Tesi etd-03212022-102017 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
RUSCONI, SARA
URN
etd-03212022-102017
Titolo
Non solo un "Ovidio illustrato": Rubens e il ciclo della Torre de la Parada di Filippo IV
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Farinella, Vincenzo
Parole chiave
- 600
- FilippoIV
- Metamorfosi
- Ovidio
- Rubens
- Spagna
Data inizio appello
14/04/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
14/04/2092
Riassunto
La Torre de la Parada, uno dei cosiddetti “siti reali”, era un casino di caccia ideato per ospitare il re e il suo entourage, situato nelle colline di El Pardo, alla periferia di Madrid. Le sue origini risalgono al 1547-1549 ma è negli anni ’30 del Seicento che, con il monarca Filippo IV, avviene un’importante trasformazione architettonica e decorativa dell’edificio. In questa occasione, il re commissionò un gran numero di dipinti ad alcuni dei più importanti pittori associati alla corte spagnola. Ciò fece sì che questo luogo diventasse uno dei punti di riferimento per la storia della pittura fiamminga e spagnola del periodo. La fonte principale per la composizione pittorica della Torre è l’inventario redatto nel 1700, in occasione della morte di Carlo II, il quale descrive un totale di 173 dipinti, la maggior parte di artisti fiamminghi e spagnoli. Molte rappresentazioni sono state raggruppate in varie serie, i cui soggetti sono legati al carattere rurale, venatorio e cortese del luogo. C’era un grande ciclo di storie mitologiche, numerosi dipinti raffiguranti animali, diversi ritratti di membri della famiglia reale, scene di caccia e un importante gruppo di opere religiose che adornavano l'oratorio. Il gruppo più iportante, quello con cui l’edificio è più comunemente identificato e che ho preso maggiormente in esame in questo mio studio, consiste in sessantatré dipinti a carattere mitologico, generalmente basati sulle Metamorfosi di Ovidio, che furono commissionati a Rubens, il pittore più celebre e rinomato nell’Europa della prima metà del Seicento. Purtroppo, a causa dell’assenza di documentazione, non siamo a conoscenza di chi selezionò i temi dei dipinti, né se vi fosse uno specifico filo conduttore che legasse le diverse opere tra loro. E poiché il primo inventario risale a una data relativamente tarda non sappiamo se descrive l'ordine originale delle scene o se sia avvenuta una ridistribuzione delle opere.
Uno studio fondamentale che ha offerto un grande contributo per il ciclo della Torre è stato quello di Svetlana Alpers: The decoration of Torre de la Parada, pubblicato nel 1971. La studiosa americana ha intrapreso un’accurata lettura degli inventari e di ciò che si conserva della corrispondenza tra Filippo IV e Cardinale-Infante Ferdinando, fratello del monarca, al fine di ricostruire, per quanto possibile, le fasi che hanno portato alla realizzazione di uno dei più vasti cicli pittorici della storia dell’arte. La Alpers ha così riunito in un unico volume le informazioni emerse da altri precedenti studi, chiarendo alcune imprecisioni inerenti anche agli inventari successivi, dando corpo ad un lavoro di imprescindibile importanza. Tale scritto è stato, infatti, il punto di partenza per un mio primo approccio allo studio della serie di Filippo IV. Il primo capitolo della mia tesi, infatti, mira a sintetizzare l’esteso scritto della Alpers, al fine si porre maggiore attenzione a quelle che sono state le conclusioni finali della studiosa riguardo il senso totale della serie e la collocazione stessa delle opere all’interno del casino di caccia. La Alpers, infatti, partendo dal presupposto che il primo inventario del 1700 fosse quello che riflettesse la sistemazione originale all’interno dell’edificio, arriva a concludere che l’ordine delle opere non seguisse alcun tipo di criterio logico e che non esistesse un senso e un significato generale. L’intento di Rubens e del suo committente, perciò, fu quello di realizzare un personale Ovidio illustrato dove si desse maggiore spazio e rilevanza non tanto alle trasformazioni metamorfiche, quanto alle emozioni, drammatiche e passionali, dei protagonisti coinvolti. Secondo la Alpers, l’intento primario di ogni rappresentazione era appunto quello di umanizzare le divinità che, come anche i comuni esseri umani, sono trascinati nel turbinio di sentimenti, positivi e negativi, che scaturiscano dalle forti passioni.
Sebbene la studiosa americana abbia sviluppato considerazioni argute e brillanti vi sono due punti del suo elaborato che non mi hanno pienamente convinto. Prima di tutto, ritengo che sia alquanto improbabile riuscire a definire con certezza che l’inventario del 1700 ci dia l’esatto ordine della collocazione delle tele all’interno della Torre de la Parada. Se così fosse è lecito pensare che la serie non abbia alcun significato, dal momento che stessi soggetti e tematiche spesso sono disposti in stanze diverse dell’edificio. In secondo luogo, reputo che una serie di opere così ampia e realizzata in un arco di tempo così breve, non possa non avere alla base un significato progettuale che leghi le singole tele le une con le altre. Il secondo capitolo di questa mia tesi è stato incentrato, infatti, su studi successivi di altri storici dell’arte, in particolare sulle considerazioni che molti di loro hanno cercato di sviluppare in merito al senso collettivo della serie della Torre. Tuttavia, trattandosi di brevi saggi e articoli, molti di questi, seppur con alcune perplessità, sono partiti dal presupposto cardine della Alpers, ovvero che l’inventario del 1700 riflettesse la disposizione originale delle tele. Ciò ha fatto sì che nessuno di loro abbia apertamente messo in discussione le considerazioni di partenza della studiosa americana. Per tale ragione è con il terzo capitolo del mio elaborato che ho voluto intraprende in modo autonomo una personale riflessione sulla serie mitologica ideata da Rubens, soprattutto per quanto riguarda le tele a carattere mitologico. Innanzitutto, mi sono soffermata sul contesto storico in cui si inserisce la serie commissionata da Filippo IV, che reputo sia stato preso poco in considerazione nelle trattazioni precedenti, compreso in The decoration of Torre de la Parada. In particolare, ho voluto approfondire la personalità stessa del committente, il monarca di Spagna, il suo ruolo attivo nelle dinamiche di governo, i suoi interessi letterari ma soprattutto il perché avesse selezionato un certo numero di soggetti per il proprio casino di caccia. Questo, infatti, non aveva il medesimo peso e importanza pubblica di altri ambienti reali come il Buen Retiro o il Real Alcázar, dove quotidianamente soggiornavano ospiti illustri della corte reale spagnola. Si trattava di ambienti che avevano il compito di mostrare la forza e l’autorità della monarchia spagnola ed erano a tutti gli effetti il simbolo del potere reale. La Torre de la Parada, al contrario, era un ambiente piuttosto riservato, di cui non si attestano frequenti visite da parte di figure esterne alla corte.
Successivamente ho ritenuto vantaggioso intraprendere una rapida analisi delle tele a carattere mitologico seguendo l’ordine con cui tali episodi sono narrati all’interno delle Metamorfosi di Ovidio. In questo modo, non solo ho realizzato che il poema ovidiano, ampiamente conosciuto e riproposto in pittura, non sia stato l’unica effettiva fonte della serie, ma ho anche concluso che, dati i soggetti e i temi proposti, l’intento del ciclo fosse, oltre che dilettare, quello di ammonire e consigliare Filippo IV proponendogli buoni e cattivi esempi di virtù. Il fatto che la Torre de la Parada consistesse in un luogo tanto affasciante quando mi-sterioso, vista la sua riservatezza, non giustifica l’idea che la vasta serie di opere al suo interno non avessero alcun intento comunicativo. Ritengo, infatti, che l’arte abbia sempre un pubblico verso il quale condividere un messaggio e che, in questo caso specifico, corrispondesse a Filippo IV e al suo entourage.
The Torre de la Parada, one of the so-called 'royal sites', was a hunting lodge designed to house the king and his entourage, located in the hills of El Pardo on the outskirts of Madrid. Its origins date back to 1547-1549, but it was in the 1530s that an important architectural and decorative transformation of the building took place under King Philip IV. On this occasion, the king commissioned a large number of paintings from some of the most important painters associated with the Spanish court. This made this place one of the reference points for the history of Flemish and Spanish paintings of the period. The main source for the pictorial composition of the Tower is the inventory drawn up in 1700, on the occasion of the death of Charles II, which describes a total of 173 paintings, most of them by Flemish and Spanish artists. Many representations were grouped in various series, whose subjects were related to the rural, hunting and courtly character of the place. There was a large cycle of mythological stories, numerous paintings depicting animals, several portraits of members of the royal family, hunting scenes and an important group of religious works that adorned the oratory. The most important group, the one with which the building is most commonly identified and which I have examined most in this study, consists of sixty-three paintings of mythological character, generally based on Ovid's Metamorphoses, which were commissioned from Rubens, the most famous and renowned painter in Europe in the first half of the seventeenth century. Unfortunately, due to the lack of documentation, we do not know who selected the themes of the paintings, nor whether there was a specific thread linking the different works together. And since the first inventory dates from a relatively late date, we do not know whether it describes the original order of the scenes or whether there was a redistribution of the works.
A fundamental study that made a great contribution to the cycle of the Tower was that of Svetlana Alpers: The decoration of Torre de la Parada, published in 1971. The American scholar undertook a careful reading of the inventories and what is preserved of the correspondence between Philip IV and Cardinal-Infante Ferdinand, the monarch's brother, in order to reconstruct, as far as possible, the stages that led to the creation of one of the largest pictorial cycles in the history of art. Alpers has thus brought together in a single volume the information that has emerged from other previous studies, clarifying some inaccuracies inherent in later inventories and giving substance to a work of indispensable importance. This work was, in fact, the starting point for my first approach to the study of the Philip IV series. The first chapter of my thesis, in fact, aims to summarise Alpers' extensive writing, in order to pay more attention to her final conclusions regarding the total meaning of the series and the location of the works within the hunting lodge. Alpers, in fact, starting from the assumption that the first inventory of 1700 was the one that reflected the original arrangement of the building, came to the conclusion that the order of the works did not follow any kind of logical criterion and that there was no general sense and meaning. The intention of Rubens and his client was therefore to create a personal illustrated Ovid in which more space and relevance was given not to the metamorphic transformations but to the dramatic and passionate emotions of the protagonists involved. According to Alpers, the primary intention of each representation was precisely to humanise the divinities who, like ordinary human beings, are drawn into the turmoil of feelings, both positive and negative, that arise from strong passions.
Although the American scholar has developed witty and brilliant considerations, there are two points in her paper that have not fully convinced me. First of all, I think it is highly unlikely that the 1700 inventory gives us the exact order in which the paintings were placed in the Torre de la Parada. If this is the case, it is safe to assume that the series is meaningless, since the same subjects and themes are often placed in different rooms of the building. Secondly, I believe that such a large series of works created in such a short period of time, given its vastness, cannot fail to have an underlying design meaning that links the individual canvases to each other. The second chapter of my thesis focused, in fact, on subsequent studies by other art historians, in particular on the considerations that many of them tried to develop regarding the collective meaning of the Tower series. However, as short essays and articles, many of them, albeit with some misgivings, started from Alpers' basic assumption that the 1700 inventory reflected the original arrangement of the canvases. This has meant that none of them have openly questioned the American scholar's basic assumptions. For this reason, it is with the third chapter of my paper that I wanted to undertake my own reflection on the mythological series conceived by Rubens, especially with regard to the mythological canvases. First of all, I have looked at the historical context of the series commissioned by Philip IV, which I believe has not been taken into consideration in previous works, including The decoration of Torre de la Parada. In particular, I wanted to delve into the personality of the commissioner himself, the monarch of Spain, his active role in the dynamics of government, his literary interests but above all why he had selected a certain number of subjects for his hunting lodge. The hunting lodge did not have the same weight and public importance as other royal settings such as the Buen Retiro or the Real Alcázar, where illustrious guests of the Spanish royal court stayed every day. These rooms were intended to display the strength and authority of the Spanish monarchy and were to all intents and purposes a symbol of royal power. The Torre de la Parada, on the other hand, was a rather secretive environment, not often visited by figures from outside the court.
I then considered it advantageous to undertake a rapid analysis of the mythological paintings following the order in which these episodes are narrated in Ovid's Metamorphoses. In this way, not only did I realise that Ovid's poem, widely known and re-presented in painting, was not the only real source for the series, but I also concluded that, given the subjects and themes proposed, the intention of the cycle was not only to amuse but also to admonish and advise Philip IV by offering him good and bad examples of virtue. The fact that the Torre de la Parada was as fascinating as it was mysterious, given its secrecy, does not justify the idea that the vast series of works within it had no communicative intent. In fact, I believe that art always has an audience with whom it can share a message, and in this specific case, it was Philip IV and his entourage.
Uno studio fondamentale che ha offerto un grande contributo per il ciclo della Torre è stato quello di Svetlana Alpers: The decoration of Torre de la Parada, pubblicato nel 1971. La studiosa americana ha intrapreso un’accurata lettura degli inventari e di ciò che si conserva della corrispondenza tra Filippo IV e Cardinale-Infante Ferdinando, fratello del monarca, al fine di ricostruire, per quanto possibile, le fasi che hanno portato alla realizzazione di uno dei più vasti cicli pittorici della storia dell’arte. La Alpers ha così riunito in un unico volume le informazioni emerse da altri precedenti studi, chiarendo alcune imprecisioni inerenti anche agli inventari successivi, dando corpo ad un lavoro di imprescindibile importanza. Tale scritto è stato, infatti, il punto di partenza per un mio primo approccio allo studio della serie di Filippo IV. Il primo capitolo della mia tesi, infatti, mira a sintetizzare l’esteso scritto della Alpers, al fine si porre maggiore attenzione a quelle che sono state le conclusioni finali della studiosa riguardo il senso totale della serie e la collocazione stessa delle opere all’interno del casino di caccia. La Alpers, infatti, partendo dal presupposto che il primo inventario del 1700 fosse quello che riflettesse la sistemazione originale all’interno dell’edificio, arriva a concludere che l’ordine delle opere non seguisse alcun tipo di criterio logico e che non esistesse un senso e un significato generale. L’intento di Rubens e del suo committente, perciò, fu quello di realizzare un personale Ovidio illustrato dove si desse maggiore spazio e rilevanza non tanto alle trasformazioni metamorfiche, quanto alle emozioni, drammatiche e passionali, dei protagonisti coinvolti. Secondo la Alpers, l’intento primario di ogni rappresentazione era appunto quello di umanizzare le divinità che, come anche i comuni esseri umani, sono trascinati nel turbinio di sentimenti, positivi e negativi, che scaturiscano dalle forti passioni.
Sebbene la studiosa americana abbia sviluppato considerazioni argute e brillanti vi sono due punti del suo elaborato che non mi hanno pienamente convinto. Prima di tutto, ritengo che sia alquanto improbabile riuscire a definire con certezza che l’inventario del 1700 ci dia l’esatto ordine della collocazione delle tele all’interno della Torre de la Parada. Se così fosse è lecito pensare che la serie non abbia alcun significato, dal momento che stessi soggetti e tematiche spesso sono disposti in stanze diverse dell’edificio. In secondo luogo, reputo che una serie di opere così ampia e realizzata in un arco di tempo così breve, non possa non avere alla base un significato progettuale che leghi le singole tele le une con le altre. Il secondo capitolo di questa mia tesi è stato incentrato, infatti, su studi successivi di altri storici dell’arte, in particolare sulle considerazioni che molti di loro hanno cercato di sviluppare in merito al senso collettivo della serie della Torre. Tuttavia, trattandosi di brevi saggi e articoli, molti di questi, seppur con alcune perplessità, sono partiti dal presupposto cardine della Alpers, ovvero che l’inventario del 1700 riflettesse la disposizione originale delle tele. Ciò ha fatto sì che nessuno di loro abbia apertamente messo in discussione le considerazioni di partenza della studiosa americana. Per tale ragione è con il terzo capitolo del mio elaborato che ho voluto intraprende in modo autonomo una personale riflessione sulla serie mitologica ideata da Rubens, soprattutto per quanto riguarda le tele a carattere mitologico. Innanzitutto, mi sono soffermata sul contesto storico in cui si inserisce la serie commissionata da Filippo IV, che reputo sia stato preso poco in considerazione nelle trattazioni precedenti, compreso in The decoration of Torre de la Parada. In particolare, ho voluto approfondire la personalità stessa del committente, il monarca di Spagna, il suo ruolo attivo nelle dinamiche di governo, i suoi interessi letterari ma soprattutto il perché avesse selezionato un certo numero di soggetti per il proprio casino di caccia. Questo, infatti, non aveva il medesimo peso e importanza pubblica di altri ambienti reali come il Buen Retiro o il Real Alcázar, dove quotidianamente soggiornavano ospiti illustri della corte reale spagnola. Si trattava di ambienti che avevano il compito di mostrare la forza e l’autorità della monarchia spagnola ed erano a tutti gli effetti il simbolo del potere reale. La Torre de la Parada, al contrario, era un ambiente piuttosto riservato, di cui non si attestano frequenti visite da parte di figure esterne alla corte.
Successivamente ho ritenuto vantaggioso intraprendere una rapida analisi delle tele a carattere mitologico seguendo l’ordine con cui tali episodi sono narrati all’interno delle Metamorfosi di Ovidio. In questo modo, non solo ho realizzato che il poema ovidiano, ampiamente conosciuto e riproposto in pittura, non sia stato l’unica effettiva fonte della serie, ma ho anche concluso che, dati i soggetti e i temi proposti, l’intento del ciclo fosse, oltre che dilettare, quello di ammonire e consigliare Filippo IV proponendogli buoni e cattivi esempi di virtù. Il fatto che la Torre de la Parada consistesse in un luogo tanto affasciante quando mi-sterioso, vista la sua riservatezza, non giustifica l’idea che la vasta serie di opere al suo interno non avessero alcun intento comunicativo. Ritengo, infatti, che l’arte abbia sempre un pubblico verso il quale condividere un messaggio e che, in questo caso specifico, corrispondesse a Filippo IV e al suo entourage.
The Torre de la Parada, one of the so-called 'royal sites', was a hunting lodge designed to house the king and his entourage, located in the hills of El Pardo on the outskirts of Madrid. Its origins date back to 1547-1549, but it was in the 1530s that an important architectural and decorative transformation of the building took place under King Philip IV. On this occasion, the king commissioned a large number of paintings from some of the most important painters associated with the Spanish court. This made this place one of the reference points for the history of Flemish and Spanish paintings of the period. The main source for the pictorial composition of the Tower is the inventory drawn up in 1700, on the occasion of the death of Charles II, which describes a total of 173 paintings, most of them by Flemish and Spanish artists. Many representations were grouped in various series, whose subjects were related to the rural, hunting and courtly character of the place. There was a large cycle of mythological stories, numerous paintings depicting animals, several portraits of members of the royal family, hunting scenes and an important group of religious works that adorned the oratory. The most important group, the one with which the building is most commonly identified and which I have examined most in this study, consists of sixty-three paintings of mythological character, generally based on Ovid's Metamorphoses, which were commissioned from Rubens, the most famous and renowned painter in Europe in the first half of the seventeenth century. Unfortunately, due to the lack of documentation, we do not know who selected the themes of the paintings, nor whether there was a specific thread linking the different works together. And since the first inventory dates from a relatively late date, we do not know whether it describes the original order of the scenes or whether there was a redistribution of the works.
A fundamental study that made a great contribution to the cycle of the Tower was that of Svetlana Alpers: The decoration of Torre de la Parada, published in 1971. The American scholar undertook a careful reading of the inventories and what is preserved of the correspondence between Philip IV and Cardinal-Infante Ferdinand, the monarch's brother, in order to reconstruct, as far as possible, the stages that led to the creation of one of the largest pictorial cycles in the history of art. Alpers has thus brought together in a single volume the information that has emerged from other previous studies, clarifying some inaccuracies inherent in later inventories and giving substance to a work of indispensable importance. This work was, in fact, the starting point for my first approach to the study of the Philip IV series. The first chapter of my thesis, in fact, aims to summarise Alpers' extensive writing, in order to pay more attention to her final conclusions regarding the total meaning of the series and the location of the works within the hunting lodge. Alpers, in fact, starting from the assumption that the first inventory of 1700 was the one that reflected the original arrangement of the building, came to the conclusion that the order of the works did not follow any kind of logical criterion and that there was no general sense and meaning. The intention of Rubens and his client was therefore to create a personal illustrated Ovid in which more space and relevance was given not to the metamorphic transformations but to the dramatic and passionate emotions of the protagonists involved. According to Alpers, the primary intention of each representation was precisely to humanise the divinities who, like ordinary human beings, are drawn into the turmoil of feelings, both positive and negative, that arise from strong passions.
Although the American scholar has developed witty and brilliant considerations, there are two points in her paper that have not fully convinced me. First of all, I think it is highly unlikely that the 1700 inventory gives us the exact order in which the paintings were placed in the Torre de la Parada. If this is the case, it is safe to assume that the series is meaningless, since the same subjects and themes are often placed in different rooms of the building. Secondly, I believe that such a large series of works created in such a short period of time, given its vastness, cannot fail to have an underlying design meaning that links the individual canvases to each other. The second chapter of my thesis focused, in fact, on subsequent studies by other art historians, in particular on the considerations that many of them tried to develop regarding the collective meaning of the Tower series. However, as short essays and articles, many of them, albeit with some misgivings, started from Alpers' basic assumption that the 1700 inventory reflected the original arrangement of the canvases. This has meant that none of them have openly questioned the American scholar's basic assumptions. For this reason, it is with the third chapter of my paper that I wanted to undertake my own reflection on the mythological series conceived by Rubens, especially with regard to the mythological canvases. First of all, I have looked at the historical context of the series commissioned by Philip IV, which I believe has not been taken into consideration in previous works, including The decoration of Torre de la Parada. In particular, I wanted to delve into the personality of the commissioner himself, the monarch of Spain, his active role in the dynamics of government, his literary interests but above all why he had selected a certain number of subjects for his hunting lodge. The hunting lodge did not have the same weight and public importance as other royal settings such as the Buen Retiro or the Real Alcázar, where illustrious guests of the Spanish royal court stayed every day. These rooms were intended to display the strength and authority of the Spanish monarchy and were to all intents and purposes a symbol of royal power. The Torre de la Parada, on the other hand, was a rather secretive environment, not often visited by figures from outside the court.
I then considered it advantageous to undertake a rapid analysis of the mythological paintings following the order in which these episodes are narrated in Ovid's Metamorphoses. In this way, not only did I realise that Ovid's poem, widely known and re-presented in painting, was not the only real source for the series, but I also concluded that, given the subjects and themes proposed, the intention of the cycle was not only to amuse but also to admonish and advise Philip IV by offering him good and bad examples of virtue. The fact that the Torre de la Parada was as fascinating as it was mysterious, given its secrecy, does not justify the idea that the vast series of works within it had no communicative intent. In fact, I believe that art always has an audience with whom it can share a message, and in this specific case, it was Philip IV and his entourage.
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