Tesi etd-03272017-144713 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
DAL CANTO, JESSICA
URN
etd-03272017-144713
Titolo
"Procedure di gestione della crisi di impresa: profili penalistici".
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Gargani, Alberto
Parole chiave
- esenzione dai reati di bancarotta
- procedure concorsuali
- reati fallimentari
Data inizio appello
19/04/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questa tesi di laurea è volta a verificare se vi sia un rischio penale nella gestione della crisi d’impresa, analizzando i rapporti tra le tradizionali fattispecie penali previste nel Regio Decreto n. 267/1942 e le nuove soluzioni alternative al fallimento, introdotte con le ultime riforme della parte civilistica della legge fallimentare; in particolare, il concordato preventivo (art 160 ss l.f.), gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art 182- bis ss. l.f) e il piano di risanamento (art. 67, comma 3 lett d) l.f). Esiste un rischio penale per l’imprenditore che decide di intraprendere operazioni volte al risanamento della propria attività?
A tale interrogativo cercheremo di rispondere tenendo conto sia della disciplina penalistica, sia della disciplina extra penale.
L’ indagine si svilupperà sotto molteplici angoli prospettici.
Anzitutto, sembra doveroso, nel capitolo I, inquadrare il percorso evolutivo che ha intrapreso la legge fallimentare dal 1942 ad oggi e tracciare le caratteristiche fondamentali degli istituti diretti a regolare il momento della crisi d’impresa. In particolare, analizzeremo il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il piano attestato di risanamento.
Non si poteva prescindere, nel capitolo II, dall’analisi del sistema penale fallimentare delineato dalla legge n. 267/1942. In particolare, ci occuperemo dei principali problemi collegati ai reati di bancarotta fraudolenta ex artt. 216 e 217 l.f. Dopo aver descritto a grandi linee il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ex art 216 1 co. l.f., ci occuperemo più approfonditamente dei reati di bancarotta preferenziale di cui all’art 216, 3°co l.f. e di bancarotta semplice, ex art 217 l.f. Infatti, il rischio penale dell’imprenditore in crisi, in relazione ai percorsi di risanamento intrapresi, assume essenzialmente i volti della bancarotta preferenziale e della bancarotta semplice.
Infine, nel capitolo III, analizzeremo il primo intervento in ambito penal-fallimentare da parte del legislatore italiano. Faremo riferimento alla l. n. 122/ 2010 di conversione del d.l. 8/2010, con la quale è stato introdotto, nell’ambito dei reati fallimentari, l’art. 217-bis rubricato “Esenzione dai reati di bancarotta”.
La disposizione costituisce la risposta del legislatore alle pressioni pervenute dalla dottrina e, in particolare, dal mondo imprenditoriale. Evidentemente, la norma è nata col fine di assicurare, anche sotto il profilo penalistico, la protezione dell’imprenditore che ponga in essere ad esempio pagamenti preferenziali nei confronti di alcuni dei creditori, in esecuzione di uno strumento di risoluzione negoziata della crisi. Vedremo, però, che tale norma sconta una serie di problematiche, riguardanti la relativa collocazione dogmatica, l’effettiva portata applicativa e la principale relativa all’estensione che debba essere riconosciuta ai poteri del giudice penale nel merito della valutazione di fattibilità del progetto di risanamento. Quest’ultima questione sarà affrontata distinguendo i diversi strumenti di risoluzione della crisi, in precedenza analizzati, e giungendo ad una conclusione diversa a seconda dello strumento preso in considerazione. Inoltre, si darà conto delle successive modifiche apportate dal legislatore al testo dell’art 217-bis l.f., attraverso il c.d. decreto sviluppo ( d.lgs. n. 83/ 2012) e decreto sviluppo bis (d.lgs. n. 179/ 2012). Il legislatore attraverso tali interventi ha inteso estendere l’applicabilità dell’esenzione di cui all’art 217 bis l.f. anche ad altri e nuovi meccanismi di risoluzione della crisi aziendale; primo fra tutti la procedura di composizione della crisi per sovra-indebitamento.
Nell’ultima sezione, si dedicherà attenzione ad una nuova fattispecie penale, introdotta dalla l. 83/2012: l’art 236-bis l.f. rubricato «falso in attestazioni e relazioni» e riguardante la responsabilità del professionista attestatore. Questa nuova figura, presente sotto varie forme in tutti e tre i nuovi istituti concordatari, introduce una significativa novità, atteso il ruolo peculiare che è chiamato a svolgere in questa fase delicatissima di risoluzione della crisi d’impresa.
In estrema sintesi, il legislatore ha devoluto a tale professionista il giudizio circa la fattibilità e veridicità del piano, predisposto unilateralmente dall’imprenditore o comunque in accordo con i creditori. Questa verifica tradizionalmente era affidata al tribunale fallimentare -per gli evidenti interessi sottesi a tale accertamento- oggi è stato affidato a una figura privata, incaricata dallo stesso imprenditore; in modo da consentire una più rapida e efficace risoluzione della crisi.
A tale interrogativo cercheremo di rispondere tenendo conto sia della disciplina penalistica, sia della disciplina extra penale.
L’ indagine si svilupperà sotto molteplici angoli prospettici.
Anzitutto, sembra doveroso, nel capitolo I, inquadrare il percorso evolutivo che ha intrapreso la legge fallimentare dal 1942 ad oggi e tracciare le caratteristiche fondamentali degli istituti diretti a regolare il momento della crisi d’impresa. In particolare, analizzeremo il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il piano attestato di risanamento.
Non si poteva prescindere, nel capitolo II, dall’analisi del sistema penale fallimentare delineato dalla legge n. 267/1942. In particolare, ci occuperemo dei principali problemi collegati ai reati di bancarotta fraudolenta ex artt. 216 e 217 l.f. Dopo aver descritto a grandi linee il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale ex art 216 1 co. l.f., ci occuperemo più approfonditamente dei reati di bancarotta preferenziale di cui all’art 216, 3°co l.f. e di bancarotta semplice, ex art 217 l.f. Infatti, il rischio penale dell’imprenditore in crisi, in relazione ai percorsi di risanamento intrapresi, assume essenzialmente i volti della bancarotta preferenziale e della bancarotta semplice.
Infine, nel capitolo III, analizzeremo il primo intervento in ambito penal-fallimentare da parte del legislatore italiano. Faremo riferimento alla l. n. 122/ 2010 di conversione del d.l. 8/2010, con la quale è stato introdotto, nell’ambito dei reati fallimentari, l’art. 217-bis rubricato “Esenzione dai reati di bancarotta”.
La disposizione costituisce la risposta del legislatore alle pressioni pervenute dalla dottrina e, in particolare, dal mondo imprenditoriale. Evidentemente, la norma è nata col fine di assicurare, anche sotto il profilo penalistico, la protezione dell’imprenditore che ponga in essere ad esempio pagamenti preferenziali nei confronti di alcuni dei creditori, in esecuzione di uno strumento di risoluzione negoziata della crisi. Vedremo, però, che tale norma sconta una serie di problematiche, riguardanti la relativa collocazione dogmatica, l’effettiva portata applicativa e la principale relativa all’estensione che debba essere riconosciuta ai poteri del giudice penale nel merito della valutazione di fattibilità del progetto di risanamento. Quest’ultima questione sarà affrontata distinguendo i diversi strumenti di risoluzione della crisi, in precedenza analizzati, e giungendo ad una conclusione diversa a seconda dello strumento preso in considerazione. Inoltre, si darà conto delle successive modifiche apportate dal legislatore al testo dell’art 217-bis l.f., attraverso il c.d. decreto sviluppo ( d.lgs. n. 83/ 2012) e decreto sviluppo bis (d.lgs. n. 179/ 2012). Il legislatore attraverso tali interventi ha inteso estendere l’applicabilità dell’esenzione di cui all’art 217 bis l.f. anche ad altri e nuovi meccanismi di risoluzione della crisi aziendale; primo fra tutti la procedura di composizione della crisi per sovra-indebitamento.
Nell’ultima sezione, si dedicherà attenzione ad una nuova fattispecie penale, introdotta dalla l. 83/2012: l’art 236-bis l.f. rubricato «falso in attestazioni e relazioni» e riguardante la responsabilità del professionista attestatore. Questa nuova figura, presente sotto varie forme in tutti e tre i nuovi istituti concordatari, introduce una significativa novità, atteso il ruolo peculiare che è chiamato a svolgere in questa fase delicatissima di risoluzione della crisi d’impresa.
In estrema sintesi, il legislatore ha devoluto a tale professionista il giudizio circa la fattibilità e veridicità del piano, predisposto unilateralmente dall’imprenditore o comunque in accordo con i creditori. Questa verifica tradizionalmente era affidata al tribunale fallimentare -per gli evidenti interessi sottesi a tale accertamento- oggi è stato affidato a una figura privata, incaricata dallo stesso imprenditore; in modo da consentire una più rapida e efficace risoluzione della crisi.
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