Tesi etd-03162012-104604 |
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Tipo di tesi
Tesi di specializzazione
Autore
SALVATORE, LISA
URN
etd-03162012-104604
Titolo
Studio di farmacogenetica prospettico nel trattamento con bevacizumab del carcinoma colorettale
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
ONCOLOGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
Parole chiave
- bevacizumab
- carcinoma colorettale
- farmacogenetica
Data inizio appello
03/04/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il fenomeno dell’angiogenesi, inteso come formazione di neovasi da una rete vascolare preesistente, rappresenta un evento fondamentale nella cancerogenesi, necessario per fornire al tumore il supporto indispensabile per la sua crescita e progressione. In ragione di ciò, l’angiogenesi costituisce un target farmacologico nella terapia anti-neoplastica.
Lo sviluppo e la successiva introduzione nella pratica clinica di agenti ad azione anti-angiogenica hanno rivoluzionato la terapia di molte neoplasie solide, tra cui il carcinoma colorettale (Colorectal cancer, CRC). Ad oggi, l’unico farmaco anti-angiogenico registrato per il trattamento in prima e seconda linea di questa neoplasia in stadio metastatico, in associazione a chemioterapia a base di fluoropirimidine, è bevacizumab. Si tratta di un anticorpo monoclonale ricombinante umanizzato diretto contro Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF), principale mediatore ad azione pro-angiogenica.
Studi clinici di fase III hanno dimostrato che l’associazione di bevacizumab a chemioterapici convenzionali, in prima linea di trattamento, migliora significativamente l’outcome di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico (metastatic Colorectal cancer, mCRC), rispetto alla sola chemioterapia.
Attualmente, i pazienti da sottoporre a trattamento con bevacizumab sono selezionati esclusivamente in base a criteri clinici, legati alle tossicità del farmaco. Questo dato, assieme al fatto che appare evidente che non tutti i pazienti beneficiano del trattamento con l’anti-VEGF o comunque non in eguale misura, rende necessaria l’identificazione di biomarcatori predittivi di efficacia di bevacizumab. È ipotizzabile che, in questo modo, il beneficio derivato dall’anti-angiogenico possa essere ottimizzato da una più accurata selezione dei pazienti, consentendo, allo stesso tempo, un risparmio sulle tossicità e sui costi legati al trattamento.
Recenti studi hanno suggerito un potenziale ruolo prognostico e/o predittivo di beneficio da bevacizumab di alcuni polimorfismi germinali di geni appartenenti al pathway di VEGF/VEGF Receptor (VEGFR). Specifiche varianti alleliche di questi geni sono in grado di modularne l’espressione e verosimilmente condizionare, in modo indiretto, la risposta all’anti-VEGF. Esperienze condotte nell’ambito di diverse neoplasie in fase metastatica, compreso il CRC, hanno investigato il ruolo predittivo e prognostico di alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (Single nucleotide Polymorphisms, SNPs) di VEGF e VEGFR su DNA genomico in pazienti trattati con bevacizumab. I risultati emersi, nel complesso piuttosto eterogenei, devono considerarsi non conclusivi e, quindi, non applicabili alla pratica clinica. Si tratta, infatti, di indagini condotte in modo retrospettivo e spesso carenti di un confronto con un gruppo di pazienti non trattati con bevacizumab. Inoltre, deve considerarsi che l’effetto di specifiche varianti geniche può essere variabile in patologie differenti, così come in relazione al trattamento chemioterapico somministrato insieme all’anti-VEGF.
Il nostro gruppo ha condotto uno studio esplorativo retrospettivo che ha mostrato un’ associazione tra il genotipo T/T del polimorfismo VEGF rs833061 ed un peggior outcome in pazienti con mCRC trattati in prima linea con FOLFIRI e bevacizumab.
La natura esplorativa ed il disegno retrospettivo di questo studio, assieme all’assenza di randomizzazione nel confronto tra i pazienti trattati e non con bevacizumab, implicano la necessità di una conferma prospettica dei risultati.
È stato quindi condotto uno studio di tipo prospettico che aveva come obiettivo primario quello di valutare il ruolo predittivo di efficacia di bevacizumab del polimorfismo VEGF rs833061 C/T, in una popolazione di pazienti con mCRC in trattamento di prima linea con FOLFIRI e bevacizumab. In considerazione del rapido accrual e dei promettenti risultati presentati all’ultimo congresso europeo su altri SNPs del pathway di VEGF/VEGFR, abbiamo deciso di includere un’ analisi confermatoria anche dei seguenti polimorfismi: VEGF rs699946 A/G e rs699947 A/C, VEGFR-1 rs9582036 A/C e rs7993418 A/G, VEGFR-2 rs11133360 C/T, rs12505758 C/T e rs2305948 C/T, EPAS-1 rs4145836 A/G.
Le analisi sono state eseguite presso i laboratori del Dipartimento di Oncologia Medica diretto dal Prof. HJ. Lenz del Norris Comprehensive Cancer Center/University of Southern California di Los Angeles.
Sono stati arruolati 424 pazienti e ad un follow-up mediano di 24 mesi, la PFS mediana è risultata di 10.5 mesi. All’analisi univariata, nessuna differenza in termini di PFS è stata osservata tra le varianti alleliche del polimorfismo di VEGF rs833061 C/T (p=0.38). Per quanto concerne gli atri SNPs analizzati, solo i pazienti portatori di almeno un allele C (N=118) del polimorfismo VEGFR-2 rs12505758 hanno presentato una PFS più breve rispetto a quelli con genotipo TT (N=306) (HR=1.40, 95% CI 1.07-1.84, p=0.015). Questa associazione resta significativa anche all’analisi multivariata (HR=1.402, 95% CI 1.079-1.822, p=0.012), ma viene persa applicando la correzione per test multipli.
Non confermando prospetticamente una correlazione statistica significativa tra le varianti alleliche di VEGF rs833061 C/T e la PFS, questo dato decreta il fallimento del polimorfismo come fattore predittivo di efficacia da bevacizumab. Considerando che anche i dati retrospettivi sugli altri SNPs non sono stati confermati, fatta eccezione per il VEGFR-2 rs12505758 che sembrerebbe avere un ruolo prognostico piuttosto che predittivo, possiamo concludere che i futuri studi sui biomarcatori predittivi di beneficio da bevacizumab dovrebbero analizzare la complessità dell’angiogenesi tumorale a tutti i livelli e non solo nell’ottica genetica.
Lo sviluppo e la successiva introduzione nella pratica clinica di agenti ad azione anti-angiogenica hanno rivoluzionato la terapia di molte neoplasie solide, tra cui il carcinoma colorettale (Colorectal cancer, CRC). Ad oggi, l’unico farmaco anti-angiogenico registrato per il trattamento in prima e seconda linea di questa neoplasia in stadio metastatico, in associazione a chemioterapia a base di fluoropirimidine, è bevacizumab. Si tratta di un anticorpo monoclonale ricombinante umanizzato diretto contro Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF), principale mediatore ad azione pro-angiogenica.
Studi clinici di fase III hanno dimostrato che l’associazione di bevacizumab a chemioterapici convenzionali, in prima linea di trattamento, migliora significativamente l’outcome di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico (metastatic Colorectal cancer, mCRC), rispetto alla sola chemioterapia.
Attualmente, i pazienti da sottoporre a trattamento con bevacizumab sono selezionati esclusivamente in base a criteri clinici, legati alle tossicità del farmaco. Questo dato, assieme al fatto che appare evidente che non tutti i pazienti beneficiano del trattamento con l’anti-VEGF o comunque non in eguale misura, rende necessaria l’identificazione di biomarcatori predittivi di efficacia di bevacizumab. È ipotizzabile che, in questo modo, il beneficio derivato dall’anti-angiogenico possa essere ottimizzato da una più accurata selezione dei pazienti, consentendo, allo stesso tempo, un risparmio sulle tossicità e sui costi legati al trattamento.
Recenti studi hanno suggerito un potenziale ruolo prognostico e/o predittivo di beneficio da bevacizumab di alcuni polimorfismi germinali di geni appartenenti al pathway di VEGF/VEGF Receptor (VEGFR). Specifiche varianti alleliche di questi geni sono in grado di modularne l’espressione e verosimilmente condizionare, in modo indiretto, la risposta all’anti-VEGF. Esperienze condotte nell’ambito di diverse neoplasie in fase metastatica, compreso il CRC, hanno investigato il ruolo predittivo e prognostico di alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (Single nucleotide Polymorphisms, SNPs) di VEGF e VEGFR su DNA genomico in pazienti trattati con bevacizumab. I risultati emersi, nel complesso piuttosto eterogenei, devono considerarsi non conclusivi e, quindi, non applicabili alla pratica clinica. Si tratta, infatti, di indagini condotte in modo retrospettivo e spesso carenti di un confronto con un gruppo di pazienti non trattati con bevacizumab. Inoltre, deve considerarsi che l’effetto di specifiche varianti geniche può essere variabile in patologie differenti, così come in relazione al trattamento chemioterapico somministrato insieme all’anti-VEGF.
Il nostro gruppo ha condotto uno studio esplorativo retrospettivo che ha mostrato un’ associazione tra il genotipo T/T del polimorfismo VEGF rs833061 ed un peggior outcome in pazienti con mCRC trattati in prima linea con FOLFIRI e bevacizumab.
La natura esplorativa ed il disegno retrospettivo di questo studio, assieme all’assenza di randomizzazione nel confronto tra i pazienti trattati e non con bevacizumab, implicano la necessità di una conferma prospettica dei risultati.
È stato quindi condotto uno studio di tipo prospettico che aveva come obiettivo primario quello di valutare il ruolo predittivo di efficacia di bevacizumab del polimorfismo VEGF rs833061 C/T, in una popolazione di pazienti con mCRC in trattamento di prima linea con FOLFIRI e bevacizumab. In considerazione del rapido accrual e dei promettenti risultati presentati all’ultimo congresso europeo su altri SNPs del pathway di VEGF/VEGFR, abbiamo deciso di includere un’ analisi confermatoria anche dei seguenti polimorfismi: VEGF rs699946 A/G e rs699947 A/C, VEGFR-1 rs9582036 A/C e rs7993418 A/G, VEGFR-2 rs11133360 C/T, rs12505758 C/T e rs2305948 C/T, EPAS-1 rs4145836 A/G.
Le analisi sono state eseguite presso i laboratori del Dipartimento di Oncologia Medica diretto dal Prof. HJ. Lenz del Norris Comprehensive Cancer Center/University of Southern California di Los Angeles.
Sono stati arruolati 424 pazienti e ad un follow-up mediano di 24 mesi, la PFS mediana è risultata di 10.5 mesi. All’analisi univariata, nessuna differenza in termini di PFS è stata osservata tra le varianti alleliche del polimorfismo di VEGF rs833061 C/T (p=0.38). Per quanto concerne gli atri SNPs analizzati, solo i pazienti portatori di almeno un allele C (N=118) del polimorfismo VEGFR-2 rs12505758 hanno presentato una PFS più breve rispetto a quelli con genotipo TT (N=306) (HR=1.40, 95% CI 1.07-1.84, p=0.015). Questa associazione resta significativa anche all’analisi multivariata (HR=1.402, 95% CI 1.079-1.822, p=0.012), ma viene persa applicando la correzione per test multipli.
Non confermando prospetticamente una correlazione statistica significativa tra le varianti alleliche di VEGF rs833061 C/T e la PFS, questo dato decreta il fallimento del polimorfismo come fattore predittivo di efficacia da bevacizumab. Considerando che anche i dati retrospettivi sugli altri SNPs non sono stati confermati, fatta eccezione per il VEGFR-2 rs12505758 che sembrerebbe avere un ruolo prognostico piuttosto che predittivo, possiamo concludere che i futuri studi sui biomarcatori predittivi di beneficio da bevacizumab dovrebbero analizzare la complessità dell’angiogenesi tumorale a tutti i livelli e non solo nell’ottica genetica.
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