Tesi etd-03052022-193904 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
PISTOLESI, BEATRICE
URN
etd-03052022-193904
Titolo
Biomarcatori e neoplasie dell'apparato digerente: vecchi e nuovi biomarcatori delle neoplasie pancreatiche
Dipartimento
FARMACIA
Corso di studi
FARMACIA
Relatori
relatore Prof.ssa Mazzoni, Maria Rosa
Parole chiave
- biomarcatore
- CA19-9
- carcinoma pancreatico
- CEA
- cfDNA
- miRNA
- PDAC
Data inizio appello
06/04/2022
Consultabilità
Tesi non consultabile
Riassunto
UNIVERSITÀ DI PISA
FACOLTÀ DI FARMACIA
Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Farmacia
Biomarcatori e neoplasie dell'apparato digerente: vecchi e nuovi biomarcatori delle neoplasie pancreatiche
Relatore: Prof.ssa Maria Rosa Mazzoni
Candidato: Beatrice Pistolesi Matricola: 549501
Nel seguente elaborato di tesi di laurea viene analizzato il ruolo dei biomarcatori tumorali nella diagnosi e nella prognosi clinica delle neoplasie dell’apparato digerente, nonché nel monitoraggio del trattamento terapeutico, soffermandosi nello specifico sull’analisi del loro utilizzo nell’Adenocarcinoma Pancreatico Duttale (PDAC). In particolare, vengono sottolineate le difficoltà nell’identificazioni di nuovi biomarcatori aventi requisiti di sensibilità e specificità diagnostica adeguate. L’utilizzo di specifici biomarcatori in clinica può essere estremamente vantaggioso, in quanto può indirizzare il medico verso una diagnosi precoce di un carcinoma tramite una tecnica scarsamente invasiva, essendo, per definizione, i biomarcatori individuabili e quantificabili a livello dei fluidi biologici, come per esempio il siero ed il plasma. Una volta che il sospetto diagnostico è stato avvalorato dalla positività del biomarcatore, le tecniche per immagini potranno confermare la presenza della neoplasia e definirne l’estensione. Tutto questo si traduce in molteplici vantaggi sia per il paziente che per il sistema sanitario, quali: 1) in caso di positività del biomarcatore o dei biomarcatori, la possibilità di una diagnosi in una fase non avanzata della neoplasia, quindi di una migliore risposta alla terapia e della sopravvivenza; 2) in caso di negatività del biomarcatore o dei biomarcatori, esami diagnostici più invasivi ed anche più costosi non saranno necessari o potranno essere differiti nell’eventualità che nel tempo il biomarcatore od i biomarcatori si positivizza/no. Purtroppo, i biomarcatori che attualmente possono essere usati in clinica, molto spesso, mancano di uno dei requisiti fondamentali, ovvero una buona specificità diagnostica.
Un’analisi dello stato dell’arte dei biomarcatori nelle neoplasie del tratto gastro enterico ha permesso di evidenziare che il primo biomarcatore di neoplasia individuato è stato l’Antigene Carcino- Embrionario (CEA), scoperto nel 1960. Questo biomarcatore, inizialmente, è stato considerato specifico per la diagnosi di adenocarcinoma del colon-retto, ma successivamente è stata messa in risalto la sua aspecificità. Infatti, viene ritrovato aumentato, oltre che in altri tipi di carcinomi (gastrico, pancreatico, polmonare, e della mammella) anche in patologie non cancerogene, ovvero in patologie benigne come i processi infiammatori, e nei fumatori. Per questa mancanza di specificità, il CEA non può essere utilizzato come esame di screening per l’adenocarcinoma colon-rettale nella popolazione, ma piuttosto come parametro da monitorare per valutare la risposta ad un trattamento terapeutico o per evidenziare una ricaduta. Altri biomarcatori associati ai tumori gastro enterici, come l’Alfa-Feto Proteina (AFP), l’Antigene Carboidratico 19-9 (CA19-9) e l’Antigene Polipeptidico Tissutale (TPA), per le loro caratteristiche di bassa specificità e sensibilità non vengono utilizzati nella pratica clinica a scopo diagnostico. Ovviamente, la ricerca di nuovi biomarcatori specifici per i vari tipi di neoplasie gastro-intestinali e che siano anche altamente sensibili prosegue incessantemente ed è indirizzata verso l’identificazione di biomolecole di natura diversa, come proteine, polipeptidi ed acidi nucleici.
I biomarcatori CA19-9 e CEA, sebbene in passato siano stati proposti come biomarcatori diagnostici del PDAC, attualmente non vengono considerati affidabili, proprio per la loro aspecificità che può produrre dei falsi positivi. La stessa cosa si può dire per le Molecole di Adesione Cellulare correlate all’Antigene Carcino-Embrionale (CEACAM) la cui sovraespressione fu inizialmente considerata un buon indicatore del PDAC, ma che, in seguito, sono state ritrovate aumentate anche in presenza di altri tipi di carcinomi. Quindi, i sopradetti biomarcatori non possono venir utilizzati nelle indagini di screening di pazienti asintomatici con predisposizione familiare per il PDAC od a scopo diagnostico in pazienti paucisintomatici e/o con sintomi aspecifici. Tuttavia, rimane valido il loro ruolo per monitorare sia la risposta alla terapia sia un’eventuale ricaduta. Più recentemente, sono stati proposti nuovi biomarcatori diagnostici del PDAC, tra cui l’InterLeuchina-8 (IL-8), le trombospondine e la proteina p130Cas. L’IL-8, che ha un ruolo, in generale, nella carcinogenesi, è considerato un biomarcatore diagnostico, non solo, del PDAC. Tuttavia, la sua specificità per questo tipo di adenocarcinoma aumenta se viene contemporaneamente misurato il CA19-9. Il monitoraggio dell’IL-8 ha, inoltre, un valore nel controllo della risposta al trattamento terapeutico. Le trombospondine e, in particolare, la trombospondina 2 sembrano aumentare in maniera specifica nel PDAC, mentre proteina p130Cas aumenta nel PADC associato a mutazioni dell’oncogene Kras. Infine, la frontiera innovativa della ricerca di nuovi biomarcatori diagnostici del PDAC è rappresentata da alcuni miRNA e cfDNA che risultano aumentati o diminuiti, in maniera specifica, in questo tipo di neoplasia.
FACOLTÀ DI FARMACIA
Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Farmacia
Biomarcatori e neoplasie dell'apparato digerente: vecchi e nuovi biomarcatori delle neoplasie pancreatiche
Relatore: Prof.ssa Maria Rosa Mazzoni
Candidato: Beatrice Pistolesi Matricola: 549501
Nel seguente elaborato di tesi di laurea viene analizzato il ruolo dei biomarcatori tumorali nella diagnosi e nella prognosi clinica delle neoplasie dell’apparato digerente, nonché nel monitoraggio del trattamento terapeutico, soffermandosi nello specifico sull’analisi del loro utilizzo nell’Adenocarcinoma Pancreatico Duttale (PDAC). In particolare, vengono sottolineate le difficoltà nell’identificazioni di nuovi biomarcatori aventi requisiti di sensibilità e specificità diagnostica adeguate. L’utilizzo di specifici biomarcatori in clinica può essere estremamente vantaggioso, in quanto può indirizzare il medico verso una diagnosi precoce di un carcinoma tramite una tecnica scarsamente invasiva, essendo, per definizione, i biomarcatori individuabili e quantificabili a livello dei fluidi biologici, come per esempio il siero ed il plasma. Una volta che il sospetto diagnostico è stato avvalorato dalla positività del biomarcatore, le tecniche per immagini potranno confermare la presenza della neoplasia e definirne l’estensione. Tutto questo si traduce in molteplici vantaggi sia per il paziente che per il sistema sanitario, quali: 1) in caso di positività del biomarcatore o dei biomarcatori, la possibilità di una diagnosi in una fase non avanzata della neoplasia, quindi di una migliore risposta alla terapia e della sopravvivenza; 2) in caso di negatività del biomarcatore o dei biomarcatori, esami diagnostici più invasivi ed anche più costosi non saranno necessari o potranno essere differiti nell’eventualità che nel tempo il biomarcatore od i biomarcatori si positivizza/no. Purtroppo, i biomarcatori che attualmente possono essere usati in clinica, molto spesso, mancano di uno dei requisiti fondamentali, ovvero una buona specificità diagnostica.
Un’analisi dello stato dell’arte dei biomarcatori nelle neoplasie del tratto gastro enterico ha permesso di evidenziare che il primo biomarcatore di neoplasia individuato è stato l’Antigene Carcino- Embrionario (CEA), scoperto nel 1960. Questo biomarcatore, inizialmente, è stato considerato specifico per la diagnosi di adenocarcinoma del colon-retto, ma successivamente è stata messa in risalto la sua aspecificità. Infatti, viene ritrovato aumentato, oltre che in altri tipi di carcinomi (gastrico, pancreatico, polmonare, e della mammella) anche in patologie non cancerogene, ovvero in patologie benigne come i processi infiammatori, e nei fumatori. Per questa mancanza di specificità, il CEA non può essere utilizzato come esame di screening per l’adenocarcinoma colon-rettale nella popolazione, ma piuttosto come parametro da monitorare per valutare la risposta ad un trattamento terapeutico o per evidenziare una ricaduta. Altri biomarcatori associati ai tumori gastro enterici, come l’Alfa-Feto Proteina (AFP), l’Antigene Carboidratico 19-9 (CA19-9) e l’Antigene Polipeptidico Tissutale (TPA), per le loro caratteristiche di bassa specificità e sensibilità non vengono utilizzati nella pratica clinica a scopo diagnostico. Ovviamente, la ricerca di nuovi biomarcatori specifici per i vari tipi di neoplasie gastro-intestinali e che siano anche altamente sensibili prosegue incessantemente ed è indirizzata verso l’identificazione di biomolecole di natura diversa, come proteine, polipeptidi ed acidi nucleici.
I biomarcatori CA19-9 e CEA, sebbene in passato siano stati proposti come biomarcatori diagnostici del PDAC, attualmente non vengono considerati affidabili, proprio per la loro aspecificità che può produrre dei falsi positivi. La stessa cosa si può dire per le Molecole di Adesione Cellulare correlate all’Antigene Carcino-Embrionale (CEACAM) la cui sovraespressione fu inizialmente considerata un buon indicatore del PDAC, ma che, in seguito, sono state ritrovate aumentate anche in presenza di altri tipi di carcinomi. Quindi, i sopradetti biomarcatori non possono venir utilizzati nelle indagini di screening di pazienti asintomatici con predisposizione familiare per il PDAC od a scopo diagnostico in pazienti paucisintomatici e/o con sintomi aspecifici. Tuttavia, rimane valido il loro ruolo per monitorare sia la risposta alla terapia sia un’eventuale ricaduta. Più recentemente, sono stati proposti nuovi biomarcatori diagnostici del PDAC, tra cui l’InterLeuchina-8 (IL-8), le trombospondine e la proteina p130Cas. L’IL-8, che ha un ruolo, in generale, nella carcinogenesi, è considerato un biomarcatore diagnostico, non solo, del PDAC. Tuttavia, la sua specificità per questo tipo di adenocarcinoma aumenta se viene contemporaneamente misurato il CA19-9. Il monitoraggio dell’IL-8 ha, inoltre, un valore nel controllo della risposta al trattamento terapeutico. Le trombospondine e, in particolare, la trombospondina 2 sembrano aumentare in maniera specifica nel PDAC, mentre proteina p130Cas aumenta nel PADC associato a mutazioni dell’oncogene Kras. Infine, la frontiera innovativa della ricerca di nuovi biomarcatori diagnostici del PDAC è rappresentata da alcuni miRNA e cfDNA che risultano aumentati o diminuiti, in maniera specifica, in questo tipo di neoplasia.
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