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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-03062019-081733


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PIERUCCI, MARTINA
URN
etd-03062019-081733
Titolo
L'adozione dei minori e l'età degli aspiranti genitori adottivi: soluzioni normative e criticità del caso concreto
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Murgo, Caterina
Parole chiave
  • adottanti
  • adozione di minori
  • età degli adottanti
Data inizio appello
10/04/2019
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente elaborato si prefigge l’obbiettivo di esaminare il requisito dell’età richiesto dalla legge a coloro che aspirano a divenire genitori adottivi, cercando di indagare quanto tale elemento possa incidere sulla valutazione di idoneità degli stessi.
L’indagine ha inizio con una breve panoramica sull’istituto dell’adozione. Riportando le principali leggi in materia è stata analizzata l’evoluzione subìta dal concetto stesso di adozione nel corso del tempo. In particolare è la legge n. 431 del 1967 che per la prima volta si pone in un’ottica del tutto inedita per il nostro ordinamento, presentandosi esclusivamente dalla parte del fanciullo, nella prospettiva di un’incisiva protezione dei suoi interessi. La legge realizza uno spostamento del centro di gravità dell’adozione dall’interesse dell’adottante a quello dell’adottato e ciò rappresenta una netta rottura con la tradizione. L’istituto non era più una risposta al desiderio degli adottanti ad avere un erede a cui trasmettere il nome e il patrimonio familiare, bensì uno strumento di politica sociale volto a garantire il diritto ad avere un’adeguata sistemazione familiare ai minori che ne sono privi o che non ne hanno una idonea, per permettere un armonico sviluppo della loro personalità.
L’evoluzione dell’istituto, che verrà completata con la legge n. 184 del 1983, tuttora in vigore, è espressione di una progressiva conformazione della legislazione ordinaria in materia ai principi costituzionali e trova ulteriore fondamento nei numerosi documenti emanati in ambito internazionale a partire dagli anni 60 del ‘900 in tema di diritti dei minori. Lo scopo primario dell’adozione diviene dunque l’interesse esclusivo del minore, considerato preminente rispetto ad ogni altra posizione in gioco. Sono stati successivamente analizzati i presupposti del provvedimento di adozione, soffermandosi in particolare sullo stato di abbandono in cui il bambino deve versare per poter essere dichiarato adottabile, uno degli aspetti più rilevanti e delicati dell’istituto. Il legislatore non ha intenzionalmente definito in modo rigido e preciso la nozione di abbandono, preferendo utilizzare una sorta di norma in bianco e rimettendo così la valutazione del caso concreto alla discrezionalità del giudice, il quale deciderà con maggiore aderenza alle diverse realtà che gli si presentano davanti, in considerazione delle specifiche esigenze di ogni singolo minore. Si rende necessario un accertamento in concreto estremamente rigoroso di tale situazione. L’adozione infatti, a differenza delle altre misure, comporta la conseguenza più grave, vale a dire lo scioglimento di ogni legame con la famiglia di origine, per questo potrà essere pronunciata soltanto in presenza di una situazione familiare grave e irreversibile tale da compromettere lo sviluppo psicofisico del minore. Emerge l’idea dell’adozione come extrema ratio, da applicare solo in via residuale quando la famiglia di origine non sia in grado di garantire quel minimo di cure materiali e morali indispensabili per una crescita normale ed equilibrata del bambino. Occorrerà allora tentare anzitutto un preventivo recupero della famiglia di origine, in virtù del diritto del minore a crescere nell’ambito della propria famiglia: tale diritto tuttavia, per quanto prioritario e preferenziale, non sarà da intendere in senso assoluto, essendo recessivo rispetto all’obbiettivo preminente della tutela degli interessi del minore.
La seconda parte dell’elaborato affronta il tema dei requisiti personali degli aspiranti adottanti, previsti dall’articolo 6 della legge 184/1983 al fine di assicurare al minore l’inserimento in un nucleo familiare il più possibile idoneo. Dapprima è stato svolto un confronto tra i requisiti richiesti per l’adozione legittimante, l’adozione in casi particolari e l’adozione internazionale. Si rileva come nell’adozione particolare, rispetto a quella piena, i requisiti siano maggiormente elastici e flessibili, trattandosi di una misura con effetti più limitati; mentre invece per quanto riguarda l’adozione internazionale, il legislatore richiede i medesimi requisiti di cui all’articolo 6 l. ad., volendo in questo modo assicurare una parità di trattamento tra minori italiani e minori stranieri.
La parte principale dell’opera si incentra tuttavia su un’analisi dettagliata del requisito dell’età, che ha la funzione di offrire al minore genitori adottivi non dissimili da quelli biologici dal punto di vista del divario generazionale, quindi né troppo giovani né troppo vecchi, secondo il principio dell’imitatio naturae. Inizialmente, il testo originario dell’articolo 6 della legge 184/1983 stabiliva limiti di età fissi ed inderogabili, ma tale disposizione, nel corso degli anni 90 del ‘900, è stato oggetto di una serie di sentenze manipolative della Corte Costituzionale che hanno smussato notevolmente la rigidità del dato normativo, affermando la possibilità di derogare ai limiti d’età in particolari situazioni, in considerazione del preminente interesse del minore. Ciò che appariva contestabile era il fatto di non aver previsto alcuna eccezione o temperamento a questi limiti. In particolare erano stata sollevate critiche in ordine al divario massimo di età, fissato dalla normativa previgente in quarant’anni, ritenuto inopportuno in quanto aveva l’effetto di escludere dalla domanda di adozione coppie ancora pienamente idonee e capaci di svolgere le funzioni genitoriali, tenuto conto anche dei profondi cambiamenti che si sono registrati all’interno della società nel corso degli ultimi anni, come l’allungamento della vita media grazie agli enormi progressi in ambito medico e l’innalzamento dell’età a cui le persone contraggono matrimonio e soprattutto generano figli.
La novella del 2001 tiene conto di questa opera di adattamento compiuta dalla Consulta e vi si allinea, elevando il divario massimo di età a quarantacinque anni e prevedendo un sistema di deroghe assai ampio, andando addirittura oltre le indicazioni della giurisprudenza costituzionale. Fondamentale si è rivelata anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione la quale, recependo le direttive di rango costituzionale, ha contribuito ad individuare i presupposti di fatto in presenza dei quali può essere ammessa una deroga ai limiti di età fissati dalla legge.
Nella terza ed ultima parte della tesi è stata esaminata una recente vicenda, che è stata oggetto di un acceso dibattito e su cui si è pronunciata la corte di Cassazione. Nel caso di specie la figlia naturale nata mediante fecondazione eterologa da due genitori in tarda età è stata dichiarata adottabile, in quanto i coniugi sono stati ritenuti inadatti a svolgere le funzioni genitoriali e incapaci di comprendere i bisogni etico affettivi e pratici della bimba. La vicenda giudiziaria è durata ben sette anni ed è finita per tre volte davanti alla Cassazione, che alla fine ha confermato l’adottabilità della bambina, senza però fare riferimento all’età avanzata dei genitori nelle sue argomentazioni, a differenza di quanto avvenuto nei gradi di giudizio precedenti. Ci si chiede allora: qual’è il punto di rottura superato il quale è possibile togliere legittimamente un bambino alla sua famiglia? Quanto l’età influisce su questa valutazione?
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