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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03262009-112755


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
DEL GRATTA, FEDERICO
URN
etd-03262009-112755
Titolo
La Corporate Governance secondo le Direttive MiFID. Il caso Intesa Sanpaolo
Dipartimento
ECONOMIA
Corso di studi
BANCA, BORSA E ASSICURAZIONI
Relatori
Relatore Prof. Caparvi, Roberto
Parole chiave
  • corporate governance
  • mifid
  • intesa sanpaolo
Data inizio appello
27/04/2009
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il tema della corporate governance è un argomento di recente attualità, in continua evoluzione e oggetto di dibattito da parte dell’ampio pubblico che partecipa con vari ruoli nella vita economica, politica e sociale di ogni Paese. Nonostante gli studi sulla corporate governance siano un fenomeno relativamente recente, che ha conosciuto un rapido sviluppo durante gli ultimi decenni del XX secolo, gli imprenditori e gli amministratori di azienda hanno sempre dedicato grande attenzione al tema del governo delle imprese. Infatti, se pur presentato sotto etichette differenti, si tratta di una tematica che da sempre accompagna la vita delle imprese perché suscitato da domande di fondo in merito a chi debba governare le imprese e secondo quali modalità e per chi l’impresa deve creare valore. Le risposte a queste domande si sono sviluppate nei grandi temi e dibattiti trattati negli anni relativamente ai modelli di governance. L’origine della questione su chi deve governare l’impresa è riconducibile ad uno dei temi storici di corporate governance, ovvero la separazione tra “proprietà e controllo”. Ciò avviene quando a causa di una struttura azionaria molto diffusa la gran parte o la totalità degli azionisti non ha la possibilità di esercitare direttamente il controllo sull’impresa, delegando ad un management esterno retribuito il compito di gestione. La scissione tra il diritto residuale di controllo, affidato ai manager, e il diritto al rendimento residuale, che rimane agli azionisti, configura un problema di governance poiché consente a chi governa l’impresa di appropriarsi indebitamente di benefici a danno dell’interesse degli azionisti. Il management rientra nella categoria allargata degli stakeholder dell’impresa, ed è proprio in riferimento alla domanda come e per chi l’impresa deve creare valore l’evoluzione storica del dibattito sulla corporate governance ha visto il contrapporsi di due scuole di pensiero, una sostenitrice dello shareholder model e l’altra dello stakeholder model. La prima, canonizzata da Milton Friedman premio Nobel per l’Economia nel 1976, pone quale obiettivo unico ed ultimo dell’impresa la massimizzazione del valore per gli azionisti. La seconda, che nel corso degli anni ha prevalso sulla prima, si basa su una cultura di impresa secondo la quale occorre creare valore non solo per gli azionisti, ma per tutti i suoi stakeholder. Il lavoro da me condotto relativamente a questa tematica è sviluppato nel primo capitolo dove prima si analizzano le cause di un evoluzione cosi rapida e di un interesse così sostenuto circa la corporate governante sui mercati finanziari e poi si passa in disamina l’evoluzione normativa che ha caratterizzato il nostro ordinamento dagli anni novanta sino ad oggi partendo dal Testo Unico in materia bancaria e creditizia per arrivare alle ultime disposizioni in materia di vigilanza previste da Banca d’Italia. Contestualmente al tema della Corporate Governance, ho ritenuto opportuno analizzare una direttiva che negli ultimi anni, nonostante non siano ancora ben visibili i suoi risultati proprio perché di attuazione recente, ha caratterizzato i mercati finanziari, e in particolare, gli ambiti in cui erano più frequenti le minacce per il mercato, riferendomi con ciò, alla scarsa informativa presente, relativa agli strumenti finanziari e al trattamento del cliente, ai conflitti di interesse che negli ultimi anni hanno dato luogo a crisi finanziarie di enormi dimensioni e devastanti effetti per il mercato, e agli scarsi requisiti organizzativi che venivano previsti per le imprese, specie quelle di investimento, prevedendo per questi una adeguata azione correttiva in prospettiva di cogliere i risultati migliori che il mercato offre così da motivare anche i piccoli risparmiatori nell’investire i loro risparmi e non tenerli “sotto il materasso” per paura di eventi che potrebbero danneggiare la loro economia. Inoltre, un obiettivo fondamentale di questa direttiva, risiede nell’integrazione dei mercati attraverso l’eliminazione dell’obbligo di concentrazione degli scambi, che aveva caratterizzato i mercati finanziari sino a quegli anni, nonché l’effettiva armonizzazione delle regole di condotta che tutti gli operatori dovranno adottare. La disamina di questa direttiva parte, però, da un contesto più generale, andando a toccare i motivi che hanno reso necessaria una revisione normativa in merito, dovuta dalle grandi crisi finanziarie che stanno caratterizzando il mercato finanziario negli ultimi decenni, e andando a verificare quali misure sono state prese dagli stati d’oltreoceano proprio in virtù di una maggiore efficienza ed efficacia dei mercati. Ho poi analizzato il nuovo processo di formazione delle leggi europee adottato dal comitato dei saggi presieduto da Lamfalussy, ideato per agevolare e snellire le modalità di adozione della normativa comunitaria nel settore dei servizi e dei mercati finanziari, facilitandone l’adeguamento ai rapidi sviluppi delle prassi commerciali in questo ambito. Tale approccio normativo fa parte delle misure previste dal piano di azione per i servizi finanziari allo scopo di rafforzare l'integrazione dei mercati finanziari e di innalzare il livello di armonizzazione della regolamentazione comunitaria in materia.
Nella relazione, il Comitato Lamfalussy ha proposto l’introduzione di nuove tecniche legislative e regolamentari basate su un approccio a quattro livelli e l’istituzione di due comitati incaricati di assistere la Commissione Europea nella formulazione delle proposte relative all’adozione degli atti normativi comunitari. I livelli in cui si articola l’approccio proposto dal Comitato Lamfalussy intendono accrescere l’efficienza e la trasparenza del processo di regolamentazione comunitaria nel settore dei valori mobiliari. Infine, ho ritenuto opportuno fare una sorta di confronto, se così si può chiamare, tra la MiFID e la Corporate Governance, individuando gli aspetti in comune e i principi adottati per risolvere eventuali tali problemi: mi riferisco ai requisisti organizzativi, ai conflitti di interesse, che negli ultimi anni hanno caratterizzato in negativo il mercato finanziario, nonché agli inducemnts quale elemento congiunto ai conflitti suddetti. Per dare, poi, un taglio più operativo alla tesi ho ritenuto necessario andare a vedere come le banche hanno messo in atto tali misure andando ad analizzare le varie relazioni sulla Corporate Governance e le policy di gestione dei conflitti di interesse nonché l’execution policy così da comprendere le modalità di svolgimento delle operazioni alla luce della nuova normativa e verificare oggettivamente la miglior tutela e la maggior informazione fornita al cliente. Per tutto questo lavoro ho preso ad esempio Intesa Sanpaolo in quanto è stata la prima grande banca ad utilizzare modelli di governante non tradizionali in ambito Italiano, nonostante in Europa fossero già largamente in uso, e sulla quale scia si sono successivamente mosse le altre banche a seguito delle loro fusioni dalle quali sono poi sorti gruppi di primaria importanza sia nel mercato domestico sia a livello continentale.
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