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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-03232022-203526


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
ROSSI, ELENA
Indirizzo email
e.rossi52@studenti.unipi.it, elena.rossi@phd.unipi.it, elenarouge12@gmail.com
URN
etd-03232022-203526
Titolo
Dry anaerobic digestion of the organic fraction of municipal solid waste in a plug-flow reactor for biochemicals and bioenergy recovery
Settore scientifico disciplinare
ICAR/03
Corso di studi
INGEGNERIA DELL'ENERGIA, DEI SISTEMI, DEL TERRITORIO E DELLE COSTRUZIONI
Relatori
tutor Prof. Iannelli, Renato
tutor Ing. Pecorini, Isabella
Parole chiave
  • dry anaerobic digestion
  • plug-flow reactor
  • volatile fatty acids
  • organic fraction of municipal solid waste
  • biogas
  • ammonia inhibition
  • regression analysis
  • life cycle assessment
Data inizio appello
08/04/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
08/04/2092
Riassunto
ITALIANO
In accordo con il New Green Deal, il quadro politico sta cambiando rapidamente per raggiungere uno sviluppo globale sostenibile. In un contesto così dinamico, allo sviluppo tecnologico è chiesto di risolvere sfide impegnative come limitare l'esaurimento delle risorse vergini, ridurre la produzione di rifiuti e fornire mercati per le materie prime seconde.
Nel settore della gestione dei rifiuti, la strategia sulla bioeconomia ed il piano d'azione dell'economia circolare sono i pilastri che guidano verso la transizione ecologica. Focalizzandosi sui rifiuti organici biodegradabili, il concetto di bioraffineria anaerobica si adatta pienamente ai principi delle linee guida precedentemente citate. Infatti, una bioraffineria converte i rifiuti organici in bioprodotti come il biogas, i fertilizzanti o i biochemicals che hanno un elevato valore economico. Anche se il concetto di bioraffineria non è completamente nuovo, in passato la ricerca ha promosso schemi che trattano rifiuti liquidi o a basso tenore di solidi. Al contrario, ci sono poche informazioni relative alle bioraffinerie anaerobiche a secco. Tuttavia, quest'ultimo sistema presenta diversi vantaggi rispetto ai processi ad umido: sono adatti a trattare rifiuti organici con un alto contenuto di solidi con l'aggiunta minima di acqua e sono capaci di trattare elevati carichi organici. Inoltre, i processi anaerobici a secco si stanno diffondendo rapidamente nell'Unione europea.
Pertanto, questo lavoro propone lo studio di una nuova bioraffineria anaerobica a secco per convertire la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) in biochemicals e bioenergia. Per la prima volta, viene applicato un reattore plug-flow come configurazione reattoristica per una bioraffineria anaerobica a secco, e la sua idoneità è stata testata tramite prove sperimentali su scala pilota. Per quanto riguarda il substrato, la FORSU è la maggiore frazione solida e biodegradabile dei rifiuti solidi urbani (RSU), e si prevede che aumenterà grazie della progressiva implementazione della raccolta differenziata.
La potenzialità della bioraffineria anaerobica a secco proposta è stata valutata considerando come principali output del processo il biogas come vettore energetico, il digestato come ammendante e gli acidi grassi volatili (AGV) come materie prime seconde di alta qualità. In particolare, gli AGV sono prodotti intermedi nel processo anaerobico la cui produzione può essere incrementata impostando il reattore alle condizioni operative appropriate, ad esempio variando il carico organico, il pH o il tempo di ritenzione idraulica. Inoltre, gli AGV sono composti di base in numerosi processi chimici.
Passando ai risultati, i test a scala di laboratorio hanno mostrato che la FORSU raccolta dal distretto italiano oggetto di studio aveva un tenore medio di solidi pari al 42% e adatto ad un processo anaerobico a secco. La composizione della FORSU è risultata influenzata dal sistema di raccolta: i contenitori stradali hanno mostrato un contenuto maggiore di frazioni non compostabili e indesiderabili (22%) rispetto al sistema porta a porta (6%); invece, la variazione stagionale ha influenzato la produzione potenziale di metano: le massime produzioni si sono misurate in primavera ed estate (272 ± 23 NLCH4/kgVS) rispetto all'autunno e all'inverno (238 ± 14 NLCH4/kgVS), perchè il contenuto di lignina è risultato minore.
Relativamente ai risultati delle attività sperimentali a scala pilota, la massima concentrazione (12136 mg/L), produttività (823,42 mg/L d) e resa (46,4 mgVFA/gVS) di AGV si sono ottenute quando il carico organico è stato impostato a 14 gVS/(L d). Il propionato (64,3%) è risultato l'AGV prevalente, seguito dagli acidi isovalerico (15,7%) e butirrico (9,62%). In queste condizioni operative, il tasso di produzione di gas (GPR) è aumentato del 45,4% rispetto al carico organico inferiore che è stato testato. Il massimo GPR (5,11 NLbiogas/(Lr d)), è stato raggiunto impostando il tempo di ritenzione idraulica a 17 giorni e aumentando il rapporto C/N della materia prima che ha agito contro l'inibizione da ammoniaca. Grazie a specifici campionamenti, si è potuto verificare che la concentrazione di AGV nel reattore plug-flow aveva un andamento parabolico con un massimo nella zona centrale. Entrando più nel dettaglio dell'ecologia batterica, il genere Defluviitoga sp. è risultato prevalente rispetto alle altre specie batteriche ed è stato ritenuto il principale responsabile dell'idrolisi dei polisaccaridi complessi alle estremità del digestore; invece, specie non ancora identificate della famiglia delle Lentimicrobiaceae e dei Proteiniphilum sono state ritenute responsabili della produzione di propionato nelle sezioni centrali del reattore. Per quanto riguarda la produzione di biogas, un modello di regressione lineare multipla che include come predittori il contenuto di solidi volatili, il carico organico, il rapporto C/N ed il contenuto di lignina è stato in grado di descrivere e prevedere la produzione specifica di metano del sistema mostrando un buon compromesso in termini di adattamento, capacità predittiva e numero di predittori.
Infine, le performance ambientali di una bioraffineria, in cui gli AGV sono ulteriormente valorizzati in poliidrossialcanoati (PHAs) tramite processi biologici, hanno mostrato criticità ambientali ed economiche legate principalmente al processo di estrazione dei PHAs. Pertanto, i risultati hanno suggerito una duplice alternativa: potenziare le prove sperimentali per raggiungere un livello tecnologico del processo di estrazione più elevato oppure considerare modalità di valorizzazione del flusso di AGV alternative e volte al recupero di bioprodotti più competitivi ed ecosostenibili (es. esteri etilici).
I risultati raggiunti durante questa attività triennale sono incoraggianti e mostrano la potenziale applicazione dello schema proposto di bioraffineria anaerobica a secco per recuperare AGV e biogas dalla FORSU. Gli sforzi futuri dovrebbero essere dedicati a un'indagine approfondita della sostenibilità economica dell'intero processo.

ENGLISH
According to the New Green Deal, the policy framework is rapidly changing with the aim of achieving global sustainable development. In such a dynamic context, technological development is asked to rapidly address challenging objectives such as avoiding resource depletion, waste production and providing markets for secondary high-quality raw materials.
Within the waste management sector, the Bioeconomy strategy and the Circular Economy Action Plan are two main pillars guiding towards the ecological transition. As far as organic biodegradable waste is concerned, the concept of anaerobic biorefinery fully fits the principles of the above-mentioned guidelines. Indeed, this management strategy exploits organic waste streams in more valuable bioproducts e,g., biogas, fertilizers or biochemicals. Although this concept is not completely new, in the past the research has promoted schemes operating with high water content as well as treating liquid waste streams. In contrast, within the scientific literature, little information is available on dry anaerobic biorefineries. Nevertheless, these systems present several advantages over the wet processes because they are suitable to treat organic waste streams with high solid content using minimal water addition and can handle a higher organic loading rate than the wet processes. Furthermore, dry anaerobic processes are spreading across the European Union.
In the light of such considerations, this work proposes the study of a novel dry anaerobic biorefinery to convert the organic fraction of municipal solid waste (OFMSW) into biochemicals and bioenergy. For the first time, a plug-flow reactor is applied as configuration for a dry anaerobic biorefinery, and its suitability in the biorefinery scheme is tested by pilot-scale experimental tests. Regarding the substrate, OFMSW represents the largest solid and biodegradable component of municipal solid waste (MSW) which is expected to increase due to the progressive implementation of separate collection.
The potentiality of the proposed dry anaerobic biorefinery was assessed considering biogas as energetic vector, digestate as soil improver and volatile fatty acids (VFAs) as high-quality secondary raw materials. Specifically, VFAs are intermediates in the anaerobic process whose production can be boosted by setting the reactor to the appropriate operating conditions e.g., organic loading rate (OLR), pH or hydraulic retention time (HRT). Moreover, VFAs can be used as chemical building blocks in various industries resulting in high value bioproducts.
Moving to the results, the laboratory scale tests showed that the OFMSW collected from the Italian district under study had an average solid content (42%) suitable for a dry anaerobic process. The collection system affected the composition of OFMSW: road containers showed a higher content of non-compostable and undesirable fractions (22%) than the door-to-door system (6%). Instead, seasonal variation influenced the potential methane production: spring and summer gave higher production (272 ± 23 NLCH4/kgVS) than autumn and winter (238 ± 14 NLCH4/kgVS) due to the lower lignin content.
Turning to the pilot-scale tests, the maximum VFA concentration (12136 mg/L), productivity (823.42 mg/L d) and yield (46.4 mgVFA/gVS) were obtained when the OLR was set to 14 gVS/(L d). Propionate (64.3%) dominated, followed by iso-valeric (15.7%) and butyric acids (9.62%). Under such operating conditions, gas production rate (GPR) increased by 45.4% compared to the lower OLR tested. However, the maximum GPR (5.11 NLbiogas/(Lr d)), was achieved by setting the HRT to 17 days along with the progressive increase in the C/N ratio of the feedstock ratio which acted against ammonia inhibition. Thanks to specific sampling campaigns, it was understood that VFA concentration in the PFR had a parabolic trend with a maximum in the middle zone closer to the outlet. Going into more detail about the bacterial ecology, genus Defluviitoga sp. prevailed over other bacterial species, being putatively the main responsible of hydrolysing complex polysaccharides at the digester extremities, while yet-unidentified species of the Lentimicrobiaceae family and Proteiniphilum were putatively identified as being responsible for propionate production in the central sections of the reactor. As far as biogas production is concerned, a multiple linear regression model including volatile solid content of the feedstock, OLR, C/N ratio, and lignin content as predictors was able to remarkably describe and predict the specific methane production of the system showing a good compromise in terms of fitting, predict ability and number of predictors.
Finally, the environmental performances of such a biorefinery scheme, in which VFAs were further valorised into polyhydroxyalkanoates (PHAs), showed environmental and economic criticalities principally related to the PHAs extraction process. Therefore, the results suggested a twofold alternative: to boost on experimental tests to reach a higher readiness technological level of the downstream process or to divert the VFA-rich stream to alternative valorisation scenarios aiming at recovery different, more competitive, and environmentally sustainable bioproducts (i.e., ethyl esters).
The results achieved during this three-year activity are encouraging and show the potential application of the proposed dry anaerobic biorefinery scheme to recover VFAs and biogas from OFMSW. Future efforts should be devoted to a deep investigation of the economic sustainability of the entire process.
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