Tesi etd-03302021-125700 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
VERDOLIVA, NICOLA
URN
etd-03302021-125700
Titolo
LA PROLIFERAZIONE DELLE ARMI NUCLEARI: IL TERRORISMO NUCLEARE E POSSIBILI RISCHI ALLA SICUREZZA NAZIONALE
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SCIENZE MARITTIME E NAVALI
Relatori
relatore Prof. Sberna, Salvatore
correlatore Dott. Diana, Luigi
correlatore Dott. Diana, Luigi
Parole chiave
- organizzazioni terroristiche
- proliferazione nucleare incontrollata
- terrorismo nucleare
- trattati internazionali contro la proliferazione
Data inizio appello
09/04/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/04/2061
Riassunto
Il mio personale interesse per questa problematica nasce grazie alle lezioni svolte con il Prof. Sberna, con il quale abbiamo trattato durante l’anno accademico il tema della proliferazione nucleare incontrollata, con particolare riguardo a quei paesi che, come la Corea del Nord e l’Iran, hanno deciso di non rispettare gli accordi sanciti all’interno del Trattato di non proliferazione. Dunque due gravi minacce apparentemente distinte, che sembrano non aver tra loro dei veri collegamenti, ma che se analizzate in profondità, possono rilevare una situazione preoccupante, anche alla luce di alcuni recenti avvenimenti.
Andando con ordine, nel primo paragrafo andrò ad esaminare quanto accaduto negli ultimi 20 anni, prendendo spunto da numerosi autori e studiosi di relazioni internazionali, ed-attraverso un’analisi dei principali arsenali mondiali, la loro allocazione, le norme di sicurezza poste a protezione dei materiali sensibili ed un calcolo approssimativo delle scorte mondiali di materiale fissile – cercherò di illustrare quanto la proliferazione nucleare possa rappresentare una delle maggiori minacce per l’intera umanità. Successivamente andrò a fare una breve panoramica delle maggiori organizzazioni terroristiche mondiali, elencando e descrivendo brevemente gli attentati più cruenti messi a segno negli ultimi anni e quali sono le misure preventive di sicurezza messe in atto dai maggiori Stati. In conclusione lo scopo è quello di cogliere la gravità della situazione, ponendosi così un interrogativo fondamentale al quale cercare risposta: siamo di fronte a un problema di traditional terrorism oppure national terrorism?
Questo quesito che mi sono posto deriva sostanzialmente dall’idea di alcuni studiosi , che sia quasi impossibile per un organizzazione non statale riuscire a dotarsi di un arma nucleare. Sicurezza che viene dal fatto che dotarsi di un tale armamento richiede enormi risorse finanziarie e un’organizzazione logistica che soltanto uno stato riconosciuto potrebbe sostenere. Bisogna però tenere a mente quelli che sono i rischi alla sicurezza nazionale che un simile fenomeno potrebbe portare con sé, non solo a livello di vite umane, ma anche a livello economico, sociale e politico. Un impatto sarebbe devastante sulle nostre vite, financo maggiore a quello provocato dall’attentato dell’11 settembre 2001, cambiando per sempre la storia dell’umanità. Detto questo, nelle pagine seguenti, proverò a smentire le varie teorie che affermano l’impossibilità che tale scenario si realizzi, evidenziando la carenza di controlli adeguati nei siti di stoccaggio di materiali simili, i numerosi furti di materiale fissile avvenuti negli ultimi anni, e dei molti rimasti ancora ignoti, della facilità nel costruire un ordigno grezzo una volta reperito il materiale necessario e di come sia estremamente facile movimentare all’interno di uno Stato una simile arma. In questo scenario diventano evidenti gli effetti del grande processo di globalizzazione. Un processo che, se da un lato, ha favorito uno sviluppo economico e sociale attraverso la maggiore mobilità delle persone e dei prodotti tra Stati, dall’altro, ha fatto emergere la difficoltà a prevenire molte forme di terrorismo, in particolare, quelle messe in campo da piccoli attori insospettabili e ben inseriti nelle nostre società, come testimoniano gli eventi di Parigi nel 2013.
Nell’ottobre 2020, veniva ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN), che da venerdì 22 gennaio è entrato in vigore. Il Trattato di recente entrato in vigore è dunque un passo incoraggiante, ma restano i rischi di una catastrofe nucleare. Sono oltre 14.000 le bombe atomiche dislocate in varie regioni nel mondo. Migliaia di queste sono pronte per essere lanciate in un istante. In molti casi, la potenza di questi ordigni è di gran lunga superiore alle bombe atomiche sganciate su Nagasaki ed Hiroshima nel 1945. Il Trattato è nato da un'azione della società civile guidata dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican) che nel 2017 si è aggiudicata il Premio Nobel per la pace.
Il primo strumento giuridico internazionale per la messa a bando di un’intera categoria di armi di distruzione di massa è stata la “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione e l’accumulo delle Armi Batteriologiche (Biologiche) e delle Armi Tossiche e sulla loro distruzione”, entrata in vigore nel 1975. Venti anni dopo, il 13 gennaio 1993, è stata aperta alla firma a Parigi la “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione, lo stoccaggio e l’uso delle Armi Chimiche e sulla loro distruzione”; essa è entrata in vigore il 29 aprile 1997 e conta attualmente 193 Stati che si sono impegnati alla sua attuazione. Si tratta in entrambi i casi di importanti strumenti che vede coesa la comunità internazionale nel contrastare lo sviluppo e l’utilizzo di armi chimiche e biologiche; strumenti i quali devono ovviamente fronteggiare continue insidie, che richiedono un incessante e attento seguito della loro corretta attuazione. D’altronde, il XXI secolo è fortemente caratterizzato da rapidi sviluppi tecnologici in campo chimico e biologico, che richiedono aggiornamenti persistenti di quegli strumenti finalizzati a impedirne un uso criminale.
Mancava però un trattato che si riferisse specificatamente alle armi atomiche. Fino all’adozione nel 2017 del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN) non vi era alcuno strumento giuridico internazionale che vietasse esplicitamente tali armi. Con l’entrata in vigore del TPAN, il 22 gennaio 2021, chiude questo “gap” tra le differenti tipologie di armi di distruzione di massa.
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, entrato in vigore da pochi mesi, non solo blocca la proliferazione delle armi atomiche, ne proibisce anche lo sviluppo, i test, il trasporto, e soprattutto vieta l’immagazzinamento di armi nucleari. Si tratta di un nodo cruciale. Il Trattato è il risultato di un cammino che ha raggiunto questo primo importante traguardo in un tempo, come quello attuale, fortemente scosso dalla pandemia. E in questo periodo così difficile costituisce una luce, una speranza in più anche per le nuove generazioni.
Come sappiamo, le armi nucleari rientrano nella più ampia categoria delle armi di distruzione di massa, così come le armi chimiche e quelle biologiche. Si tratta di armi che hanno un impatto indiscriminato, che possono in breve tempo uccidere una grande quantità di persone e che provocano danni, anche irreversibili o di lunghissima durata, agli ecosistemi, pure nel raggio di centinaia di chilometri. Si tratta di ordigni che sono stati particolarmente sviluppati a partire dal secolo scorso e il cui utilizzo può avvenire anche da parte di attori non statali di stampo terroristico; argomento sicuramente delicato e complesso che cercherò di esaminare nel corso di questo elaborato. Di fronte a tali gravi conseguenze e preoccupazioni, la comunità internazionale è fortemente impegnata non solo nell’impedire la loro proliferazione, ma anche nel promuovere una reale interdizione del loro uso, così come del possesso di tali armi. A tal fine, sono stati elaborati e implementati numerosi strumenti multilaterali giuridicamente vincolanti che cercano di giungere al conseguimento di questo obiettivi.
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, è il primo strumento giuridico vincolante che vieta le armi nucleari, mentre il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari, entrato in vigore nel 1970, prevede essenzialmente tre obiettivi: la non proliferazione delle armi nucleari, il disarmo graduale di tali ordigni e la cooperazione nell’uso pacifico della tecnologia nucleare. Il Trattato sulla non proliferazione, rappresenta indubbiamente un elemento fondamentale, una colonna portante della infrastruttura internazionale volta a contrastare le armi nucleari, ma non è l’unico componente di questa struttura; di essa fanno, infatti, parte altri elementi: oltre al TPN e al TPAN vanno considerati strumenti giuridici come il Trattato per il bando degli esperimenti nucleari (CTBT), le zone libere da armi nucleari, gli Accordi di salvaguardi che l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) ha firmato con numerosi Stati, i Trattati bilaterali come lo START (Trattato di riduzione delle armi strategiche tra USA e Russia, che scadrà il mese prossimo). Si tratta di strumenti tra di loro complementari e ognuno di essi rappresenta una tessera di quel mosaico che compone il quadro di un “mondo libero da ami nucleari”.
Diciamo che è un mosaico, purtroppo, ancora piuttosto “sfocato”, poiché alcuni degli strumenti citati, alcune di quelle “tessere”, devono ancora essere ben “modellate”, perché non sono entrati in vigore o non vengono implementati in modo coerente. Su queste “tessere” è necessario continuare a lavorare con l’impegno di tutti, attori governativi e non governativi; è necessario intensificare gli sforzi per contrastare le pressioni contro il multilateralismo e superare la dinamica del sospetto e della sfiducia. La corretta implementazione di questi strumenti rappresenta, infatti, un passo fondamentale nel “cammino” verso un mondo libero dalle armi nucleari. C’è, poi, un altro aspetto significativo che questo “percorso” richiede; aspetto che è pienamente riconosciuto nel TPAN: l’importanza sia dell’educazione alla pace e del disarmo in tutti i suoi aspetti, sia della sensibilizzazione sui rischi e le conseguenze delle armi nucleari per la generazione presente e quelle future; non è possibile sottovalutare questi due aspetti: anche l’educazione e la sensibilizzazione rappresentano due altre importanti tessere che contribuiscono a comporre il mosaico di un mondo libero dalle armi nucleari e che richiedono un impegno per iniziative significative volte a promuovere una cultura che rifiuta tali ordigni, una cultura della vita e della pace, una cultura della cura.
Andando con ordine, nel primo paragrafo andrò ad esaminare quanto accaduto negli ultimi 20 anni, prendendo spunto da numerosi autori e studiosi di relazioni internazionali, ed-attraverso un’analisi dei principali arsenali mondiali, la loro allocazione, le norme di sicurezza poste a protezione dei materiali sensibili ed un calcolo approssimativo delle scorte mondiali di materiale fissile – cercherò di illustrare quanto la proliferazione nucleare possa rappresentare una delle maggiori minacce per l’intera umanità. Successivamente andrò a fare una breve panoramica delle maggiori organizzazioni terroristiche mondiali, elencando e descrivendo brevemente gli attentati più cruenti messi a segno negli ultimi anni e quali sono le misure preventive di sicurezza messe in atto dai maggiori Stati. In conclusione lo scopo è quello di cogliere la gravità della situazione, ponendosi così un interrogativo fondamentale al quale cercare risposta: siamo di fronte a un problema di traditional terrorism oppure national terrorism?
Questo quesito che mi sono posto deriva sostanzialmente dall’idea di alcuni studiosi , che sia quasi impossibile per un organizzazione non statale riuscire a dotarsi di un arma nucleare. Sicurezza che viene dal fatto che dotarsi di un tale armamento richiede enormi risorse finanziarie e un’organizzazione logistica che soltanto uno stato riconosciuto potrebbe sostenere. Bisogna però tenere a mente quelli che sono i rischi alla sicurezza nazionale che un simile fenomeno potrebbe portare con sé, non solo a livello di vite umane, ma anche a livello economico, sociale e politico. Un impatto sarebbe devastante sulle nostre vite, financo maggiore a quello provocato dall’attentato dell’11 settembre 2001, cambiando per sempre la storia dell’umanità. Detto questo, nelle pagine seguenti, proverò a smentire le varie teorie che affermano l’impossibilità che tale scenario si realizzi, evidenziando la carenza di controlli adeguati nei siti di stoccaggio di materiali simili, i numerosi furti di materiale fissile avvenuti negli ultimi anni, e dei molti rimasti ancora ignoti, della facilità nel costruire un ordigno grezzo una volta reperito il materiale necessario e di come sia estremamente facile movimentare all’interno di uno Stato una simile arma. In questo scenario diventano evidenti gli effetti del grande processo di globalizzazione. Un processo che, se da un lato, ha favorito uno sviluppo economico e sociale attraverso la maggiore mobilità delle persone e dei prodotti tra Stati, dall’altro, ha fatto emergere la difficoltà a prevenire molte forme di terrorismo, in particolare, quelle messe in campo da piccoli attori insospettabili e ben inseriti nelle nostre società, come testimoniano gli eventi di Parigi nel 2013.
Nell’ottobre 2020, veniva ratificato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN), che da venerdì 22 gennaio è entrato in vigore. Il Trattato di recente entrato in vigore è dunque un passo incoraggiante, ma restano i rischi di una catastrofe nucleare. Sono oltre 14.000 le bombe atomiche dislocate in varie regioni nel mondo. Migliaia di queste sono pronte per essere lanciate in un istante. In molti casi, la potenza di questi ordigni è di gran lunga superiore alle bombe atomiche sganciate su Nagasaki ed Hiroshima nel 1945. Il Trattato è nato da un'azione della società civile guidata dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican) che nel 2017 si è aggiudicata il Premio Nobel per la pace.
Il primo strumento giuridico internazionale per la messa a bando di un’intera categoria di armi di distruzione di massa è stata la “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione e l’accumulo delle Armi Batteriologiche (Biologiche) e delle Armi Tossiche e sulla loro distruzione”, entrata in vigore nel 1975. Venti anni dopo, il 13 gennaio 1993, è stata aperta alla firma a Parigi la “Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, la produzione, lo stoccaggio e l’uso delle Armi Chimiche e sulla loro distruzione”; essa è entrata in vigore il 29 aprile 1997 e conta attualmente 193 Stati che si sono impegnati alla sua attuazione. Si tratta in entrambi i casi di importanti strumenti che vede coesa la comunità internazionale nel contrastare lo sviluppo e l’utilizzo di armi chimiche e biologiche; strumenti i quali devono ovviamente fronteggiare continue insidie, che richiedono un incessante e attento seguito della loro corretta attuazione. D’altronde, il XXI secolo è fortemente caratterizzato da rapidi sviluppi tecnologici in campo chimico e biologico, che richiedono aggiornamenti persistenti di quegli strumenti finalizzati a impedirne un uso criminale.
Mancava però un trattato che si riferisse specificatamente alle armi atomiche. Fino all’adozione nel 2017 del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN) non vi era alcuno strumento giuridico internazionale che vietasse esplicitamente tali armi. Con l’entrata in vigore del TPAN, il 22 gennaio 2021, chiude questo “gap” tra le differenti tipologie di armi di distruzione di massa.
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, entrato in vigore da pochi mesi, non solo blocca la proliferazione delle armi atomiche, ne proibisce anche lo sviluppo, i test, il trasporto, e soprattutto vieta l’immagazzinamento di armi nucleari. Si tratta di un nodo cruciale. Il Trattato è il risultato di un cammino che ha raggiunto questo primo importante traguardo in un tempo, come quello attuale, fortemente scosso dalla pandemia. E in questo periodo così difficile costituisce una luce, una speranza in più anche per le nuove generazioni.
Come sappiamo, le armi nucleari rientrano nella più ampia categoria delle armi di distruzione di massa, così come le armi chimiche e quelle biologiche. Si tratta di armi che hanno un impatto indiscriminato, che possono in breve tempo uccidere una grande quantità di persone e che provocano danni, anche irreversibili o di lunghissima durata, agli ecosistemi, pure nel raggio di centinaia di chilometri. Si tratta di ordigni che sono stati particolarmente sviluppati a partire dal secolo scorso e il cui utilizzo può avvenire anche da parte di attori non statali di stampo terroristico; argomento sicuramente delicato e complesso che cercherò di esaminare nel corso di questo elaborato. Di fronte a tali gravi conseguenze e preoccupazioni, la comunità internazionale è fortemente impegnata non solo nell’impedire la loro proliferazione, ma anche nel promuovere una reale interdizione del loro uso, così come del possesso di tali armi. A tal fine, sono stati elaborati e implementati numerosi strumenti multilaterali giuridicamente vincolanti che cercano di giungere al conseguimento di questo obiettivi.
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, è il primo strumento giuridico vincolante che vieta le armi nucleari, mentre il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari, entrato in vigore nel 1970, prevede essenzialmente tre obiettivi: la non proliferazione delle armi nucleari, il disarmo graduale di tali ordigni e la cooperazione nell’uso pacifico della tecnologia nucleare. Il Trattato sulla non proliferazione, rappresenta indubbiamente un elemento fondamentale, una colonna portante della infrastruttura internazionale volta a contrastare le armi nucleari, ma non è l’unico componente di questa struttura; di essa fanno, infatti, parte altri elementi: oltre al TPN e al TPAN vanno considerati strumenti giuridici come il Trattato per il bando degli esperimenti nucleari (CTBT), le zone libere da armi nucleari, gli Accordi di salvaguardi che l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) ha firmato con numerosi Stati, i Trattati bilaterali come lo START (Trattato di riduzione delle armi strategiche tra USA e Russia, che scadrà il mese prossimo). Si tratta di strumenti tra di loro complementari e ognuno di essi rappresenta una tessera di quel mosaico che compone il quadro di un “mondo libero da ami nucleari”.
Diciamo che è un mosaico, purtroppo, ancora piuttosto “sfocato”, poiché alcuni degli strumenti citati, alcune di quelle “tessere”, devono ancora essere ben “modellate”, perché non sono entrati in vigore o non vengono implementati in modo coerente. Su queste “tessere” è necessario continuare a lavorare con l’impegno di tutti, attori governativi e non governativi; è necessario intensificare gli sforzi per contrastare le pressioni contro il multilateralismo e superare la dinamica del sospetto e della sfiducia. La corretta implementazione di questi strumenti rappresenta, infatti, un passo fondamentale nel “cammino” verso un mondo libero dalle armi nucleari. C’è, poi, un altro aspetto significativo che questo “percorso” richiede; aspetto che è pienamente riconosciuto nel TPAN: l’importanza sia dell’educazione alla pace e del disarmo in tutti i suoi aspetti, sia della sensibilizzazione sui rischi e le conseguenze delle armi nucleari per la generazione presente e quelle future; non è possibile sottovalutare questi due aspetti: anche l’educazione e la sensibilizzazione rappresentano due altre importanti tessere che contribuiscono a comporre il mosaico di un mondo libero dalle armi nucleari e che richiedono un impegno per iniziative significative volte a promuovere una cultura che rifiuta tali ordigni, una cultura della vita e della pace, una cultura della cura.
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