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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03142024-192903


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
D'ANNUNZIO, RICCARDO
URN
etd-03142024-192903
Titolo
L’organismo di vigilanza nel quadro della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti collettivi
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
DIRITTO DELL'INNOVAZIONE PER L'IMPRESA E LE ISTITUZIONI
Relatori
relatore Prof. Gargani, Alberto
Parole chiave
  • D.lgs 231/2001
  • Odv
  • organismo di vigilanza
  • prospettive future organismo di vigilanza
  • Responsabilità amministrativa
  • responsabilità amministrativa degli enti
  • responsabilità penale
  • responsabilità penale organismo di vigilanza
Data inizio appello
15/04/2024
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
15/04/2064
Riassunto
L’organismo di vigilanza è una figura presente all’interno del d.lgs 231/2001, decreto che per primo introdusse in Italia una disciplina sulla responsabilità penale degli enti. Il decreto prendeva il nome di “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”. Una scelta di nominare in tal modo il decreto portò all’unica conseguenza che tutt’oggi, non si ha una visione unitaria sul tipo di responsabilità che il legislatore ha inteso attribuire in capo alle persone giuridiche. Quanto risulta acclarato riguarda la scelta di immettere in questa responsabilità alcuni principi tipici del diritto penale, come il principio di legalità e i principi di successione delle leggi nel tempo e nello spazio. Un ulteriore aspetto chiaro riguarda il momento in cui scatta la responsabilità degli enti, che coincide col momento nel quale si verifica un reato presupposto.
Per essere addebitato un reato presupposto all’ente, dovrà essere provato che tale reato sia stato commesso dai un apicale o un sottoposto. Qualora il reato venga commesso da un apicale l’obbligo della prova viene ribaltato e l’ente, per provarsi innocente e sfuggire alla possibilità di essere ritenuto responsabile ex d.lgs 231/2001, dovrà dare prova di come abbia rispettato tutti i parametri elencati dall’art. 6 comma 1 lett. a). Qualora il reato venga compiuto da un sottoposto spetterà al pubblico ministero dimostrare come la commissione del reato presupposto si sia in virtù di un deficit organizzativo dell’ente. Inoltre, per poter addebitare la responsabilità ex d.lgs all’ente, si dovrà dimostrare come il reato presupposto sia stato commesso interamente o in parte a favore o a vantaggio dell’ente. Riguardo questo requisito si sono sviluppate diverse correnti dottrinali, secondo le quali tali requisiti dovessero esse intesi alternativamente o cumulativamente. Le posizioni giurisprudenziali, tuttavia, tendono ad individuare questo interesse o vantaggio intendendolo con un’accezione molto ampia, tramite la quale si giunge spesso alla condanna delle società ex d.lgs 231/2001.
Il d.lgs 231/2001 offre teoricamente anche la possibilità agli enti di poter essere esonerati dalla responsabilità amministrativa in caso riuscissero a provare di essere dotati in precedenza all’evento integrante il reato presupposto di un modello di organizzazione e gestione idoneo ad evitare i reati dello stesso tipo di quello effettivamente verificatosi. Tali modelli non sono stati disciplinati dal legislatore, ma sono stati lasciati all’autoregolazione societaria. Tale decisione era dovuta alla volontà di non volersi ingerire eccessivamente nelle dinamiche aziendali, oltre che alla convinzione che una positivizzazione di tali modelli sarebbe stata inidonea a comprendere le peculiarità aziendali che si sviluppano in concreto in ogni società. L’idoneità dei modelli viene valutata dai giudici, i quali tendono spesso a ritenerli non idonei. Qualora un ente sia ritenuto responsabile, esso potrà essere sottoposto a sanzioni, le quale verranno applicate secondo uno schema binario nel quale vi sarà sempre una sanzione pecuniaria, la quale potrà essere seguita da una sanzione di tipo interdittivo.
Ai fini della valutazione di idoneità del modello è necessario che lo stesso abbia instaurato correttamente un organismo di vigilanza, organo titolare al controllo dell’idoneità dei modelli ed alla loro effettiva messa in pratica. Il legislatore ha inserito questa figura al fine di non permettere che i modelli preventivi ex d.lgs 231/2001 fossero dei modelli di mera facciata. L’Odv non ha poteri di controllo sulle condotte degli esponenti aziendali in alcun caso. Il suo compito sarà verificare l’adeguatezza del modello preventivo ad evitare le tipologie di reati presupposto inseriti all’interno del d.lgs 231/2001. In caso le valuti inidonee, potrà solamente suggerire all’organo gestorio delle modifiche e degli aggiornamenti da effettuare in tal proposito, senza poter agire autonomamente. L’organismo di vigilanza è privo di poteri impeditivi, deve essere autonomo ed indipendente rispetto a qualsiasi altro organo aziendale e la sua attività dovrà essere svolta in maniera continuativa. L’indipendenza dell’Odv rappresenta un elemento che viene valutato molto attentamente nelle sedi di merito in relazione alla valutazione di adeguatezza dei modelli di organizzazione e gestione. Tale requisito subisce una deroga solamente nel caos delle piccole imprese, nelle quali è prevista la possibilità di instaurare un organismo di vigilanza che possa coincidere con l’amministratore, al fine di non gravare eccessivamente su tali imprese. I membri dell’Odv dovranno rivelarsi in possesso anche di ulteriori requisiti come quello della professionalità e dell’onorabilità. I membri dell’organismo saranno titolari del potere di effettuare delle indagini interne all’ente, anche a sorpresa e nei confronti di ogni membro del personale. L’Odv dovrà anche verificare che all’interno dell’ente si prevede una sufficiente applicazione del sistema disciplinare, il quale dovrà prevedere l’applicazioni di sanzioni interne in capo ai dipendenti che violino le disposizioni dei modelli cautelari. L’organismo non disporrà in concreto, dei poteri per poter applicare una sanzione, ma potrà fornire consulenza e raccomandazioni all’organo gestorio, le quali potranno vertere sull’effettiva applicazione delle sanzioni, nonché sulla tipologia da applicare.
L’organismo potrà anche suggerire all’organo gestorio di predisporre delle frequenti ed adeguate attività di formazione del personale, nelle quali si tratti della disciplina 231 e delle disposizioni del modello organizzativo adottato dalla società in concreto. Il modello 231 ha conferito un’importanza di primo ordine all’organismo di vigilanza, in virtù della quale, l’ente che vorrà vedersi escluso dalla possibile responsabilità ex d.lgs 231/2001 non potrà affidare le funzioni ed i poteri dell’organismo a nessun altro organo interno. Al fine di un suo corretto funzionamento, l’organo gestorio dovrà provvedere a dei flussi informativi idonei da e per l’organismo di vigilanza. In virtù di tali flussi, i membri dell’Odv dovranno poter entrare rapidamente in possesso di informazioni rilevanti alla loro attività e dovranno poter interagire con tutti i soggetti della componente aziendale per richiederli. Sui flussi informativi è anche intervenuto il d.lgs 24/2003, in materia di whistle-blowers, secondo il quale le società dovranno prevedere delle tutele ancora più forti verso tal soggetti e dei canali di comunicazioni ch tutelino la loro identità e la segretezza delle loro comunicazioni.
Nonostante il peso che il legislatore ha inteso conferire all’Odv, si è analizzata una sua ipotetica responsabilità penale i caso di commissione di un reato presupposto. Essa potrebbe sicuramente verificarsi a seguito di una condotta attiva, attraverso la quale l’organismo di vigilanza contribuisca, in concorso con altri esponenti aziendali, a permettere il verificarsi di un reato presupposto. Tuttavia, una responsabilità in capo ai membri dell’Odv potrebbe verificarsi anche come conseguenza di una responsabilità omissiva, secondo la quale i soggetti responsabili non hanno adempiuto ad un’azione a cui erano tenuti. Seguendo tale corrente si arriverebbe a domandarsi la possibilità di attribuire una responsabilità in capo all’Odv in virtù di non aver evitato la lesione di un bene giuridico la quale erano tenuti ad evitare. In tal senso, si addosserebbe la responsabilità all’organismo di vigilanza come conseguenza del non aver evitato la commissione di un reato altrui. A questo proposito va ricordato come l’organismo di vigilanza non sia dotati di poteri. Seguendo tale impostazione si deve verificare l’eventuale sussistenza di un obbligo di controllo in virtù del quale l’Odv avrebbe dovuto compiere un’azione doverosa.
A questo proposito, si deve affermare come un organismo che non sia dotato di poteri sufficienti ad evitare un reato altrui, non possa essere considerato titolare di un obbligo di garanzia e, conseguentemente, responsabile penalmente per la commissione di tale reato. L’attività dell’Odv è un’attività di “mero sorvegliante”, in virtù della quale, a fronte di un suo corretto svolgimento, si potrà rendere meno probabile la lesione derivante da reati altrui dei beni giuridici a lui affidati. L’organismo sarà, quindi, responsabile del compimento di talune attività che il legislatore gli comanda, ma tali attività sono già previste in astratto come incapaci di impedire l’evento in maniera assoluta. L’organismo di vigilanza dispone di soli obblighi di supervisione, il cui corretto adempimento non risulta idoneo a priori ad evitare la commissione del reato altrui. Il legislatore ha inteso evitare l’assegnazione all’Odv di un potere impeditivo ovvero inibitorio delle condotte di esponenti dell’ente e l’impossibilità, da parte di qualsiasi membro dell’organismo di vigilanza, di poter sventare la commissione di reati presupposto da parte di terzi. Non sarà possibile conferire tali poteri all’organismo sotto nessuna altra forma, sia essa contrattuale, da atti interni all’ente o di fatto. Sulla possibilità di introdurre una responsabilità penale in capo all’organismo si può ritenere la possibilità di prevedere a livello legislativo secondo cui il mancato rispetto dell’obbligo di sorveglianza da parte dell’organismo di vigilanza dovrebbe essere autonomamente sanzionato a titolo monosoggettivo, qualora tale omissione abbia ostacolato l’impedimento di una fattispecie di reato che rientri nel novero delle fattispecie che il modello organizzativo avrebbe dovuto prevenire. A questa fattispecie si potrebbero ricollegare delle sanzioni tanto pecuniarie, quanto interdittive dalla carica, a seconda della gravità dell’omissione. Tali sanzioni avrebbero la conseguenza di stimolare i membri dell’Odv verso un miglior adempimento dei loro doveri.
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