Tesi etd-03152015-103409 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
SBRANTI, CLAUDIA
URN
etd-03152015-103409
Titolo
Prospettive e criticità della nuova competenza consultiva della Corte di Strasburgo
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Calamia, Antonio Marcello
Parole chiave
- competenza consultiva
- Convenzione europea
- cooperazione tra giudici nazionali
- parere consultivo.
- Protocollo
Data inizio appello
13/04/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Oggetto del presente lavoro sarà l'analisi del Protocollo N. 16 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa a Strasburgo il 2 ottobre 2013.
Con esso si introduce nel sistema regionale europeo di tutela dei diritti dell’uomo un nuova competenza consultiva della Corte europea, ispirata al modello del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea disciplinato all’art. 267 TFUE.
L’adozione del Protocollo n. 16 si inserisce nel più ampio processo di riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo, che da numerosi anni impegna i diversi attori del sistema convenzionale. Il prestigio acquistato nel corso degli anni dalla Corte europea, e il suo indiscutibile successo, hanno generato una massa di ricorsi individuali che supera le capacità di risposta della Corte stessa. Di qui l’esigenza di rinvenire strumenti di riforma atti a garantire una tutela effettiva dei diritti umani all’interno del sistema convenzionale.
Attraverso l’istituzionalizzazione di una forma di cooperazione tra giudici nazionali e Corte europea, il Protocollo n. 16 contribuisce a dare piena applicazione al principio di sussidiarietà in vista dell’alleggerimento nel lungo termine del carico di lavoro dell’organo giurisdizionale europeo. Come si legge nel preambolo dello stesso Protocollo, “ the extension of the Court’s competence to give advisory opinions will further enhance the interaction between the Court and national authorities [...], in accordance with the principle of subsidiarity”.
Nel momento della definizione della nuova competenza consultiva della Corte europea, dunque, la natura sussidiaria del sistema regionale europeo di tutela dei diritti umani ha condizionato le scelte degli organi
convenzionali e tale circostanza spiega le differenze tra il sistema introdotto dal Protocollo n. 16 e il modello di riferimento, costituito dal rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Per iniziare, sarà necessario analizzare la nascita, lo sviluppo, la ratio e l'inquadramento del Protocollo, facendo riferimento a quelle che sono le origini del parere consultivo (advisory opinion).
Ci soffermeremo quindi sul rapporto dei Saggi al Consiglio d’Europa del 15 Novembre 2006, in cui è presente una proposta di estensione della competenza consultiva della Corte Europea. L’idea di istituzionalizzare il dialogo tra i giudici nazionali ed il giudice europeo è stata poi ripresa dalla dichiarazione della Conferenza tenutasi a Smirne, mentre solo con la Dichiarazione di Brighton la riflessione sulla definizione della nuova competenza consultiva della Corte europea si è concretizzata in un’iniziativa di riforma.
Il lavoro proseguirà poi analizzando dettagliatamente il Protocollo, mediante il commento ad ognuno degli 11 articoli di cui è composto.
Verranno successivamente messe in luce le affinità e le divergenze con il meccanismo del rinvio pregiudiziale disciplinato dall’art. 267 TFUE.
Volgeremo poi lo sguardo a meccanismi analoghi a quelli del Protocollo n. 16, nelle Corti Europee ed Americane. In particolare verranno analizzate la Corte di Giustizia del BENELUX, la Corte EFTA, il Tribunale andino, la Corte Centroamericana di Giustizia ed il MERCOSUR e per ognuna di queste ci concentreremo sulle caratteristiche strutturali, le competenze funzionali a garantire il rispetto della legalità, i soggetti dotati di legittimazione attiva ed il dialogo con i giudici nazionali.
Il lavoro si concluderà illustrando i possibili effetti e conseguenze a cui il Protocollo n. 16 potrebbe dare luogo nel panorama internazionale e sovranazionale, facendo emergere anche l'impatto che il ricorso al meccanismo del Protocollo n. 16 potrebbe avere sui rapporti interni alle giurisdizioni superiori e gli effetti sulla fisionomia della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Con esso si introduce nel sistema regionale europeo di tutela dei diritti dell’uomo un nuova competenza consultiva della Corte europea, ispirata al modello del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea disciplinato all’art. 267 TFUE.
L’adozione del Protocollo n. 16 si inserisce nel più ampio processo di riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo, che da numerosi anni impegna i diversi attori del sistema convenzionale. Il prestigio acquistato nel corso degli anni dalla Corte europea, e il suo indiscutibile successo, hanno generato una massa di ricorsi individuali che supera le capacità di risposta della Corte stessa. Di qui l’esigenza di rinvenire strumenti di riforma atti a garantire una tutela effettiva dei diritti umani all’interno del sistema convenzionale.
Attraverso l’istituzionalizzazione di una forma di cooperazione tra giudici nazionali e Corte europea, il Protocollo n. 16 contribuisce a dare piena applicazione al principio di sussidiarietà in vista dell’alleggerimento nel lungo termine del carico di lavoro dell’organo giurisdizionale europeo. Come si legge nel preambolo dello stesso Protocollo, “ the extension of the Court’s competence to give advisory opinions will further enhance the interaction between the Court and national authorities [...], in accordance with the principle of subsidiarity”.
Nel momento della definizione della nuova competenza consultiva della Corte europea, dunque, la natura sussidiaria del sistema regionale europeo di tutela dei diritti umani ha condizionato le scelte degli organi
convenzionali e tale circostanza spiega le differenze tra il sistema introdotto dal Protocollo n. 16 e il modello di riferimento, costituito dal rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Per iniziare, sarà necessario analizzare la nascita, lo sviluppo, la ratio e l'inquadramento del Protocollo, facendo riferimento a quelle che sono le origini del parere consultivo (advisory opinion).
Ci soffermeremo quindi sul rapporto dei Saggi al Consiglio d’Europa del 15 Novembre 2006, in cui è presente una proposta di estensione della competenza consultiva della Corte Europea. L’idea di istituzionalizzare il dialogo tra i giudici nazionali ed il giudice europeo è stata poi ripresa dalla dichiarazione della Conferenza tenutasi a Smirne, mentre solo con la Dichiarazione di Brighton la riflessione sulla definizione della nuova competenza consultiva della Corte europea si è concretizzata in un’iniziativa di riforma.
Il lavoro proseguirà poi analizzando dettagliatamente il Protocollo, mediante il commento ad ognuno degli 11 articoli di cui è composto.
Verranno successivamente messe in luce le affinità e le divergenze con il meccanismo del rinvio pregiudiziale disciplinato dall’art. 267 TFUE.
Volgeremo poi lo sguardo a meccanismi analoghi a quelli del Protocollo n. 16, nelle Corti Europee ed Americane. In particolare verranno analizzate la Corte di Giustizia del BENELUX, la Corte EFTA, il Tribunale andino, la Corte Centroamericana di Giustizia ed il MERCOSUR e per ognuna di queste ci concentreremo sulle caratteristiche strutturali, le competenze funzionali a garantire il rispetto della legalità, i soggetti dotati di legittimazione attiva ed il dialogo con i giudici nazionali.
Il lavoro si concluderà illustrando i possibili effetti e conseguenze a cui il Protocollo n. 16 potrebbe dare luogo nel panorama internazionale e sovranazionale, facendo emergere anche l'impatto che il ricorso al meccanismo del Protocollo n. 16 potrebbe avere sui rapporti interni alle giurisdizioni superiori e gli effetti sulla fisionomia della Corte europea dei diritti dell'uomo.
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