Tesi etd-03272013-165829 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
SARACENO, MARCO
URN
etd-03272013-165829
Titolo
De la mesure du corps à la politique des corps. Une histoire des sciences du travail (1880-1920)
Settore scientifico disciplinare
M-STO/05
Corso di studi
DISCIPLINE UMANISTICHE
Relatori
tutor Vatin, François
tutor Prof. Pogliano, Claudio Sergio
tutor Prof. Pogliano, Claudio Sergio
Parole chiave
- epistemologia scienze umane
- filosofia del lavoro
- misura del lavoro
- razionalizzazione
- volontà
Data inizio appello
21/06/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Alla fine del XIX secolo, nel contesto dello sviluppo della società salariale in Europa, appare un progetto positivista di studio del lavoro umano che non si è esitato a chiamare “ergologia”. Questo progetto, che traverserà diverse scienze umane, cercava di definire e d’inquadrare normativamente il lavoro sulla base dallo studio delle potenzialità e dei limiti psico-fisiologici dell’attività corporale (fatica, attitudini psicomotrici, monotonia, attenzione …). Lo studio psico-fisiologico s’iscrive dunque in una progetto sociale più largo di “ottimizzazione” delle attività umane (igienismo, pace sociale, eugenismo...), in questo senso la conoscenza del corpo al lavoro appariva come una parte della razionalizzazione del suo “uso” . Da questa prospettiva, alcuni storici hanno interpretato il programma ergologico come un tentativo di “reificazione” del corpo nell’intento di trasformarlo in strumento al servizio del profitto capitalista e/o in supporto del controllo disciplinare dello Stato (Rabinbach, 1992). Tuttavia, osservando lo sviluppo epistemologico e politico di questo progetto “ergologico”, si può vedere che i tentativi di stabilire una misura e una gestione scientifica del corpo inteso come strumento della produzione fanno emergere in continuazione la necessità di prendere in considerazione la scelta volontaria attraverso la quale l’uomo definisce l’obiettivo della sua attività corporale. In effetti, se il lavoro umano può essere definito come un'attività tecnica utile a raggiungere un obiettivo “voluto”, l’uomo appare come l’utilizzatore del suo proprio corpo per realizzare un “progetto” . Quindi, misurare e governare gli uomini attraverso il lavoro del corpo, come cerca di farlo “l’ergologia”, non si significa solamente ridurre quest’ultimo ad oggetto malleabile, ma anche pensare l’attività corporale come il momento in cui l’uomo definisce gli obiettivi della sua azione in funzione delle differenti costrizioni materiali che determinano la sua azione vitale.
L’obiettivo epistemologico di questa ricerca sarà dunque di mostrare che le scienze umane, di fronte l'oggetto di lavoro, vale a dire, di fronte ad un’attività tecnica orientata al raggiungimento di un obiettivo, si confrontano con un doppio pericolo : da un lato, quello di trasformare l'uomo in ingranaggio, concependolo come completamente “determinato” dalle condizioni di realizzazione, e, in secondo luogo, quello di considerare l'uomo “autentico” come completamente estraneo alle questione “tecnologiche” che gli impone il suo ambiente e ciò per preservare la sua “libertà”. Attraverso la sua concezione dell’attività volontaria come un’azione strumentale, la psicofisiologia del lavoro mostrerà la possibilità di una riflessione sull'uomo che non oppone l’oggettivazione strumentale alla riflessione morale e politica sul significato delle azioni umane. In questo senso, anche se il progetto di una scienza del lavoro, per il suo riduzionismo energetista e la sua etica “lavorista”, apparirà come una riflessione tipica del tardo positivismo, le questioni epistemologiche che l’attraversano sembrano uno spunto di riflessione importante per i dibattiti sociali contemporanei in cui la pratica della gestione economica è continuamente opposta alla riflessione politica e morale.
L’obiettivo epistemologico di questa ricerca sarà dunque di mostrare che le scienze umane, di fronte l'oggetto di lavoro, vale a dire, di fronte ad un’attività tecnica orientata al raggiungimento di un obiettivo, si confrontano con un doppio pericolo : da un lato, quello di trasformare l'uomo in ingranaggio, concependolo come completamente “determinato” dalle condizioni di realizzazione, e, in secondo luogo, quello di considerare l'uomo “autentico” come completamente estraneo alle questione “tecnologiche” che gli impone il suo ambiente e ciò per preservare la sua “libertà”. Attraverso la sua concezione dell’attività volontaria come un’azione strumentale, la psicofisiologia del lavoro mostrerà la possibilità di una riflessione sull'uomo che non oppone l’oggettivazione strumentale alla riflessione morale e politica sul significato delle azioni umane. In questo senso, anche se il progetto di una scienza del lavoro, per il suo riduzionismo energetista e la sua etica “lavorista”, apparirà come una riflessione tipica del tardo positivismo, le questioni epistemologiche che l’attraversano sembrano uno spunto di riflessione importante per i dibattiti sociali contemporanei in cui la pratica della gestione economica è continuamente opposta alla riflessione politica e morale.
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