Tesi etd-03102018-150044 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PELLEGRINI, AURELIO
Indirizzo email
aurpelle@gmail.com
URN
etd-03102018-150044
Titolo
"Due Statue di Coccio" fra due rivoluzioni
L'Origine del culto della SS. Annunziata a Montescudaio
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E CIVILTA
Relatori
relatore Prof. Greco, Gaetano
correlatore Prof.ssa Sicca, Cinzia Maria
correlatore Prof.ssa Sicca, Cinzia Maria
Parole chiave
- controriforma
- insorgenze
- Montescudaio
- religiosità popolare
- SS. Annunziata
Data inizio appello
28/05/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/05/2088
Riassunto
Le due statue, dell'Angelo Annunciante e della Vergine Annunciata le origine del culto delle quali è l'oggetto della presente ricerca, sono due manufatti in terracotta dipinta (ma in origine erano solo “due statue di coccio”), custoditi in un Oratorio ottocentesco di proprietà della Compagnia della SS. Annunziata, Confraternita anch'essa di origine ottocentesca, nel Comune di Montescudaio. Un culto molto moderno, dunque, almeno quello delle due statue, più vecchio di un paio di secoli almeno, invece, se riferito alla Annunciazione più in generale. Riandare indietro nel tempo per ritrovare le tracce di questa 'pietà mariana' , tracce materiali ma anche, o forse soprattutto,tracce culturali è il percorso che deve essere fatto.
Le due rivoluzioni alle quali il titolo si riferisce sono quella Còrsa del 1734 e quella Francese del 1789, soprattutto col suo seguito italiano: tra queste due date si colloca la nascita e la crescita del culto alle due statue. Un percorso segnato da emigrazioni di ricchi e di operai, di studenti e preti refrattari, di fede e di paure e di un Inno che unisce indissolubilmente le due sponde del Tirreno e che ha costruito un culto ancora vivo e forte, parte integrante, con la sua storia, della Comunità di Montescudaio. Per avere un quadro di carattere metodologico, ho seguito una traccia contenuta nel saggio di uno dei più importanti mariologi del secolo scorso, Giuseppe M. Besutti (1919-1994) dell'Ordine dei Servi di Maria . Un saggio forse un po' datato (1977) ma che conserva elementi di 'saggezza storica' che tutt'oggi hanno una validità anche di fronte al grande sviluppo che la Storia Culturale e delle Mentalità ha avuto in questo ultimo quarantennio. “ nel campo della storia del culto locale mariano, resta da discutere la metodologia per una ricerca. La storia del culto tributato alla Madonna investe numerose discipline che debbono ciascuna portare il proprio contributo, evitando di procedere ignorandosi vicendevolmente come spesso avviene”. E l'autore indica intanto nella descrizione dell'ambiente nel quale il culto è nato, ambiente visto dal punto di vista naturale, storico, culturale, economico, sociale, religioso o mariano, il punto di partenza: “ in pratica non pochi volumi dedicati alla storia del culto locale mariano ignorano del tutto o in parte questi problemi che invece sono in grado di darci la chiave per una più profonda comprensione e valutazione dei vari avvenimenti”.
Questi anche elementari consigli diventano fondamentali nella presente ricerca perché le due statue e il relativo culto sono indissolubilmente legati alla storia della Toscana a cavallo fra Medici e Lorena, al periodo delle riforme leopoldine e alla reazione popolare che provocarono. La storia generale di quel periodo è lo sfondo nel quale si collocano le vicende locali di Montescudaio e del comprensorio del quale fa e faceva parte. Si cercherà di dimostrare che quel culto, in una remota Comunità del Granducato ebbe due aspetti molto particolari: il primo che le due statue, in un contesto di Madonne che si agitavano, scolorivano, piangevano e altro, rimasero ferme e immobili, svolgendo la loro funzione di simbolo a cui la gente poteva guardare e non da incitatrici alla violenza. Il secondo aspetto credo renda questo culto e questa Madonna unici negli sconvolgimenti di quegli anni: contravvenendo all'ordine del Vescovo, Parroco e popolo chiesero alla Vergine di essere protetti non solo dall'esercito dei 'barbari e infedeli' giacobini, ma anche, e forse soprattutto, dalle bande benedette dallo stesso vescovo che scorrazzavano per le campagne, precedute dalla Croce e da un'altra immagine della Madonna nel cui nome 'compivano l'impresa'. Alla fine di quei convulsi anni, la gente non si dimenticò della propria Annunziata e della grazia ricevuta, ma soprattutto ebbe conferma che lei e non quella di Arezzo, era la Madonna vera. Fu in quegli anni che la Parrocchia cambio ufficialmente anche titolare che era Sant' Andrea e che divenne invece la Vergine, certo il titolo fu un' altro , Abbazia di Santa Maria Assunta, : certo questo fu dovuto anche alla necessità di salvaguardare un notevole patrimonio terriero, ma pur sempre della Madonna si trattava.
Poi come scrive il Besutti “ una particolare attenzione va dedicata al contesto mariano […] e alle varie forme di pietà popolare dell'epoca e del luogo: il contesto è quello del grande fiorire di culto mariano nel Settecento e la zona è quella della Maremma pisana ai piedi del grande santuario della Madonna delle Grazie di Montenero. Sono altresì figli (statue e culto) di un percorso politico e sociale molto più vasto, legato a processi migratori e immigratori: il primo la grande immigrazione nella zona all'inizio della formazione dello Stato Mediceo, quando Cosimo I 'provocò' una calata in massa dal contado fiorentino di piccoli e grandi proprietari che triplicarono in poco tempo la popolazione di Montescudaio: le persone che arrivarono portarono soldi e lavoro ma anche la memoria della devozione all'Annunziata del duecentesco santuario fiorentino. Poi vennero le emigrazioni stagionali dei contadini in Corsica e le immigrazioni 'benestanti' dalla stessa isola, dopo la prima rivoluzione borghese d'Europa nel 1734: era quella la rivoluzione che si era posta sotto la protezione dell'Annunziata e che aveva scelto come inno nazionale quel “Dio ti salvi o Regina” che ancora oggi è l'inno nazionale della Corsica ed anche il tratto più caratterizzante del culto dell'Annunziata a Montescudaio. A questi aspetti del 'contesto' è dedicata la prima parte della ricerca mentre la seconda è dedicata alle 'vicende locali' che nel generale contesto si collocano. La 'comparsa' delle due statue è accompagnata da una leggenda di fondazione che risulta talmente 'vera' da essere una fonte storica fondamentale per la ricostruzione dei fatti. Le caratteristiche tecniche delle due statue, la terracotta di cui sono fatte, la datazione 'scientifica' delle stesse hanno richiesto il ricorso alla chimica e alla tecnologia mentre l'iconografia e la storia dell'arte hanno individuato due immagini perfettamente coerenti con le norme controriformistiche del 'puro, semplice, naturale' ed anche della 'misurata devozione' della età dei Lumi. Tutti questi elementi hanno, secondo il loro ruolo, contribuito alla nascita di un culto forte e sentito, nei momenti di maggiore pericolo e bisogno della Comunità di Montescudaio in particolare nella tempesta rivoluzionaria di fine secolo e nel “Viva Maria”. Un culto che si è caratterizzato e si caratterizza, per questo, tuttora come la Madonna a cui ricorrere nei momenti più difficili che sono stati, poi, non solo pioggia e siccità ma anche il terremoto del 1846 o le due guerre mondiali. Infine lo scioglimento di un voto, passata la bufera napoleonica, con il compimento della Leggenda di Fondazione, la costruzione del' Oratorio e il 'ritorno a casa' delle statue. Non può non essere inserita qui anche la vicenda politica, religiosa e personale di un personaggio, per molti motivi, di tutto rilievo, Domenico Casamarte, Abate di Montescudaio dal 1805 al 1822. Era fuggito dalla Corsica per non dover giurare sulla Costituzione Civile del Clero, lui Vicario Generale della Diocesi di Ajaccio, Protonatario Apostolico, Avvocato, Professore di Diritto Canonico e Civile e Teologia, Letterato e Matematico, oltre a rilevanti incarichi politici come stretto collaboratore di Pasquale Paoli, lui è il vero Padre Spirituale del Culto alle due statue. Infine, ormai nel 1831, la Costituzione Legale e Canonica della 'Compagnia del SS. Sacramento e della SS. Annunziata” che continua tuttora a tenere vivo e vegeto un culto che ha quattro secoli di storia, proprio esatti, 1617-2017. “ Chi scrive deve avere ben chiara la la serie dei problemi esistenti. Alla sua capacità il sapere valorizzare gli elementi essenziali e redigere insieme un testo che eviti una pedantesca prolissità ed una inutile pesantezza”: queste le parole con le quali Giuseppe M. Besutti conclude il suo citato saggio: questa ricerca ha cercato, per quanto possibile, di tenerle presenti.
Così come, seguendo sempre il Besutti si è fatto ricorso all'aiuto di altre discipline che possono rendere più comprensibile la vicenda, come l'Antropologia Culturale e soprattutto la Storia dell'Arte. I concetti di devozione popolare, l'idea del 'Sacro' e la socializzazione di questi, hanno attraversato e segnato la storia di una società e di un territorio. Se compito dell'Antropologia è la capacità di 'leggere i segni ' dell'uomo nel mondo e nella società, il sacro è indubbiamente un segno forte anche perché lascia dietro di sé quelli che sono segni per eccellenza e cioè le immagini che devono essere lette anche in modo 'antropologico' perché possano chiarire il loro significato completo: “L'immenso corpus lasciato in Occidente da quasi due millenni di culto delle immagini diventa un materiale privilegiato, sia per la forza del numero sia perché è possibile costruire delle serie che permettono di leggere fino al minimo dettaglio le variazioni di un'immagine, e di dare così spiegazione delle eventuali scelte di essa come centro del culto individuale e collettivo” (Dupront).
Un culto, poi, ha come oggetto fondamentale un'immagine, bidimensionale o tridimensionale che sia, un 'immagine fatta di segni, di colori, di simboli che sono notevolmente mutati nel corso dei secoli o che nei secoli hanno acquisito significati diversi: ripercorrere e riflettere su questi mutamenti è fondamentale per capire anche solo il senso sociale di un culto. Le due statue di Montescudaio sono nate in un contesto artistico preciso che era la Toscana della Controriforma: sapere come l'arte si evolvé e perché verso quel contesto diventa allora molto importate. Importante ma non semplice perché le due statue sono frutto di un paio fra le centinaia di botteghe artigiane dell'area delle terrecotte toscane che va da Montelupo all'Impruneta, botteghe che solo molto lentamente recepivano i tempi nuovi che stavano arrivando e li recepivano per lo più dalle opere degli artisti più famosi, legati alla committenza istituzionale della Chiesa e dei grandi Ordini religiosi: questo rende necessaria una analisi dell'evoluzione della iconografia dell'Annunciazione nei secoli ma soprattutto di quella della Controriforma e del Seicento.
Le stesse statue furono esposte al culto popolare che crebbe subito in un contesto culturale, quello di una società contadina in radicale trasformazione che cercava certezze e valori per il proprio futuro, certezze e valori che il secolo dei Lumi provò a cancellare senza curarsi di darne altri che avessero per i ceti popolari le stesse, almeno in parte, rassicuranti certezze. Le Rivoluzioni e le guerre di quegli anni cambiarono per sempre il volto dell' Italia e dell'Europa ma le gente comune di questi cambiamenti, visse per lo più, la miseria, la fame e le violenze, frutti inevitabili e principali di ogni guerra. In quegli anni terribili, a cavallo di due secoli, davvero “ l'un contro l'altro armato”, l'unica certezza la gente di Montescudaio (come tanta altra gente, anche su fronti politici o ideologici diversi), la trovò in una immagine religiosa, per quella idea che rappresentava nel proprio retaggio culturale e nella propria storia ed anche per come era fatta con le sue forme e i suoi colori. Questo il percorso che cercherà di fare la presente ricerca.
Le due rivoluzioni alle quali il titolo si riferisce sono quella Còrsa del 1734 e quella Francese del 1789, soprattutto col suo seguito italiano: tra queste due date si colloca la nascita e la crescita del culto alle due statue. Un percorso segnato da emigrazioni di ricchi e di operai, di studenti e preti refrattari, di fede e di paure e di un Inno che unisce indissolubilmente le due sponde del Tirreno e che ha costruito un culto ancora vivo e forte, parte integrante, con la sua storia, della Comunità di Montescudaio. Per avere un quadro di carattere metodologico, ho seguito una traccia contenuta nel saggio di uno dei più importanti mariologi del secolo scorso, Giuseppe M. Besutti (1919-1994) dell'Ordine dei Servi di Maria . Un saggio forse un po' datato (1977) ma che conserva elementi di 'saggezza storica' che tutt'oggi hanno una validità anche di fronte al grande sviluppo che la Storia Culturale e delle Mentalità ha avuto in questo ultimo quarantennio. “ nel campo della storia del culto locale mariano, resta da discutere la metodologia per una ricerca. La storia del culto tributato alla Madonna investe numerose discipline che debbono ciascuna portare il proprio contributo, evitando di procedere ignorandosi vicendevolmente come spesso avviene”. E l'autore indica intanto nella descrizione dell'ambiente nel quale il culto è nato, ambiente visto dal punto di vista naturale, storico, culturale, economico, sociale, religioso o mariano, il punto di partenza: “ in pratica non pochi volumi dedicati alla storia del culto locale mariano ignorano del tutto o in parte questi problemi che invece sono in grado di darci la chiave per una più profonda comprensione e valutazione dei vari avvenimenti”.
Questi anche elementari consigli diventano fondamentali nella presente ricerca perché le due statue e il relativo culto sono indissolubilmente legati alla storia della Toscana a cavallo fra Medici e Lorena, al periodo delle riforme leopoldine e alla reazione popolare che provocarono. La storia generale di quel periodo è lo sfondo nel quale si collocano le vicende locali di Montescudaio e del comprensorio del quale fa e faceva parte. Si cercherà di dimostrare che quel culto, in una remota Comunità del Granducato ebbe due aspetti molto particolari: il primo che le due statue, in un contesto di Madonne che si agitavano, scolorivano, piangevano e altro, rimasero ferme e immobili, svolgendo la loro funzione di simbolo a cui la gente poteva guardare e non da incitatrici alla violenza. Il secondo aspetto credo renda questo culto e questa Madonna unici negli sconvolgimenti di quegli anni: contravvenendo all'ordine del Vescovo, Parroco e popolo chiesero alla Vergine di essere protetti non solo dall'esercito dei 'barbari e infedeli' giacobini, ma anche, e forse soprattutto, dalle bande benedette dallo stesso vescovo che scorrazzavano per le campagne, precedute dalla Croce e da un'altra immagine della Madonna nel cui nome 'compivano l'impresa'. Alla fine di quei convulsi anni, la gente non si dimenticò della propria Annunziata e della grazia ricevuta, ma soprattutto ebbe conferma che lei e non quella di Arezzo, era la Madonna vera. Fu in quegli anni che la Parrocchia cambio ufficialmente anche titolare che era Sant' Andrea e che divenne invece la Vergine, certo il titolo fu un' altro , Abbazia di Santa Maria Assunta, : certo questo fu dovuto anche alla necessità di salvaguardare un notevole patrimonio terriero, ma pur sempre della Madonna si trattava.
Poi come scrive il Besutti “ una particolare attenzione va dedicata al contesto mariano […] e alle varie forme di pietà popolare dell'epoca e del luogo: il contesto è quello del grande fiorire di culto mariano nel Settecento e la zona è quella della Maremma pisana ai piedi del grande santuario della Madonna delle Grazie di Montenero. Sono altresì figli (statue e culto) di un percorso politico e sociale molto più vasto, legato a processi migratori e immigratori: il primo la grande immigrazione nella zona all'inizio della formazione dello Stato Mediceo, quando Cosimo I 'provocò' una calata in massa dal contado fiorentino di piccoli e grandi proprietari che triplicarono in poco tempo la popolazione di Montescudaio: le persone che arrivarono portarono soldi e lavoro ma anche la memoria della devozione all'Annunziata del duecentesco santuario fiorentino. Poi vennero le emigrazioni stagionali dei contadini in Corsica e le immigrazioni 'benestanti' dalla stessa isola, dopo la prima rivoluzione borghese d'Europa nel 1734: era quella la rivoluzione che si era posta sotto la protezione dell'Annunziata e che aveva scelto come inno nazionale quel “Dio ti salvi o Regina” che ancora oggi è l'inno nazionale della Corsica ed anche il tratto più caratterizzante del culto dell'Annunziata a Montescudaio. A questi aspetti del 'contesto' è dedicata la prima parte della ricerca mentre la seconda è dedicata alle 'vicende locali' che nel generale contesto si collocano. La 'comparsa' delle due statue è accompagnata da una leggenda di fondazione che risulta talmente 'vera' da essere una fonte storica fondamentale per la ricostruzione dei fatti. Le caratteristiche tecniche delle due statue, la terracotta di cui sono fatte, la datazione 'scientifica' delle stesse hanno richiesto il ricorso alla chimica e alla tecnologia mentre l'iconografia e la storia dell'arte hanno individuato due immagini perfettamente coerenti con le norme controriformistiche del 'puro, semplice, naturale' ed anche della 'misurata devozione' della età dei Lumi. Tutti questi elementi hanno, secondo il loro ruolo, contribuito alla nascita di un culto forte e sentito, nei momenti di maggiore pericolo e bisogno della Comunità di Montescudaio in particolare nella tempesta rivoluzionaria di fine secolo e nel “Viva Maria”. Un culto che si è caratterizzato e si caratterizza, per questo, tuttora come la Madonna a cui ricorrere nei momenti più difficili che sono stati, poi, non solo pioggia e siccità ma anche il terremoto del 1846 o le due guerre mondiali. Infine lo scioglimento di un voto, passata la bufera napoleonica, con il compimento della Leggenda di Fondazione, la costruzione del' Oratorio e il 'ritorno a casa' delle statue. Non può non essere inserita qui anche la vicenda politica, religiosa e personale di un personaggio, per molti motivi, di tutto rilievo, Domenico Casamarte, Abate di Montescudaio dal 1805 al 1822. Era fuggito dalla Corsica per non dover giurare sulla Costituzione Civile del Clero, lui Vicario Generale della Diocesi di Ajaccio, Protonatario Apostolico, Avvocato, Professore di Diritto Canonico e Civile e Teologia, Letterato e Matematico, oltre a rilevanti incarichi politici come stretto collaboratore di Pasquale Paoli, lui è il vero Padre Spirituale del Culto alle due statue. Infine, ormai nel 1831, la Costituzione Legale e Canonica della 'Compagnia del SS. Sacramento e della SS. Annunziata” che continua tuttora a tenere vivo e vegeto un culto che ha quattro secoli di storia, proprio esatti, 1617-2017. “ Chi scrive deve avere ben chiara la la serie dei problemi esistenti. Alla sua capacità il sapere valorizzare gli elementi essenziali e redigere insieme un testo che eviti una pedantesca prolissità ed una inutile pesantezza”: queste le parole con le quali Giuseppe M. Besutti conclude il suo citato saggio: questa ricerca ha cercato, per quanto possibile, di tenerle presenti.
Così come, seguendo sempre il Besutti si è fatto ricorso all'aiuto di altre discipline che possono rendere più comprensibile la vicenda, come l'Antropologia Culturale e soprattutto la Storia dell'Arte. I concetti di devozione popolare, l'idea del 'Sacro' e la socializzazione di questi, hanno attraversato e segnato la storia di una società e di un territorio. Se compito dell'Antropologia è la capacità di 'leggere i segni ' dell'uomo nel mondo e nella società, il sacro è indubbiamente un segno forte anche perché lascia dietro di sé quelli che sono segni per eccellenza e cioè le immagini che devono essere lette anche in modo 'antropologico' perché possano chiarire il loro significato completo: “L'immenso corpus lasciato in Occidente da quasi due millenni di culto delle immagini diventa un materiale privilegiato, sia per la forza del numero sia perché è possibile costruire delle serie che permettono di leggere fino al minimo dettaglio le variazioni di un'immagine, e di dare così spiegazione delle eventuali scelte di essa come centro del culto individuale e collettivo” (Dupront).
Un culto, poi, ha come oggetto fondamentale un'immagine, bidimensionale o tridimensionale che sia, un 'immagine fatta di segni, di colori, di simboli che sono notevolmente mutati nel corso dei secoli o che nei secoli hanno acquisito significati diversi: ripercorrere e riflettere su questi mutamenti è fondamentale per capire anche solo il senso sociale di un culto. Le due statue di Montescudaio sono nate in un contesto artistico preciso che era la Toscana della Controriforma: sapere come l'arte si evolvé e perché verso quel contesto diventa allora molto importate. Importante ma non semplice perché le due statue sono frutto di un paio fra le centinaia di botteghe artigiane dell'area delle terrecotte toscane che va da Montelupo all'Impruneta, botteghe che solo molto lentamente recepivano i tempi nuovi che stavano arrivando e li recepivano per lo più dalle opere degli artisti più famosi, legati alla committenza istituzionale della Chiesa e dei grandi Ordini religiosi: questo rende necessaria una analisi dell'evoluzione della iconografia dell'Annunciazione nei secoli ma soprattutto di quella della Controriforma e del Seicento.
Le stesse statue furono esposte al culto popolare che crebbe subito in un contesto culturale, quello di una società contadina in radicale trasformazione che cercava certezze e valori per il proprio futuro, certezze e valori che il secolo dei Lumi provò a cancellare senza curarsi di darne altri che avessero per i ceti popolari le stesse, almeno in parte, rassicuranti certezze. Le Rivoluzioni e le guerre di quegli anni cambiarono per sempre il volto dell' Italia e dell'Europa ma le gente comune di questi cambiamenti, visse per lo più, la miseria, la fame e le violenze, frutti inevitabili e principali di ogni guerra. In quegli anni terribili, a cavallo di due secoli, davvero “ l'un contro l'altro armato”, l'unica certezza la gente di Montescudaio (come tanta altra gente, anche su fronti politici o ideologici diversi), la trovò in una immagine religiosa, per quella idea che rappresentava nel proprio retaggio culturale e nella propria storia ed anche per come era fatta con le sue forme e i suoi colori. Questo il percorso che cercherà di fare la presente ricerca.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
La tesi non è consultabile. |