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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03192013-160230


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
LATELLA, ANNAMARIA
URN
etd-03192013-160230
Titolo
Sciascia, il Poliziesco, il Cinema
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Cuccu, Lorenzo
Parole chiave
  • romanzo giallo
  • cinema civile
  • trasposizione filmica
  • Sciascia
Data inizio appello
22/04/2013
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
22/04/2053
Riassunto
Il lavoro da me intrapreso vuole riflettere sullo stretto rapporto che intercorre tra Leonardo Sciascia e il poliziesco, e sull’attenzione data alla sua produzione letteraria da parte di numerosi registi.
Non solo autore di gialli, ma anche accanito lettore e fine teorico, Sciascia ha sempre usato le caratteristiche del giallo per veicolare messaggi di altra natura. Egli, infatti, svuota il giallo della sua componente positiva e logico deduttiva per farne un mezzo espressivo con cui denunciare una società troppo spesso omertosa e silenziosamente accondiscendente alle brutture della mafia.
Per capire in che modo Sciascia attui questa sorta di rovesciamento, è opportuno risalire alle origini del genere: il primo capitolo della tesi sarà quindi dedicato alla storia del romanzo poliziesco nel mondo e in Italia, alle continue evoluzioni formali e contenutistiche subite nel corso degli anni, alle sue caratteristiche specifiche, alla definizione e alla struttura del genere, a seconda che si tratti del romanzo enigma (classico) o del romanzo d’azione (hard boiled).
Spesso relegato all’interno della letteratura bassa e di consumo, il romanzo poliziesco ha attirato, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, un numero sempre maggiore di lettori, incuriositi da una struttura narrativa fissa (delitto-indagine-soluzione) che però permette infinite varianti. A partire dagli anni Trenta, si è sviluppato un filone parallelo (che sfocia nella nascita dell’hard boiled) che permette agli autori di soffermarsi su aspetti prima tralasciati e di stravolgere la struttura di base: l’indagine non è più il fulcro della storia, l’investigatore non è più così infallibile come nel poliziesco classico, la soluzione non sempre riesce a ristabilire l’ordine iniziale.
Sviluppatosi principalmente in ambito anglosassone e in Francia già nella seconda metà dell’Ottocento, il romanzo poliziesco non riesce ad avere la stessa fortuna in Italia, dove si afferma solo a partire dal 1929, grazie alla collana Libri gialli di Mondadori. I giallisti italiani, nel corso degli anni, tendono a contaminare il giallo inserendo al suo interno aspetti della vita reale che riflettono il degrado della società, la diffusione capillare della criminalità e la corruzione dei poteri pubblici. Sciascia è uno di questi.
Il lavoro proseguirà con un approfondimento sugli aspetti teorici riguardanti il giallo, attraverso l’analisi di due articoli e un saggio che lo stesso Sciascia dedica al genere. Più di ogni altro scrittore italiano del Novecento, infatti, Sciascia ha contribuito a legittimare il giallo come genere letterario, individuando aspetti specifici e punti critici su cui poter riflettere. Il suo discorso sul poliziesco prende le mosse da considerazioni sia di ordine storico, analizzando attentamente le origini del genere e stilando una sorta di elenco degli autori che maggiormente hanno contribuito ad una sua definizione, sia di ordine psicologico, prendendo le mosse da alcuni aspetti legati al rapporto domanda/offerta tra lettore e letteratura.
Sciascia approfondisce il discorso sulla figura del lettore: la ragione per cui il poliziesco ha tanto successo è una condizione di assoluto riposo intellettuale; il lettore si lascia trascinare da un flusso di corrente emotiva, non si affanna alla ricerca degli indizi, si affida all’investigatore. L’autore siciliano si sofferma poi su considerazioni che riguardano la parte finale del romanzo, quella che, di solito, contiene la soluzione del giallo. La soluzione, nel giallo classico, è dimostrazione dell’esistenza di Dio; il giallo senza soluzione diventa dunque dimostrazione della sua assenza, un’assenza non tanto religiosa quanto conoscitiva e dunque filosofica.
La seconda parte della tesi sarà dedicata all’analisi dei romanzi sciasciani e al loro corrispettivo filmico. Il secondo capitolo, infatti, è interamente incentrato sul confronto tra i due diversi metodi espressivi. I titoli presi in considerazione saranno Il giorno della civetta (1961) e l’omonimo film di Damiani (1968); A ciascuno il suo (1966) e l’omonimo film di Petri (1967); Il contesto (1971) da cui è tratto Cadaveri eccellenti di Rosi (1976); Todo modo (1972) e l’omonimo film di Petri (1976); Una storia semplice (1989) e l’omonimo film di Greco.
Ad ogni titolo sarà dedicato uno specifico paragrafo, diviso in due parti: una dedicata al romanzo, l’altra dedicata al film. Dopo averne esposto brevemente la trama, ogni romanzo sarà esaminato attraverso l’analisi della struttura narrativa, per determinare in che misura si differenzi dal romanzo poliziesco classico; verranno inoltre messi in evidenza i personaggi e i temi, al fine di individuare, all’interno della narrazione, alcune isotopie ricorrenti; infine, verrà esaminata la figura del narratore, con particolare attenzione alle strategie narrative utilizzate dall’autore siciliano. La parte dedicata ai film, invece, sarà suddivisa in tre blocchi: una breve sinossi; l’analisi della pellicola, con particolare riferimento sia agli elementi che richiamano il romanzo di partenza sia a quelli che invece se ne discostano; la messa a confronto dei due diversi tipi di struttura narrativa, al fine di poter individuare, anche visivamente, analogie e differenze presenti tra film e romanzo.
Le opere verranno dunque analizzate alla luce di varie teorie narrative, e messe a confronto. Verrà data particolare attenzione ad alcuni aspetti interessanti, quali ad esempio la struttura della narrazione letteraria in rapporto a quella filmica; la trattazione cinematografica dello spazio e del tempo narrativi; la fedeltà al testo e i problemi legati all’adattamento cinematografico; la perdita o l’esaltazione, nei film, della carica di denuncia che Sciascia pone all’interno dei suoi romanzi.
Il terzo e ultimo capitolo, vede riassunti tutti questi elementi; si cercherà di tracciare un filo comune tra i romanzi, individuandone caratteristiche e tematiche ricorrenti; si evidenzieranno le differenze strutturali rispetto alle regole dettate da Van Dine nel 1929 per una corretta realizzazione del romanzo poliziesco classico; si prenderà in considerazione, nei film, il livello di fedeltà al testo originale e verranno messi in evidenza quegli aspetti che invece permettono ai registi di allontanarsene, per creare opere autonome rispetto al romanzo; verrà dunque analizzata la capacità dei cineasti di entrare nelle dinamiche letterarie, elaborarle e riproporle al pubblico attraverso la realizzazione di opere cinematografiche. Lo scopo sarà quello di creare nuovi spunti di riflessione e di ricerca sugli aspetti che hanno contribuito a fare di Sciascia uno dei massimi autori del panorama letterario (e cinematografico) del Novecento.
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