Tesi etd-03232021-101815 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
SCIANDRA, FRANCESCA
URN
etd-03232021-101815
Titolo
Identificazione di biomarcatori predittivi di risposta ai trattamenti farmacologici in pazienti affetti da tumore del rene tramite biopsia liquida: dati preliminari dello studio Vampire
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
FARMACIA
Relatori
relatore Prof.ssa Martelli, Alma
correlatore Dott.ssa Del Re, Marzia
correlatore Dott.ssa Del Re, Marzia
Parole chiave
- Biomarcatori predittivi
- Biopsia liquida
- Immunoterapia
- Immunotherapy
- Inibitori della tirosin-chinasi
- Liquid biopsy
- Next Generation Sequencing
- Predictive biomarkers
- Renal cell carcinoma
- TKIs
- Tumore del rene
Data inizio appello
21/04/2021
Consultabilità
Completa
Riassunto
Introduzione: Il carcinoma a cellule renali (RCC) rappresenta il sesto cancro più frequentemente diagnosticato negli uomini e il decimo nelle donne. Negli ultimi 12 anni, il trattamento per RCC è passato da un approccio immunitario aspecifico a una terapia mirata contro i recettori tirosin-chinasici e ora a nuovi agenti immunoterapici. L’approccio che offre numerose opportunità per il trattamento di RCC è l’oncologia di precisione. Tuttavia, nell'attuale contesto terapeutico urge la necessità di validare nuovi biomarcatori per personalizzare al meglio le strategie di trattamento col fine ultimo di ottenere un miglioramento della sopravvivenza ed evitare tossicità. L’obiettivo dello studio è quello di descrivere l’assetto mutazionale nei pazienti affetti da RCC mediante DNA tumorale circolante (ctDNA) e quindi individuare un biomarcatore predittivo di risposta al trattamento.
Materiali e metodi: Sono stati raccolti i prelievi al basale di 48 pazienti, affetti da RCC metastatico, trattati con nivolumab più ipilimumab, sunitinib, cabozantinib e pazopanib. L’estrazione di ctDNA da campioni di plasma è stata effettuata mediante MagMAX Cell-Free Total Nucleic Acid Isolation Kit (Thermo Fisher Scientific). La Next Generation Sequencing sul ctDNA è stata eseguita mediante un pannello precostituito composto da 52 geni: Oncomine Pan-Cancer Cell-Free Assay (Thermo Fisher Scientific).
Risultati: Sono stati valutati 48 pazienti, divisi in quattro coorti omogenee di trattamento: 12 pazienti trattati con nivolumab più ipilimumab, 12 con sunitinib, 12 con cabozantinib e 12 con pazopanib. I pazienti sono stati stratificati sulla base delle concentrazioni di ctDNA, il cui valore, sulla base di una ROC è risultato 0.883 ng/µL. È stata, quindi, valutata la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in funzione del miglior cut-off di ctDNA mostrando una differenza significativa nella coorte totale dei pazienti e nelle singole classi di trattamento TKIs ed immunoterapia. Il tempo mediano, rispettivamente di 7.2 mesi, 2.1 mesi e 13.8 mesi, è stato raggiunto solo dai pazienti presentanti ctDNA > 0.883. L’analisi della sopravvivenza globale (OS), invece, è risultata essere significativa per la coorte totale dei pazienti e il gruppo trattato con immunoterapia con un mOS di 23.9 mesi e 2.3 mesi nei pazienti con ctDNA > 0.883. È stata, quindi, osservata una correlazione significativa tra ctDNA e risposta al trattamento sul totale dei pazienti (p=0.0059), nel gruppo trattato con TKIs (p=0.0390) e con immunoterapia (p=0.0424). Inoltre, stratificando i pazienti attraverso la combinazione di due variabili indipendenti quali ctDNA ≥ e < di 0.883 e numero di mutazioni ≥ e < di 3 è risultato che i pazienti aventi concentrazioni di ctDNA ≥ 0.883 e numero di mutazioni < 3 presentavano una mPFS più bassa (7.2 mesi). Ciò conferma il ctDNA come unica variabile responsabile di valori di PFS inferiori. Inoltre, il gene più frequentemente mutato è risultato essere TP53. I pazienti sono stati stratificati in base alla presenza/assenza di TP53 e successivamente combinando le variabili indipendenti: ctDNA ≥ e < di 0.883 e la presenza/assenza di TP53mut, ottenendo una mPFS più breve nei soggetti con TP53mut e con maggiore concentrazione di ctDNA e presenza di mutazioni.
Conclusioni: Lo studio supporta l'idea che il ctDNA e TP53 siano potenziali biomarcatori predittivi di risposta al trattamento. L’analisi, inoltre, si limita allo studio del gene più frequentemente mutato, ciò non toglie che analisi future potrebbero prendere in considerazione l'inclusione di altri geni. Inoltre, trattandosi di uno studio pilota condotto su una numerosità limitata, ulteriori analisi a validazione dei risultati ottenuti si rendono necessarie su una casistica più numerosa.
Materiali e metodi: Sono stati raccolti i prelievi al basale di 48 pazienti, affetti da RCC metastatico, trattati con nivolumab più ipilimumab, sunitinib, cabozantinib e pazopanib. L’estrazione di ctDNA da campioni di plasma è stata effettuata mediante MagMAX Cell-Free Total Nucleic Acid Isolation Kit (Thermo Fisher Scientific). La Next Generation Sequencing sul ctDNA è stata eseguita mediante un pannello precostituito composto da 52 geni: Oncomine Pan-Cancer Cell-Free Assay (Thermo Fisher Scientific).
Risultati: Sono stati valutati 48 pazienti, divisi in quattro coorti omogenee di trattamento: 12 pazienti trattati con nivolumab più ipilimumab, 12 con sunitinib, 12 con cabozantinib e 12 con pazopanib. I pazienti sono stati stratificati sulla base delle concentrazioni di ctDNA, il cui valore, sulla base di una ROC è risultato 0.883 ng/µL. È stata, quindi, valutata la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in funzione del miglior cut-off di ctDNA mostrando una differenza significativa nella coorte totale dei pazienti e nelle singole classi di trattamento TKIs ed immunoterapia. Il tempo mediano, rispettivamente di 7.2 mesi, 2.1 mesi e 13.8 mesi, è stato raggiunto solo dai pazienti presentanti ctDNA > 0.883. L’analisi della sopravvivenza globale (OS), invece, è risultata essere significativa per la coorte totale dei pazienti e il gruppo trattato con immunoterapia con un mOS di 23.9 mesi e 2.3 mesi nei pazienti con ctDNA > 0.883. È stata, quindi, osservata una correlazione significativa tra ctDNA e risposta al trattamento sul totale dei pazienti (p=0.0059), nel gruppo trattato con TKIs (p=0.0390) e con immunoterapia (p=0.0424). Inoltre, stratificando i pazienti attraverso la combinazione di due variabili indipendenti quali ctDNA ≥ e < di 0.883 e numero di mutazioni ≥ e < di 3 è risultato che i pazienti aventi concentrazioni di ctDNA ≥ 0.883 e numero di mutazioni < 3 presentavano una mPFS più bassa (7.2 mesi). Ciò conferma il ctDNA come unica variabile responsabile di valori di PFS inferiori. Inoltre, il gene più frequentemente mutato è risultato essere TP53. I pazienti sono stati stratificati in base alla presenza/assenza di TP53 e successivamente combinando le variabili indipendenti: ctDNA ≥ e < di 0.883 e la presenza/assenza di TP53mut, ottenendo una mPFS più breve nei soggetti con TP53mut e con maggiore concentrazione di ctDNA e presenza di mutazioni.
Conclusioni: Lo studio supporta l'idea che il ctDNA e TP53 siano potenziali biomarcatori predittivi di risposta al trattamento. L’analisi, inoltre, si limita allo studio del gene più frequentemente mutato, ciò non toglie che analisi future potrebbero prendere in considerazione l'inclusione di altri geni. Inoltre, trattandosi di uno studio pilota condotto su una numerosità limitata, ulteriori analisi a validazione dei risultati ottenuti si rendono necessarie su una casistica più numerosa.
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TESI_DI_...ANDRA.pdf | 3.69 Mb |
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