logo SBA

ETD

Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03182023-140214


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MARULLO, CLAUDIA
URN
etd-03182023-140214
Titolo
IL VIRTUOSO CONNUBIO TRA NEUROSCIENZE E DISCIPLINA PROCESSUALPENALISTICA Dalla scientizzazione del processo penale alla processualizzazione del metodo scientifico
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Marzaduri, Enrico
Parole chiave
  • processo penale
  • neuroscienze
  • casi giurisprudenziali
Data inizio appello
17/04/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/04/2093
Riassunto
L’argomento oggetto di discussione concerne uno dei temi maggiormente dibattuti negli ultimi decenni, id est il rapporto sempre più complesso tra discipline giuridiche e discipline scientifiche; in particolare, il focus dell’attenzione vuole mirare a comprendere più nel dettaglio la relazione intercorrente tra l’ambito neuroscientifico e quello processualpenalistico. La trattazione iniziale riguarda l’ampio tema delle neuroscienze: partendo dalle primigenie intuizioni di Franz Joseph Gall circa la possibilità di sondare le parti più recondite dell’area cerebrale, fino ad arrivare all’elaborazione della teoria deterministica di matrice lombrosiana, per poi giungere ai più recenti spunti in seguito al famigerato “caso Gage”.
Verrà ulteriormente esaminata la inevitabile correlazione tra neuroscienze e saperi interdisciplinari, con una più minuziosa attenzione all’ambito della neuro-etica, la quale ci permette di analizzare temi di importanza non solo giuridica ma anche filosofica e morale, primo fra tutti il quesito circa l’esistenza o meno del libero arbitrio. Tuttavia, da tale quaestio consegue inevitabilmente un ulteriore dubbio relativo al significato da attribuire alla pena qualora ammettessimo l’inesistenza della libertà umana. Potremmo domandarci se sia possibile procedere ad una eliminazione tout court del trattamento sanzionatorio, alla luce di siffatto postulato. Se poi estendessimo il campo di riferimento anche ai fattori esterni, quali l’ambiente o la genetica, che certamente condizionano l’agire umano, il problema del trattamento punitivo diventa ancora più marcato ed è quindi necessario porre una attenta riflessione, onde evitare di sfociare nell’irrogazione di una pena inutiliter data. Si passano successivamente ad analizzare le varie implicazioni che derivano dalla trasposizione del sapere scientifico all’interno del processo penale, partendo dall’originario binomio del sistema inquisitorio e sistema accusatorio, entrambi parimenti bypassati in seguito all’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale del 1988, il quale ha prediletto un sistema che potremmo definire “misto”.
Il cuore della ricerca è incentrato sull’ingresso della nuova prova scientifica nel nostro ordinamento, tematica che porta con sé una considerazione sul rapporto intercorrente tra giudici e tecnici, che, in questa fase, si contendono la scena del processo: i primi abbisognano di integrare le loro conoscenze giuridiche con quelle scientifiche dell’esperto, senza però che ciò significhi abbandonarsi ad una fideistica concezione della scienza. Da questo punto di vista, una eccessiva fiducia riposta nell’opera di un soggetto specializzato potrebbe prospettare una deriva inaccettabile, ovverosia l’espropriazione del ruolo del giudice in favore della delega ad un perito, il quale, avvalendosi delle conoscenze insite nel proprio bagaglio culturale, potrebbe meglio addivenire alla risoluzione della vicenda sottoposta all’attenzione dell’autorità giudiziaria. Per scongiurare la concretizzazione di tale paventato rischio è opportuno che questi mantenga saldo il suo compito di organo giudicante, rappresentando una sorta di rasoio di Occam rispetto alla c.d. junk science, onde evitare di ricadere nel dogma illuministico, che, mutatias mutandis, potremmo sintetizzare con l’allegorica formula “giudice bocca della scienza”. Un’ultima chiosa concerne un raffronto con l’ordinamento statunitense, che per primo si è scontrato con detta tipologia probatoria, dovendo, pertanto, far fronte a tutte le conseguenze che ne sono derivate e determinando una notevole influenza anche all’interno dell’ordinamento italiano.
La trattazione conclusiva muove da una riflessione di matrice penalistico – sostanziale avente ad oggetto il concetto di imputabilità e il relativo giudizio per saggiare la capacità di intendere e volere in capo all’imputato e la sua pericolosità sociale, per far sì che una eventuale pronuncia assolutoria non sia sinonimo di recidivismo, con pericolose conseguenze per la società nel caso di commissione di nuovi reati. Al termine dell’elaborato si passano in rassegna i vari strumenti neuroscientifici impiegati per analizzare la veridicità delle dichiarazioni rese dai soggetti processuali, id est le tecniche di lie detection, tra le quali spiccano le ormai abbandonate “macchine della verità”, surclassate dalle più moderne metodologie all’uopo elaborate; arrivare a scandagliare le aree cerebrali; valutare tracce mnestiche di un determinato fatto all’interno della memoria del soggetto sottoposto a indagine, id est le tecniche di memory detecion. Dall’analisi delle strumentazioni de quibus è derivato, come conseguenza inevitabile, un raffronto con il piano costituzionale, rectius con le inderogabili garanzie costituzionali volte alla protezione dei fondamentali diritti umani. Conclude il capitolo la disamina di alcuni casi giurisprudenziali, per la cui soluzione si è resa necessaria l’applicazione delle summenzionate metodologie.
File