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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03102023-150951


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
CASTIGLIONE, GIULIA
URN
etd-03102023-150951
Titolo
Uso dell'Acido Tranexamico in chirurgia ortopedica oncologica.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Forfori, Francesco
correlatore Dott.ssa Nicastro, Manuela
correlatore Dott.ssa Ricalzone, Serena
Parole chiave
  • Acido Tranexamico
  • Antifibrinolitico
  • Chirurgia ortopedica oncologica
  • ev1000
Data inizio appello
04/04/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
04/04/2093
Riassunto
L’Acido Tranexamico (TXA), farmaco appartenente alla classe degli antifibrinolitici, è una molecola sintetica, strutturalmente analoga alla lisina.
Agisce occupando reversibilmente il sito di legame della lisina sull’enzima fibrinolitico plasmina. Questo legame inattiva continuamente l’enzima, rendendolo incapace di svolgere la sua normale attività e comportando un’inibizione della degradazione della fibrina.
La sua azione quindi è quella di inibire la lisi del coagulo, stabilizzandolo.
Grazie alla sua attività anti emorragica, agli inizi degli anni ’60, venne prescritto per le pazienti di sesso femminile che presentavano menorragia, o nei pazienti con disturbi ereditari della coagulazione.
Ad oggi è un farmaco ampiamente utilizzato in quanto riduce in maniera significativa le perdite ematiche, senza un apparente aumento del rischio tromboembolico.
Visti suoi benefici, l’utilizzo del farmaco è sempre maggiore.
Viene infatti applicato nei campi della chirurgia vascolare, cardiochirurgia, chirurgia epatica, nell’ambito dei trapianti, neurochirurgia, ginecologia ed emergenze ostetriche.
È inoltre ampiamente utilizzato nella gestione della traumatologia, in particolare negli interventi di chirurgia ortopedica protesica tra i quali l’artroplastica totale di ginocchio ed anca. Interventi spesso associati ad ingenti perdite di sangue e con un aumentata richiesta trasfusionale.
Nel campo della chirurgia ortopedica protesica, molti studi evidenziano l’efficacia e la sicurezza del TXA nel ridurre i sanguinamenti intra e post operatori e parallelamente vi è un riscontro nella riduzione della richiesta trasfusionale.
Questo è importante in quanto l’esposizione del paziente alle pratiche trasfusionali può esporre ad un maggior rischio di reazioni allergiche, contrazione di malattie infettive, reazioni emolitiche, insorgenza di coagulopatie indotte da trasfusione ed insufficienza renale. Condizioni spesso associate a morbilità e mortalità importanti.

Obiettivo dell’elaborato: Alla luce degli ottimi risultati ottenuti in ambito della chirurgia ortopedica protesica si vuole valutare se l’utilizzo del farmaco, nella chirurgia ortopedica oncologica, possa rappresentare un’opzione terapeutica efficace ed affidabile.
Questo perché gli interventi di chirurgia ortopedica oncologica sono interventi con un rischio emorragico medio-alto. In media, i pazienti affetti da patologie neoplastiche, sono esposti ad un rischio maggiore di emorragia rispetto alla popolazione generale. Questa tendenza è da ricollegarsi alle variazioni anatomiche locali e metaboliche indotte dalla neoplasia. La maggior parte delle masse neoplastiche sono caratterizzate da intensa angiogenesi e neovascolarizzazione, in quanto le cellule tumorali richiedono maggior nutrimento. In aggiunta, i pazienti oncologici sono soggetti che possono presentare quadri ematici complicati legati a carenze nutrizionali, situazioni infiltrative del midollo osseo, alterazioni metaboliche indotte dal tumore stesso ed infine al trattamento chemioterapico con il suo effetto mielosoppressivo.
Nello studio sono stati selezionati, tramite criteri di idoneità, 30 pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia ortopedica oncologica, eseguiti presso il reparto di Ortopedia e Traumatologia 2 dell’Azienda Ospedaliera Pisana, nel periodo di tempo compreso tra 1/10/2022 e il 2/03/2023.
Al fine di questo studio, si analizza la storia amnestica del paziente.
Tramite la lettura delle cartelle cliniche di ciascun paziente sono stati ricavati dati anamnestici quali sesso, età, peso, altezza, presenza di patologie cardiovascolari o alterazioni del profilo coagulativo ed infine la presenza di allergie.
Informazioni utili per valutare l’idoneità della popolazione presa in esame e per identificare eventuali fattori di rischio alla procedura chirurgica e all’utilizzo del farmaco. Motivo per il quale viene valutato l’assetto coagulativo del paziente ed eventuali trattamenti antiaggreganti ed anticoagulanti. In seguito all’idoneità del paziente allo studio clinico, viene valutato il profilo ematico generale ed il profilo coagulativo 24 ore prima dell’intervento, a fine intervento, post 24, 48 e 72 ore.
Dati indispensabili per poter monitorizzare il paziente e poter effettuare una stima delle perdite.
Nello studio sono stati inclusi due gruppi:
Il gruppo A, nel quale i pazienti non avevano ricevuto l’acido tranexamico.
Il gruppo B, nel quale i pazienti avevano ricevuto 15 mg/kg di acido tranexamico in regime pre operatorio, intra operatorio e nelle 24 ore successive all’intervento.
Nel periodo intraoperatorio, oltre al monitoraggio di base è stata applicata la goal-directed therapy detta anche “terapia di ottimizzazione emodinamica”, al fine di individuare periodi di instabilità emodinamica così da poter prevenire le complicanze d’organo conseguenti a periodi di criticità ipotensiva ed ipertensiva. Il dispositivo utilizzato, è il sistema CLEARSIGHT (Edwards Lifesciences Cop).
Questo ci ha permesso di standardizzare i nostri pazienti, che indipendentemente dal peso, dall’età, dal tipo di intervento partivano da una situazione emodinamica simile entro i range di riferimento.
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