Tesi etd-03052016-172830 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
PERI, LORENZO
URN
etd-03052016-172830
Titolo
Il romanzo in versi italiano nel secondo Novecento
Settore scientifico disciplinare
L-FIL-LET/11
Corso di studi
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Relatori
tutor Prof. Casadei, Alberto
tutor Prof.ssa Cabani, Maria Cristina
tutor Prof.ssa Cabani, Maria Cristina
Parole chiave
- Genere letterario
- Ibridismi
- Periferie antiliriche
- Poesia e Romanzo
Data inizio appello
04/04/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Oggetto di ricerca sono i romanzi in versi pubblicati nel secondo Novecento da alcuni fra i più rappresentativi poeti e scrittori italiani. Prendendo in considerazione più di cinquant’anni di storia letteraria, a partire dalle scritture nate in orbita neosperimentale alla fine degli anni Cinquanta fino alla produzione più recente, questo lavoro dedica attenzione non solo all’analisi degli aspetti linguistici, tematici e narratologici delle opere, ma anche alla produzione saggistica e teorica degli autori. L’interesse critico nei confronti di opere letterarie ibride tra prosa e poesia coinvolge, implicitamente o meno, una riflessione sui confini di genere e conduce talvolta a una ridefinizione del rapporto tra testo e codificazione in virtù dei meccanismi di contaminazione e spostamento di funzioni particolarmente attivi e visibili nel romanzo in versi. Al tempo stesso, le varie pratiche di avvicinamento della poesia alla prosa hanno, secondo molti critici, un comune presupposto fondamentale: la decadenza dell’egemonia del paradigma lirico nella seconda metà del Novecento. Il richiamo, sulla scia dei saggi di Enrico Testa, Paolo Zublena e Paolo Giovannetti, della “coscienza dell’esautorazione del valore trascendente della poesia e del suo statuto d’elezione e separatezza proprio della tradizione simbolista” (Testa) vale come prima posizione metodologica. Obiettivo della ricerca è stato quindi la ricostruzione del processo di sviluppo e di consolidamento del romanzo in versi nella storia della poesia contemporanea (1959-2012), focalizzando l’analisi su testi ritenuti esemplari. Le opere che sono state prese in esame sono accomunate dal recupero di una forte dimensione narrativa, dall’impiego di tecniche prosastiche, dalla valorizzazione dell’aspetto referenziale e da una esplicita dichiarazione di appartenenza al genere del romanzo in versi da parte dell’autore. Sono queste: E. Pagliarani, La ragazza Carla [1959], poi in La ragazza Carla e altre poesie, Milano, Mondadori, 1962; Giancarlo Majorino, La capitale del nord, Milano, Schwarz, 1959; Giorgio Cesarano, La tartaruga di Jastov, Milano, Mondadori, 1966; Giorgio Cesarano, Romanzi Naturali, a cura di Giovanni Raboni, Milano, Guanda, 1980; Ottiero Ottieri, La corda corta, Milano, Bompiani, 1978; Attilio Bertolucci, La camera da letto, Milano, Garzanti, 1984 e 1988; Edoardo Albinati, La comunione dei beni, Firenze, Giunti, 1995: Francesco Targhetta, Perciò veniamo bene nelle fotografie, Milano, Isbn, 2012.
Nell’analisi delle forme si è potuto dare spazio a considerazione teoriche senza mai lasciare i testi troppo sullo sfondo. Due sono stati i principali percorsi di indagine. Il primo riguarda l’indagine delle ragioni che hanno condotto alla dissoluzione degli istituti linguistici attivi nella prima metà del secolo scorso e, conseguentemente, alla ricerca di una dimensione poetica incentrata sul recupero di una maggiore narratività. In questo quadro, il romanzo in versi si pone come un indizio della discontinuità tra il secondo e il primo Novecento, sollecitando la poesia a recuperare un rapporto referenziale con la realtà e a mettere in discussione il suo carattere monologico. In tal senso, la contaminazione con la prosa ha rappresentato una occasione di rinnovamento e di rinascita del genere poetico. Il secondo è orientato alla definizione delle modalità narrative e delle soluzioni tematiche e ideologiche di quei testi che si sono presentati come romanzi in versi, cercando di muovere dalle caratteristiche interne alle singole opere alla individuazione dei raccordi tra i testi, in un tentativo di oggettivazione di due distinti modelli di romanzo in versi.
Mancava infatti la composizione di un quadro storico che fornisse un bilancio dell’evoluzione del romanzo in versi nel corso del secolo, e che riorganizzasse in uno sguardo generale l’insieme di studi specifici dedicati ai singoli testi. I capitoli che compongono la tesi sono tenuti insieme dall’idea che fosse giunto il momento di fare una ricognizione delle scritture in versi che in modo convincente e efficace hanno promosso modelli altri rispetto ai modelli discorsivi egemonici. Il luogo elettivo di questa verifica non poteva che essere il secondo Novecento quando molti poeti hanno avvertito l’esigenza di ridefinire la loro pratica rispetto ai generi esistenti. Al romanzo in versi di Pagliarani, La ragazza Carla, spetta un ruolo di assoluta importanza nel progetto non solo per ragioni cronologiche (uscito nel 1960 ma risalente al 1957) ma soprattutto perché ha rappresentato una decisa e originale fuoriuscita dai paradigmi tradizionali e ha contribuito più di altri a problematizzare gli aspetti della comunicazione letteraria. Uno spazio altrettanto importante è occupato dall’analisi de La camera da letto di Attilio Bertolucci, testo centrale nel quadro delle operazioni di accavallamento tra generi e scritture.
Sulla scorta della nozione della apertura alle vie dello scambio, il percorso critico sugli autori e sulle opere in esame ha preso le mosse a partire dalla nota categoria bachtiniana della “romanzizzazione” della poesia e ha indagato l’importazione da parte del discorso versificato di alcune essenziali specificità del romanzo. Si è tentato nel capitolo introduttivo di determinare un quadro teorico complessivo che mettesse in relazione i testi con la cultura di riferimento e che permettesse di oggettivare le linee di continuità e di discontinuità fra le opere prese in esame nel progetto. Decisivo è risultato stabilire la natura delle somiglianze dei testi riuniti nella stessa famiglia, individuando i rapporti di genesi, filiazione e di influenza che i testi stabiliscono all’interno del quadro, e fare distinzione tra i vari fenomeni di avvicinamento della poesia alla prosa. Si è seguita quindi l’evoluzione del romanzo in versi nel corso del secondo Novecento attraverso i principali interventi di riflessione teorica e attraverso la bibliografia sui singoli autori e sui singoli testi affrontati nel progetto, esplorando la produzione saggistica e teorica dei poeti e il dibattito critico sulle riviste letterarie. Si è posto un discrimine temporale intorno alla fine degli anni Sessanta quando l’ondata dello sperimentalismo e della neoavanguardia esaurisce la sua portata innovativa e prende avvio una nuova stagione del raccontare in versi che si protrae fino al primo decennio degli anni Duemila. Le due macro-parti sono appunto così intitolate: Il romanzo in versi dal 1959 al 1970, prima partizione entro cui rientrano i romanzi versificati di Elio Pagliarani, Giancarlo Majorino e Giorgio Cesarano, e Il romanzo in versi dagli anni Settanta agli anni Duemila, seconda partizione entro cui rientrano i testi di Ottiero Ottieri, Attilio Bertolucci, Edoardo Albinati e Francesco Targhetta. Le due aree cronologiche descrivono lo spazio e la durata di due distinti modelli di romanzo in versi, portati dialetticamente a confronto nelle pagine introduttive e nel corso dei vari capitoli. In entrambi i casi è risultato funzionale eleggere un centro (Pagliarani per il primo gruppo; Bertolucci per il secondo) per mettere in rilievo alcuni aspetti ricorrenti partendo dall’analisi dei singoli comportamenti stilistici.
Con l’analisi delle singole opere e con l’oggettivazione delle costanti estetiche e formali e l’individuazione di fili diacronici di salda tenuta, il progetto si pone come prima tappa per una topografia del genere nel contesto europeo, come capitolo di un lavoro più ampio che potrà considerare la specificità del romanzo in versi italiano nell’ottica di un confronto serrato con lo sviluppo e le forme del verse novel in lingua inglese, o del roman en vers del Novecento francese.
Nell’analisi delle forme si è potuto dare spazio a considerazione teoriche senza mai lasciare i testi troppo sullo sfondo. Due sono stati i principali percorsi di indagine. Il primo riguarda l’indagine delle ragioni che hanno condotto alla dissoluzione degli istituti linguistici attivi nella prima metà del secolo scorso e, conseguentemente, alla ricerca di una dimensione poetica incentrata sul recupero di una maggiore narratività. In questo quadro, il romanzo in versi si pone come un indizio della discontinuità tra il secondo e il primo Novecento, sollecitando la poesia a recuperare un rapporto referenziale con la realtà e a mettere in discussione il suo carattere monologico. In tal senso, la contaminazione con la prosa ha rappresentato una occasione di rinnovamento e di rinascita del genere poetico. Il secondo è orientato alla definizione delle modalità narrative e delle soluzioni tematiche e ideologiche di quei testi che si sono presentati come romanzi in versi, cercando di muovere dalle caratteristiche interne alle singole opere alla individuazione dei raccordi tra i testi, in un tentativo di oggettivazione di due distinti modelli di romanzo in versi.
Mancava infatti la composizione di un quadro storico che fornisse un bilancio dell’evoluzione del romanzo in versi nel corso del secolo, e che riorganizzasse in uno sguardo generale l’insieme di studi specifici dedicati ai singoli testi. I capitoli che compongono la tesi sono tenuti insieme dall’idea che fosse giunto il momento di fare una ricognizione delle scritture in versi che in modo convincente e efficace hanno promosso modelli altri rispetto ai modelli discorsivi egemonici. Il luogo elettivo di questa verifica non poteva che essere il secondo Novecento quando molti poeti hanno avvertito l’esigenza di ridefinire la loro pratica rispetto ai generi esistenti. Al romanzo in versi di Pagliarani, La ragazza Carla, spetta un ruolo di assoluta importanza nel progetto non solo per ragioni cronologiche (uscito nel 1960 ma risalente al 1957) ma soprattutto perché ha rappresentato una decisa e originale fuoriuscita dai paradigmi tradizionali e ha contribuito più di altri a problematizzare gli aspetti della comunicazione letteraria. Uno spazio altrettanto importante è occupato dall’analisi de La camera da letto di Attilio Bertolucci, testo centrale nel quadro delle operazioni di accavallamento tra generi e scritture.
Sulla scorta della nozione della apertura alle vie dello scambio, il percorso critico sugli autori e sulle opere in esame ha preso le mosse a partire dalla nota categoria bachtiniana della “romanzizzazione” della poesia e ha indagato l’importazione da parte del discorso versificato di alcune essenziali specificità del romanzo. Si è tentato nel capitolo introduttivo di determinare un quadro teorico complessivo che mettesse in relazione i testi con la cultura di riferimento e che permettesse di oggettivare le linee di continuità e di discontinuità fra le opere prese in esame nel progetto. Decisivo è risultato stabilire la natura delle somiglianze dei testi riuniti nella stessa famiglia, individuando i rapporti di genesi, filiazione e di influenza che i testi stabiliscono all’interno del quadro, e fare distinzione tra i vari fenomeni di avvicinamento della poesia alla prosa. Si è seguita quindi l’evoluzione del romanzo in versi nel corso del secondo Novecento attraverso i principali interventi di riflessione teorica e attraverso la bibliografia sui singoli autori e sui singoli testi affrontati nel progetto, esplorando la produzione saggistica e teorica dei poeti e il dibattito critico sulle riviste letterarie. Si è posto un discrimine temporale intorno alla fine degli anni Sessanta quando l’ondata dello sperimentalismo e della neoavanguardia esaurisce la sua portata innovativa e prende avvio una nuova stagione del raccontare in versi che si protrae fino al primo decennio degli anni Duemila. Le due macro-parti sono appunto così intitolate: Il romanzo in versi dal 1959 al 1970, prima partizione entro cui rientrano i romanzi versificati di Elio Pagliarani, Giancarlo Majorino e Giorgio Cesarano, e Il romanzo in versi dagli anni Settanta agli anni Duemila, seconda partizione entro cui rientrano i testi di Ottiero Ottieri, Attilio Bertolucci, Edoardo Albinati e Francesco Targhetta. Le due aree cronologiche descrivono lo spazio e la durata di due distinti modelli di romanzo in versi, portati dialetticamente a confronto nelle pagine introduttive e nel corso dei vari capitoli. In entrambi i casi è risultato funzionale eleggere un centro (Pagliarani per il primo gruppo; Bertolucci per il secondo) per mettere in rilievo alcuni aspetti ricorrenti partendo dall’analisi dei singoli comportamenti stilistici.
Con l’analisi delle singole opere e con l’oggettivazione delle costanti estetiche e formali e l’individuazione di fili diacronici di salda tenuta, il progetto si pone come prima tappa per una topografia del genere nel contesto europeo, come capitolo di un lavoro più ampio che potrà considerare la specificità del romanzo in versi italiano nell’ottica di un confronto serrato con lo sviluppo e le forme del verse novel in lingua inglese, o del roman en vers del Novecento francese.
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