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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03222015-154222


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CREATINI, FEDERICO
URN
etd-03222015-154222
Titolo
Per un quadro del conflitto sociale in Lucchesia.Il caso della Cucirini Cantoni Coats da un primo studio del fondo archivistico della Federazione lucchese del PCI, custodito presso l'Istituto storico della Resistenza e dell'Eta Contemporanea di Lucca.
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTA'
Relatori
relatore Baldissara, Luca
controrelatore Fulvetti, Gianluca
Parole chiave
  • Conflitto sociale
  • crisi
  • Cucirini Cantoni Coats
  • fordismo
  • industrializzazione
  • lotta di fabbrica
  • Lucca
  • Lucchesia
  • modernizzazione
  • neoliberismo
  • secolarizzazione
  • sindacato
  • società cattolica
  • sviluppo
  • trasformazione
Data inizio appello
13/04/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro, nato da un primo studio del Fondo della federazione provinciale del PCI di Lucca (custodito presso l'Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea), si occupa di ricostruire le dinamiche del conflitto sociale tra anni Sessanta e anni Settanta partendo da un singolare caso di studio come quello lucchese. L'osservatorio scelto è stato quello della multinazionale Cucirini Cantoni Coats, tra le aziende più importanti nel settore tessile italiano: una scelta non casuale, poiché chi vi parla è fermamente convinto della marcata interconnessione presente tra i vari livelli "geografici" nel corso di un arco di tempo così turbolento.
Al di là di una presentazione quantomeno cronachistica (seppur non esente da interpretazioni) in riferimento agli anni dell'immediato secondo dopo guerra, la disponibilità del carteggio ha reso possibile una dettagliata problematizzazione della fascia cronologica presa in esame, cercando di intrecciare una tela in grado di fornire, tra comparazione e singolarità, una quadro il più possibile completo delle vicende della Lucchesia. Il case study, nella sua dinamicità, presenta aspetti molto interessanti se si considera la natura "per antonomasia" socialmente tranquilla della zona, caratterizzata dalla forte ed atavica influenza cattolica e dallo stringente dominio politico democristiano, pur all'interno della rossa Toscana.
Fattori non secondari, che mi hanno permesso -anche in ottica comparativa- di valutare l'origine e l'evoluzione delle forme di conflitto, partendo, certo, dalla Cantoni, ma anche e soprattutto dalle influenze che i processi di "modernizzazione senza sviluppo" e di "secolarizzazione" riversarono e rivestirono sul mutamento sociale e sul ciclo produttivo. Da qui, l'emergere di particolari caratteristiche della classe operaia (intesa anche come storia di genere, vista l'assoluta maggioranza di operaie), del padronato, ma anche della natura economica della provincia, studiando il progredire dell'industrializzazione e la formazione, maturata attraverso il lavoro sindacale, di un coscienza di fabbrica che, col finire degli anni Sessanta, avrebbe finito con l'assumere termini classisti.
Sta qui, di fatti, l'altro nodo fondamentale. Quello di leggere il conflitto come processo di estensione democratica, come mezzo per soddisfare quelle domande alle quali una classe politica viziata dall"immobilismo" (e lo studio stesso dell'Ente locale, in una terra a maggioranza assoluta democristiana, può divenire un campo di indagine molto interessante) non sembrava in grado di trovare risposte, lasciando la tutela dei diritti costituzionali al di fuori dei cancelli delle fabbriche. Osserveremo pertanto questa lotta assumere, con la rottura del "secondo biennio rosso", caratteri sociali, grazie alla spinta degli organi di rappresentanza verso la creazione di un sindacato non più "per" i lavoratori, ma "dei lavoratori".
Entrando nel processo di "conflittualità permanente", per questa via, si sarebbero successivamente rotti quei rigidi "steccati cattolici e laici" che l'avevano fatta da padrone, portando, attraverso una nuova dimensione, sì, rivendicativa, ma più partecipativa e propositiva, all'emergere di nuove esigenze, riflesse dalla stessa stagione "dei diritti civili"e dal persistere della lotta nelle fabbriche contro la cassa integrazione e per il miglioramento di salari e condizioni di lavoro.
A questo crollo ideologico, anche a livello locale avrebbero fatto comunque seguito le dinamiche della crisi del 1974 e della frattura tra istituzioni e società civile, lasciando il sindacato in una dimensione sostitutiva che, non trovando più dialogo nel consociativismo politico, ne avrebbe segnato un inesorabile declino verso il "riflusso". Crolla così il "classismo" in favore dell'"individualismo", crolla la prospettiva di uno Stato sociale più solido che sembrava aver trovato uno dei suoi punti di partenza nelle vertenze dell'1%: si aprono le porte ad una società più radicale, ad una crisi "dinamica" che, collocabile nel pieno degli anni Settanta, li configura come gateway, punto di arrivo e di inizio nell'ottica -cara alla storiografia- di continuismo e rottura. Il tutto mentre la Cantoni, dopo le minacce di dislocamento, concretizzava la sua svolta neoliberista nel decentramento produttivo, lasciando il panorama industriale lucchese legato a piccole e medie imprese che ne plasmavano i caratteri- secondo la felice definizione di Bagnasco- di città "della terza Italia".
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