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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03302017-170112


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
FRANCINI, MARCO JACOPO
URN
etd-03302017-170112
Titolo
L'evoluzione della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Mazzotta, Oronzo
Parole chiave
  • diritto del lavoro
  • diritto sindacale
  • fiat
  • fiom
  • rappresentanza
  • rsa
  • rsu
  • sindacale
  • sindacato
Data inizio appello
19/04/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di esaminare in modo organico la materia della rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, a partire dai primi, timidi, affacci delle neonate associazioni sindacali all’interno delle fabbriche, fino ai giorni nostri.
L’esigenza dei lavoratori di essere tutelati anche all’interno dei luoghi di lavoro, indubbiamente primaria, si colloca cronologicamente nello stesso periodo in cui sono nate le prime, embrionali, associazioni a tutela dei lavoratori, ma a tale indubbia esigenza ha fatto il paio una generale reticenza nei confronti della materia, non solo ‒comprensibilmente‒ da parte del datore di lavoro, ovviamente restio a portare così vicino ai suoi interessi l’avversario, ma anche da parte delle stesse associazioni sindacali, da un lato perché preoccupate maggiormente a soddisfare l’obiettivo di ottenere una tutela minima unitaria in tutto il territorio nazionale, specie una CGIL che da sempre privilegiava una disciplina unitaria ad ogni costo, e dall’altro timorose di non riuscire a gestire con efficacia dei bisogni che, a quel livello, guardano necessariamente più alle tasche che ai principi, rischiando così di compromettere ulteriormente un tasso di sindacalizzazione che, nel 1960, si attestava attorno ad un preoccupante 25%.
Alla luce di ciò non stupisce l’assetto confusionario che la materia assunse a partire dal secondo dopoguerra, con organismi che, da semplici aggregazioni di lavoratori, diventarono in pochi anni gli interlocutori ufficiali del contropotere datoriale, costringendo i sindacati a “curarsi di loro”, riconoscendoli e cercando di farli propri in itinere. Queste sono in definitiva le Commissioni Interne, organismi nati dall’effettività, e solo dopo fatti rientrare nell’universo sindacale per meriti sul campo.
Gli anni del c.d. miracolo economico vedono dunque principalmente nelle fabbriche le Commissioni Interne, organismo misto elettivo-sindacale che, abusivamente, si occupava anche di contrattazione, e sporadicamente le Sezioni Sindacali Aziendali, create da e per il sindacato, in aperto contrasto alle prime, per cercare di controllare maggiormente i luoghi di lavoro.
La situazione cambierà radicalmente alla fine degli anni ’60, quando anche i sindacati verranno travolti dal vento di cambiamento alimentato dalla classe operaia che porterà alla nascita dei delegati, espressione della volontà di uno stretto collegamento tra rappresentanti e rappresentati, senza filtri. Anche in questo caso le associazioni sindacali dovranno riconoscere ex post un organismo di espressione spontaneistica, cercando di ricondurlo entro il proprio alveo.
A questo punto il legislatore non può più esimersi da disciplinare una materia che, dati i numerosi aspetti toccati ed i rilevanti interessi in gioco, non poteva più essere posticipata: nasce così nel 1970 il c.d. Statuto dei Lavoratori, volto a regolare organicamente tutte le sfaccettature della presenza sindacale in azienda, eliminando ‒o quantomeno mitigando‒ una situazione di completa anomia che si risolveva in una deleteria incertezza circa i rapporti di forza e gli interlocutori.
Da qui la trattazione si sdoppia, seguendo una realtà che vede, ancora oggi, la contemporanea vigenza di due diverse discipline relative alla rappresentanza sindacale in azienda: quella legale e quella negoziale.
Ci si occuperà in primis della fonte legale, ed in particolare dell’art. 19 del suddetto Statuto, la porta d’ingresso alla c.d. legislazione di sostegno che, a determinate condizioni, consente alle associazioni sindacali di godere di ulteriori diritti ‒rectius, privilegi‒ in azienda. Il capitolo, dopo una doverosa disamina dei caratteri delle neonate rappresentanze sindacali aziendali, si concentra proprio sui requisiti d’accesso ai suddetti privilegi, oggetto di attacchi da parte delle organizzazioni che non disponevano della chiave per goderne. L’art. 19 quindi diviene oggetto di numerose pronunce da parte della Corte Costituzionale che, chiamata a vagliarne di volta in volta la rispondenza rispetto ai principi costituzionali di libertà sindacale, uguaglianza e solidarietà, fornirà risposte diverse in relazione alle condizioni ambientali in cui si troverà ad operare. Si esamineranno quindi sia le numerosi varianti interpretative dell’articolo 19, sia i profondi cambiamenti intercorsi in occasione dell’amputazione referendaria avvenuta nel 1995.
Il secondo binario della rappresentanza sindacale in azienda è costituito dalla disciplina negoziale, nata dopo vari tentativi nel 1993 come massima espressione della c.d. concertazione, sintomo della capacità collaborativa e normativa delle parti sociali, le quali elaborano una forma unitaria di rappresentanza aziendale col pregio di consentire, seppur in parte, la scelta diretta dei propri rappresentanti da parte dei lavoratori. Verranno esaminati pertanto i principali aspetti che necessariamente coinvolgono una così compiuta e particolareggiata disciplina, tenendo in particolare considerazione il suo limite di fondo, e cioè proprio la sua natura di accordo, soggetta inesorabilmente alla mutevole volontà delle parti in causa.
Una volta fornito un quadro d’insieme sullo status quo della rappresentanza sindacale, la trattazione approfondisce il famosissimo caso Fiat v. Fiom, che dal 2009 ha tenuto banco nella quasi totalità dei giornali e talk-show televisivi. Una vera e propria battaglia, consumatasi prima nelle fabbriche e poi nei tribunali, che permetterà di ricongiungere le due discipline in una trattazione unitaria, avente come minimo comun denominatore la parola fragilità: la multinazionale italo-americana infatti, riuscirà, come vedremo, ad eludere con ‒relativa‒ facilità entrambe le discipline, escludendo arbitrariamente un sindacato ritenuto scomodo, seppur indubbiamente rappresentativo. Si aprirà quindi una situazione di forte crisi in materia di rappresentanza aziendale, a cui verrà in soccorso la Corte Costituzionale, con la famosa sentenza 231/2013.
Ad ultimo, si esaminerà la vigente disciplina, sia legale, come modificata dalla suddetta sentenza, sia negoziale, basata sul “trittico” di Accordi e su una ritrovata unità sindacale, vagliandone i pregi, i limiti, e l’opportunità ‒o meno‒ di un nuovo intervento legislativo.
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