• Eutanasia
• Suicidio assistito
• Diritto di morire
• Diritto di rifiutare le cure

La prospettiva di questa Tesi è quella di argomentare la piena compatibilità del nostro ordinamento con l'esistenza di un diritto di eutanasia attiva e di suicidio medicalmente assistito. Per fare ciò, si procederà anzitutto ad una ricostruzione del rapporto tra libertà e autorità, a partire dalla legislazione penalistica ancora in vigore, contenuta negli artt. 579 e 580 c.p. e connotata da una prospettiva paternalistica, fino all’avvento della Costituzione repubblicana, che ha invece attribuito ad ogni individuo il diritto fondamentale di decidere se sottoporsi o meno ad una specifica cura o intervento medico. Si analizzerà, quindi, il lento e difficoltoso percorso che ha portato alla traduzione legislativa del diritto all’autodeterminazione sanitaria, esplicitato dalla legge 219/2017, che ha, peraltro, costituito un elemento fondamentale nell’impostazione argomentativa della storica decisione della Corte costituzionale sul caso Cappato che ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. Sulla scorta di tale esame, si indagherà, da un lato, quali sono le persistenti criticità correlate all’attuazione del dispositivo della sentenza costituzionale; dall’altro, ci si chiederà qual è la portata effettiva del diritto riconosciuto dalla Corte. Alla luce dell’analisi complessiva, ci si chiederà, nella parte conclusiva, se è possibile, e in che termini, parlare di un diritto a morire nel nostro ordinamento costituzionale.