluralismo sindacale contemporaneo, tuttavia, con il moltiplicarsi dei contratti collettivi potenzialmente applicabili a ciascun rapporto, ha determinato un significativo «ritorno» della categoria, su due fronti. Da una parte, il criterio oggettivo dell’appartenenza alla categoria contrattuale è valorizzato per individuare il contratto collettivo rilevante come «parametro del trattamento» in tutte le previsioni legislative ideate sulla scia della giurisprudenza ex art. 36 Cost. Dall’altra, la presenza di più contratti collettivi applicabili alle stesse attività ha prodotto l'emersione del criterio di selezione fra contratti collettivi basato sulla comparazione della rappresentatività dei soggetti stipulanti, che però non può funzionare in mancanza di una preventiva definizione del «perimetro» entro cui effettuare la comparazione: per questo, è ricomparsa nel dibattito la prospettazione del superamento del principio di autodeterminazione della categoria contrattuale, ritenuto fonte di distorsioni regolative e dumping contrattuale.
Il terzo capitolo è dedicato a ricostruire i legami, rintracciabili nell’ordinamento, fra categoria sindacale e categoria contrattuale, intessuti dal concetto di rappresentatività. La rappresentatività indica il rapporto dell’organizzazione con la sua base sociale più ampia, cioè con la categoria sindacale: è rappresentativo il sindacato che promani «dal basso» del settore del quale assume l’autotutela, cioè che sia frutto di un processo di coalizione spontaneo e genuino, che lo legittima ad intraprendere la regolazione contrattuale collettiva per quell'ambito di attività. L’affermazione permette di fornire ulteriore sostegno teorico e argomentativo all’idea, già diffusa in dottrina e riscontrabile anche in giurisprudenza, secondo la quale i c.d. «contratti pirata», non sostenuti da alcun reale fenomeno organizzativo, non sono riconducibili all’autonomia collettiva tutelata dall’art. 39 Cost. D’altro canto, proprio la necessità di offrire tutela giuridica ad ogni espressione genuina di autonomia collettiva, benché alternativa rispetto ai sistemi contrattuali tradizionali, mostra chiaramente l’inopportunità di ogni rigida dicotomia fra contratti «pirata» e contratti «leader», che impedisce di valutare correttamente i fenomeni sindacali e contrattuali che stanno «nel mezzo». Allo stesso modo, la necessità che il contratto collettivo sia stipulato fra soggetti i quali abbiano radici organizzative nei settori per i quali il contratto viene stipulato può offrire qualche utile strumento interpretativo per i casi nei quali si verifichino «sconfinamenti» delle categorie contrattuali rispetto alle categorie sindacali dei soggetti stipulanti. Entrambi gli indirizzi interpretativi sostenuti, tuttavia, non offrono alcun sostegno nella ricerca dei criteri con i quali effettuare la comparazione della rappresentatività già prevista in molte occasioni dall’ordinamento giuridico positivo. Questi criteri vengono ricercati si ripercorrono nelle soluzioni proposte nel processo di autoregolazione intrapreso dalle maggiori organizzazioni sindacali e datoriali a partire dal 2011, facendo anche riferimento agli spunti recuperabili dalla riforma della rappresentatività sindacale e datoriale nell’ordinamento francese. Da ultimo, si sviluppa una proposta per la soluzione della questione dei «perimetri» entro i quali misurare la rappresentatività, costruita in modo da intervenire ex post senza comprimere la possibilità dei soggetti collettivi di definire i propri ambiti organizzativi e le categorie contrattuali.
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