ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-03222015-192734


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BATTAGLINI, MONICA
URN
etd-03222015-192734
Titolo
I FILM COL VIDEOFONINO DI PIPPO DELBONO. Tra cinema-verità e cinema di poesia
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Ambrosini, Maurizio
correlatore Prof.ssa Lischi, Alessandra
Parole chiave
  • Videofonino
  • Delbono
  • cinema-verità
  • Festival
Data inizio appello
13/04/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Scopo di questo mio lavoro è attuare una riflessione inerente al fenomeno del videofonino come strumento di ripresa, analizzando e interrogandomi sui diversi punti di vista che lo pongono come fautore di nuovi linguaggi. Il cellulare in poco più di un decennio ha infatti visto mutare le proprie pratiche di utilizzo, inizialmente legate al semplice ascoltare, verso altre funzioni più legate al toccare/riprendere/guardare.
E non è un caso. Oggi siamo saturi, annegati nelle immagini.
L’apparecchiatura che attualmente concentra e riunisce la maggior quantità d’immagini, il computer, sta inghiottendo rapidamente tutto: stampa, televisione, cinema, comunicazioni e reti sociali. È un contenitore insaziabile che <<si pone come totem audiovisivo, mentre Internet si pone come un’autostrada che permette di soddisfare qualsiasi desiderio>> . La moltiplicazione delle immagini genera la sensazione che esse circolino a velocità maggiore: tutto sembra contagiato dall’immediatezza e dall’istantaneità ed esse si succedono velocemente le une alle altre. A quanto accennato bisogna aggiungere il modo in cui tali contenuti vengono disposti sul monitor: la presenza simultanea di più finestre che convivono sul medesimo schermo. Grazie a ciò l’utente unisce la visione all’interazione con le altre risorse del computer e ne deriva un’attenzione diffusa, rivolta a tutto e a niente, che sacrifica alcune delle premesse essenziali della visione tradizionale.
In parallelo, il cinema attraversa la peggior crisi della sua storia. Non si tratta solo del fatto che gli spettatori abbiano smesso di andare al cinema: è il concetto stesso di sala cinematografica ad essere stato trasformato.
Il cerimoniale della proiezione del film è stato svalutato ed equiparato ad un semplice atto di consumo; le nuove forme di visione hanno contaminato la precedente abitudine di abbandonarsi e di immergersi nel grande schermo. La fruizione individuale e il piccolo formato stanno eliminando l’esperienza collettiva della sala tradizionale, generando al tempo stesso una visione più diffusa e disponibile: a qualsiasi ora, in qualsiasi posto. Si afferma oggi l’inarrestabile potenza del digitale. L’ultima “fuga in avanti”, il cinema 3D, sembra avvicinarsi alle origini del film e allo stupore che generava e ai videogiochi, più che al mezzo di espressione artistica che conosciamo tradizionalmente come cinema.
In questo complesso panorama sono comparse le “immagini portatili”, ovvero le immagini generate mediante la tecnologia del cellulare, così chiamate per la leggerezza dello strumento che le rende possibili e che fa sì che esse siano sempre con noi, in tasca o nella borsetta.
Il loro mezzo principale di diffusione è Internet e sono prodotte da un nuovo apparecchio telefonico: il videofonino, oggetto che, nel momento in cui viene utilizzato come mezzo di ripresa, viene ad assumere il ruolo di “protesi” del nostro corpo e così facendo lo potenzia. Questa piccola videocamera è disponibile, discreta ed immediata, sconfigge pertanto sul tempo ogni altro mezzo di ripresa . Quello che era nato come telefono portatile e senza fili, si è trasformato oggi in un dispositivo che, a sua volta, minaccia di inghiottire anche il computer tradizionale.
L’ultima generazione, gli smartphone o telefoni intelligenti, sono accostabili al coltellino svizzero: servono a tutto. Si tratta di potenti gadget che concentrano ed attraggono in sé tutti gli usi miniaturizzati e portatili: ascoltare musica, navigare in Internet, scaricare file, giocare, intrattenere reti sociali, usare una macchina fotografica o una videocamera. All’interno di questo repertorio, le possibilità di catturare e trasmettere immagini pone la telefonia all’altezza dei grandi mezzi come la televisione.
Il telefono, medium personale, ha ormai abbandonato la sua natura puramente vocalica e si presenta pertanto come un oggetto dotato di poteri magici, capace di recare le immagini di cose e persone assenti. La fusione del digitale con le tecnologie mobili ha permesso a singoli individui di produrre e vedere film ad un costo molto basso, impossibile prima d’ora, anche in tempi brevissimi.
Il mio studio vuole dunque cercare di analizzare questo complesso fenomeno in cui noi siamo totalmente immersi e di cui facciamo esperienza ogni giorno, con la consapevolezza che il panorama è talmente vasto, che necessariamente bisognerà trascurare alcuni aspetti per evidenziarne altri.
Nella prima parte della tesi, dopo una breve storia del videofonino, mi sono soffermata sulle visioni profetiche di Vertov, Astruc e della stagione sperimentale Underground degli anni ’60 e ‘70, considerati suoi padri illustri soprattutto per quell’idea di occhio tecnologico più libero e perfetto rispetto a quello umano che in sé sintetizza le caratteristiche di leggerezza, velocità e sensibilità .
Ho poi sondato le caratteristiche di questo nuovo mezzo evidenziandone non solo i pregi, ma anche i difetti, legati in particolare alle nuove modalità di fruizione dei film che sempre più spesso avvengono direttamente dal piccolo schermo del cellulare.
Sono quindi passata ad analizzare alcune tipologie di mobile movie: i video-report di giornalismo occasionale, i video di famiglia e gli happy slapping (clip inscenate a bella posta per essere riprese e postate sui siti di condivisione), per poi arrivare a parlare dei primi documentari social movie creati dagli utenti stessi della rete e concretizzati dai registi premi Oscar Ridley Scott e Gabriele Salvatores: Life in a Day e Italy in a Day.
Ho terminato questa prima, lunga parte, con una riflessione sul problema della privacy legato alle riprese -anche illecite- effettuate dai possessori di cellulari che spesso diffondono informazioni riservate oppure filmano semplicemente scene di vita quotidiana (con ignari protagonisti) per poi metterle on line sul social network preferito: uno per tutti, Facebook.
Essendo docente di scuola superiore di secondo grado ho ritenuto opportuno anche inserire una breve sezione inerente la liceità dell’uso del videofonino in ambito scolastico, sondando le leggi che ne regolano l’utilizzo ed il conseguente problema legato alla privacy degli studenti, spesso minorenni e ad ogni modo sempre ignari delle conseguenze che possono derivare da un utilizzo scorretto (e a volte “selvaggio”) delle immagini “rubate” con questo strumento. Non mi sono soffermata solo sul cyberbullismo, ma ho evidenziato anche le potenzialità offerte dall’uso del videofonino a scuola, prima tra tutte quella di poter effettuare vere e proprie lezioni di regia e montaggio per un ampio numero di studenti.

Nella seconda parte ho sondato il vasto panorama dei festival dedicati al telefonino rivolti ai veri intenditori del “microschermo” in cui ci si interroga sulle nuove linee di demarcazione che separano le produzioni tradizionali con telecamere ad alta definizione e le microproduzioni quotidiane realizzate con videofonini o macchine fotografiche digitali.
In un tempo relativamente breve sono nati un gran numero di festival dedicati ai film per cellulare e non sorprende che spesso siano stati sponsorizzati dai produttori di telefoni e dalle compagnie telefoniche.
Alcuni tra questi hanno acquisito fama mondiale (si veda ad esempio il Festival Pocket Films di Parigi), mentre altri sono stati brevi meteore che ad ogni modo hanno contribuito ad arricchire un panorama sempre più vasto in cui il tascabile esce allo scoperto ed invade lo schermo.
Questa ricerca, poiché non esistono pubblicazioni interamente dedicate a tale fenomeno, è stata effettuata essenzialmente in rete ed ha evidenziato alcune criticità sia per limiti personali che per difficoltà oggettive. La prima è stata certamente la lingua: molti siti presentano dei contenuti scritti esclusivamente in lingua straniera (spesso francese e inglese, ma anche tedesca o olandese) e ciò ha reso spesso difficoltoso comprenderli a pieno. Problematico inoltre è stato capire per quante edizioni un Festival avesse avuto luogo e perché ad un certo punto avesse cessato di esistere. Presumo che le motivazioni siano essenzialmente di natura economica, ma non ho trovato alcuna documentazione che lo attesti. Infine un altro problema ha riguardato la visione dei lungometraggi o (più spesso) dei corti in concorso perché essi non sono più condivisi in rete (questa è -a mio parere- una contraddizione, perché si sta parlando di produzioni nate da un videofonino per essere condivise anche e soprattutto con gli utenti di Internet).
Visionando decine di film ho potuto notare che riprendere con il telefono portatile spinge spesso il filmmaker ad inscrivere il mezzo stesso all’interno del film. Nelle clip più creative infatti il cellulare non è solamente un generatore di nuove situazioni narrative, ma le sue differenti funzioni costituiscono “frontalmente” il soggetto del film. Un esempio è dato dal corto GPS yourself di Remi Boulnois che mostra un uomo che lancia il suo telefono in aria in modo che gli riporti una visione satellite dell’ambiente in cui si trova e che lo circonda .
Sebbene nel corso degli anni la qualità tecnica dell’immagine dei videofonini sia enormemente cambiata, aprendo a molte possibilità sia estetiche che tematiche, nei festival si continua ad affermare che si può fare cinema con qualunque cinepresa o videocamera, compresa quella del telefono cellulare; il valore cinematografico di un film sembra quindi risiedere nel suo progetto, non nella camera usata. Inoltre questi video appartengono ad un’ampia varietà di generi differenti: film di famiglia, lungometraggi e corti sperimentali, di finzione o documentari, cinegiornali amatoriali etc.
I festival dedicati ai cosiddetti Diy si sono diffusi ampiamente non solo in Europa, ma anche in America e nei paesi asiatici e solo recentemente tali iniziative sembrano aver subito una leggera flessione.

Nella parte finale di questo lavoro ho dedicato la mia attenzione allo studio del cinema di Pippo Delbono e dei film da lui realizzati interamente –o in parte- con il videofonino, provando a spiegare il perché di questa sua scelta e le conseguenze che ne derivano dal punto di vista narrativo e cinematografico.
L’uso della tecnologia leggera ben si adatta allo sguardo itinerante del regista ligure che, muovendosi sulle superfici di un mondo alienato, non esita a mostrare luoghi topici della società italiana, raccontando indifferentemente l’esclusione e l’emarginazione dei più deboli, la propria malattia o l’incontro con Bobò in un manicomio di Anversa, trasformando un diario poetico in una documentazione del reale.
Il mezzo leggero gli permette di effettuare ricerca e sperimentazione in un campo nuovo e ricco di possibilità, riprendendo e immortalando istanti di vita senza avere in mente alcuna sceneggiatura (<<se non quella data dalla vita>>, rivelerà il regista), ma lavorando essenzialmente sulla forza emotiva delle immagini, alla ricerca della verità e del senso della vita che sta dentro alle cose.
Ho in ultimo riflettuto sulle forme della soggettività del regista che emergono con una certa regolarità nei lungometraggi esaminati come la voce over o la grande mobilità della camera: ogni ripresa effettuata con il videofonino è infatti una soggettiva e come tale trasmette direttamente il suo sguardo .

Questo studio affronta dunque il fenomeno del cinema fatto con il videofonino da varie angolazioni. In poco più di un decennio è nata una nuova idea di esperienza filmica e la produzione con il videofonino sta progressivamente sondando le proprie possibilità audiovisive, alla ricerca di identità ed autonomia. Ciò che emerge è un fenomeno nuovo e mutevole dove non esiste più l’equazione grandi mezzi = professionalità contro piccoli mezzi = amatorialità. Il telefonino con videocamera permette un nuovo sguardo, una nuova libertà ed una nuova verità; il cinema si sposta nella strada, nella casa e infine nelle tasche della gente.
Come ha scritto Ethan Zuckerman:<<Se il cellulare è l’innovazione più importante del decennio, lo è grazie alla sua enorme penetrazione nel mondo, paragonata ad Internet (…). Il cellulare dotato di videocamera si rivela potente perché è pervasivo, personale e permette la creazione di contenuti da parte di chiunque>> .
File