Tesi etd-03252020-022232 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MAIORINO, DONATO
URN
etd-03252020-022232
Titolo
IL "DIRITTO ALL'AMORE" DEL FIGLIO NELLA CRISI GENITORIALE
Una visione disincantata del diritto alla bigenitorialità
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Favilli, Chiara
Parole chiave
- Amore
- Bigenitorialità
- Crisi genitoriale
- Figlio
- Interest
- Minore
- Paternal alienation syndrome
- Shared residence
Data inizio appello
16/04/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
16/04/2090
Riassunto
L'elaborato mette in evidenza come l’amore –sentimento mai identico a se stesso ed estraneo a categorizzazioni- costituisce il fondamento della famiglia ed il minore "senza l’affetto dei genitori è come una pianta senz’acqua”; pertanto, il legislatore ha progressivamente tenuto conto della necessaria partecipazione affettiva di entrambe le figure genitoriali, anche quando queste non sono più sentimentalmente legate. Tuttavia, il diritto alla bigenitorialità; riconosciuto con la legge 8 febbraio 2006 n.54 tesa a sovvertire la prassi inveratasi secondo cui la monogenitorialità costituisse la forma ordinaria di regolamentazione dei rapporti in caso di crisi coniugale, ha subito un'applicazione distorta nella prassi giurisprudenziale. Infatti, nella giurisprudenza si è insediata l'idea per cui, in virtù del "best interest of child", è indispensabile prevedere una residenza abituale e garantire “il diritto di avere una relazione significativa e costante con il genitore collocatario”, al fine di evitare eventuali destabilizzazioni che in alcune fasi d’età risulterebbero essere frequenti. L'elaborato segue un fil rouge teso ad evidenziare come l'istituto di natura giurisprudenziale del collocamento prevalente conferito comunemente alla madre sottenda un "non confessato pregiudizio" tale da far emergere come,nonostante l’eguaglianza teorica delle figure genitoriali, la posizione del padre sia stata svilita nell’ambito dei provvedimenti adottati in caso di crisi familiare: la stessa figura genitoriale che più di quarant’anni fa costituiva il fulcro della famiglia, oggi - nonostante il diverso obiettivo della riforma in parola- risulta essere (ancora) meramente “titolare” di una responsabilità, in quanto l'esercizio della stessa nella realtà fattuale è fortemente depotenziato. Ne consegue, come corollario, che in molte circostanze, in virtù della forte fragilità del minore in un momento così difficile e soprattutto grazie anche ad un maggior tempo a disposizione - che la giurisprudenza maggioritaria non ritiene essere elemento determinante per garantire la bigenitorialità- il genitore incube tenti progressivamente d’incrinare la relazione del figlio con il genitore non collocatario, ingenerando nella prole quel fenomeno/incastro psicologico della Parental Alienation Syndrome (cd. PAS). Infine, in virtù del quadro delineato, l'indagine è tesa ad individuare delle possibili soluzioni partendo dalle considerazioni e dal modello della shared residence contenuti nella risoluzione n. 2079, adottata a maggioranza il 2 ottobre 2015 dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Tale risoluzione che è stata salutata dal d.d.l S/735 del 2018 come la definitiva consacrazione del diritto dei genitori a poter suddividere paritariamente, quasi al minuto, la vita dei figli, dimenticando che la stessa precisi che il figlio di persone separate o divorziate deve spendere quasi la stessa quantità di tempo con entrambi i genitori dopo la separazione e che quest’ultima deve sempre essere “aggiustata tenendo conto dei bisogni e degli interessi del minore”.
L’errore compiuto da tale disegno di legge è stato quello di aver impropriamente classificato la legge in vigore come Joint legal custody, anziché come Joint physical custody, confondendo le prescrizioni del legislatore con l’applicazione giurisprudenziale; ovvero nell’avere sostenuto che la normativa attuale prevedrebbe un genitore prevalente e che soltanto con l’intervento riformatore cesserebbero le differenze qualitative e quantitative fra gli stessi. Pertanto, la conclusione alla quale si giunge è che, per quanto sia innegabile la disfunzionalità applicativa della bigenitorialità, sarebbe più opportuno che fosse la stessa giurisprudenza ad adoperarsi al fine di garantire una "frequentazione" concreta quanto più possibile paritaria ad i figli con entrambi i genitori, poiché quando genitore e figlio trascorrono tempo insieme semplicemente "vivono insieme”.
L’errore compiuto da tale disegno di legge è stato quello di aver impropriamente classificato la legge in vigore come Joint legal custody, anziché come Joint physical custody, confondendo le prescrizioni del legislatore con l’applicazione giurisprudenziale; ovvero nell’avere sostenuto che la normativa attuale prevedrebbe un genitore prevalente e che soltanto con l’intervento riformatore cesserebbero le differenze qualitative e quantitative fra gli stessi. Pertanto, la conclusione alla quale si giunge è che, per quanto sia innegabile la disfunzionalità applicativa della bigenitorialità, sarebbe più opportuno che fosse la stessa giurisprudenza ad adoperarsi al fine di garantire una "frequentazione" concreta quanto più possibile paritaria ad i figli con entrambi i genitori, poiché quando genitore e figlio trascorrono tempo insieme semplicemente "vivono insieme”.
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