Thesis etd-03012021-100359 |
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Thesis type
Tesi di laurea magistrale
Author
BARTALUCCI, ROBERTA
URN
etd-03012021-100359
Thesis title
La poverta educativa minorile: politiche d'intervento.
Department
SCIENZE POLITICHE
Course of study
SOCIOLOGIA E MANAGEMENT DEI SERVIZI SOCIALI
Supervisors
relatore Prof. Tomei, Gabriele
Keywords
- comunità educante
- diseguaglianza sociale
- minori
- neet
- povertà educativa
- welfare generativo
Graduation session start date
22/03/2021
Availability
Withheld
Release date
22/03/2091
Summary
Parlare di povertà significa cercare di affrontare un tema complesso, insidioso, mutevole e capace di adattarsi ai vari contesti socio culturali in cui si genera, tale per cui, non può esserci una soluzione applicabile in ogni epoca e società.
Per l’opinione pubblica, in tema di tutela dei diritti individuali ( in particolare dei minori ), trova una delle sue più preoccupanti realizzazioni quella che oggi viene definita come Povertà educativa.
Si tratta di quel fenomeno capace di generare effetti non solo sul presente dei piccoli, ma sul loro futuro. Nel 2019 si registra in Italia circa 1 milione e 137 mila minori in povertà assoluta; fanciulli non sono solo sottoposti a deprivazioni dei beni essenziali per la vita, ma soggetti a tutte quelle privazioni che fanno parte del loro completo sviluppo psico-fisico quali: il diritto ad una socialità tra coetanei, il diritto alla realizzazione delle loro ambizioni, il diritto a credere nei propri sogni.
Ciò che ne emerge è che la povertà economica sia madre di una povertà educativa, la quale essa stessa è figlia e madre di un futura povertà economica; entrambe generatrici di un circolo vizioso che si alimenta in ambedue i sensi.
Fenomeni di povertà educativa iniziano a prender avvio già all’interno della cellula primordiale della società, ossia nella famiglia.
La questione della trasmissibilità generazionale della povertà educativa mette in risalto il suo carattere perdurante nel tempo, legandosi anche ad un altro elemento; ovvero relazione con il livello di studio dei genitori; tale per cui, coloro che provengono da un nucleo familiare in cui la madre ha almeno un titolo di studio superiore ha circa 5 volte più probabilità di accedere ad un istruzione già in prima infanzia.
Istruire sin da piccoli, tenendo conto dell’importanza di un approccio Lifelong learning significa anche prevenire l’insorgenza di un altra nefasta conseguenza, collegata sia alla povertà materiale che educativa: insuccessi ed abbandono scolastico precoci (drop out). Scelta che crischia di aprire le porte verso l’entrata nel gruppo dei Neet ( Not in Education, Employment or Training), ovvero giovani compresi tra 15-29 anni che non sono studenti, né occupati, né in formazione). Al 2019, in Italia si parla di circa 2 milioni di giovani (circa 1 italiano su 4; dato che ci colloca come primi in Europa per estensione del fenomeno.
Le conseguenze sono prevedibili sul piano lavorativo. In un mercato del lavoro che ancora deve scontare gli effetti della crisi finanziaria del decennio scorso, dove; anche per coloro con un alto titolo di studio non si è capaci di dare certezza, ancor più, è evidente l’incapacità di offrire forme di lavoro regolare, che consentano la conciliazione dei tempi con la famiglia, o ancora, che diano rilevanza alle proprie attitudini e aspirazioni a tutti coloro che per vari motivi hanno troppo presto decido di interrompere gli studi.
Occorre intervenire all’unisono, applicando le garanzie normative che sia la nostra Carta Costituzionale prevede, sia le varie convenzioni, come la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, gli Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottoscritto dai 193 Paesi membri Onu; o ancora più nello specifico; la Legge di Stabilità 2016 istitutiva del “Fondo per il contrasto alla povertà minorile”, al fine di passare da un welfare di tipo assistenziale che ha caratterizzato in particolare il nostro Paese nel secolo scorso (modello non più economicamente sostenibile, ed anche obsoleto in quanto basato su un approccio al cittadino troppo passivo) per arrivare ad uno di tipo generativo, capace di rigenerare risorse siano esse economiche, umane, ambientali.
Per realizzare tale mission occorre creare una sinergia che sia condivisa, che entri come modus operanti in tutta la comunità; nessuno escluso.
Le figure storiche deputate all’insegnamento dei fanciulli, quali famiglie, scuole debbono ora esser affiancate da altri attori pubblici e non; intrecciando e valorizzando le differenze, le competenze e le capacità che intrinsecamente ognuno possiede, consapevoli che educare significa porsi in una relazione di ascolto, di scambio, tale per cui chi educa è a sua volta educato.
Per l’opinione pubblica, in tema di tutela dei diritti individuali ( in particolare dei minori ), trova una delle sue più preoccupanti realizzazioni quella che oggi viene definita come Povertà educativa.
Si tratta di quel fenomeno capace di generare effetti non solo sul presente dei piccoli, ma sul loro futuro. Nel 2019 si registra in Italia circa 1 milione e 137 mila minori in povertà assoluta; fanciulli non sono solo sottoposti a deprivazioni dei beni essenziali per la vita, ma soggetti a tutte quelle privazioni che fanno parte del loro completo sviluppo psico-fisico quali: il diritto ad una socialità tra coetanei, il diritto alla realizzazione delle loro ambizioni, il diritto a credere nei propri sogni.
Ciò che ne emerge è che la povertà economica sia madre di una povertà educativa, la quale essa stessa è figlia e madre di un futura povertà economica; entrambe generatrici di un circolo vizioso che si alimenta in ambedue i sensi.
Fenomeni di povertà educativa iniziano a prender avvio già all’interno della cellula primordiale della società, ossia nella famiglia.
La questione della trasmissibilità generazionale della povertà educativa mette in risalto il suo carattere perdurante nel tempo, legandosi anche ad un altro elemento; ovvero relazione con il livello di studio dei genitori; tale per cui, coloro che provengono da un nucleo familiare in cui la madre ha almeno un titolo di studio superiore ha circa 5 volte più probabilità di accedere ad un istruzione già in prima infanzia.
Istruire sin da piccoli, tenendo conto dell’importanza di un approccio Lifelong learning significa anche prevenire l’insorgenza di un altra nefasta conseguenza, collegata sia alla povertà materiale che educativa: insuccessi ed abbandono scolastico precoci (drop out). Scelta che crischia di aprire le porte verso l’entrata nel gruppo dei Neet ( Not in Education, Employment or Training), ovvero giovani compresi tra 15-29 anni che non sono studenti, né occupati, né in formazione). Al 2019, in Italia si parla di circa 2 milioni di giovani (circa 1 italiano su 4; dato che ci colloca come primi in Europa per estensione del fenomeno.
Le conseguenze sono prevedibili sul piano lavorativo. In un mercato del lavoro che ancora deve scontare gli effetti della crisi finanziaria del decennio scorso, dove; anche per coloro con un alto titolo di studio non si è capaci di dare certezza, ancor più, è evidente l’incapacità di offrire forme di lavoro regolare, che consentano la conciliazione dei tempi con la famiglia, o ancora, che diano rilevanza alle proprie attitudini e aspirazioni a tutti coloro che per vari motivi hanno troppo presto decido di interrompere gli studi.
Occorre intervenire all’unisono, applicando le garanzie normative che sia la nostra Carta Costituzionale prevede, sia le varie convenzioni, come la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, gli Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottoscritto dai 193 Paesi membri Onu; o ancora più nello specifico; la Legge di Stabilità 2016 istitutiva del “Fondo per il contrasto alla povertà minorile”, al fine di passare da un welfare di tipo assistenziale che ha caratterizzato in particolare il nostro Paese nel secolo scorso (modello non più economicamente sostenibile, ed anche obsoleto in quanto basato su un approccio al cittadino troppo passivo) per arrivare ad uno di tipo generativo, capace di rigenerare risorse siano esse economiche, umane, ambientali.
Per realizzare tale mission occorre creare una sinergia che sia condivisa, che entri come modus operanti in tutta la comunità; nessuno escluso.
Le figure storiche deputate all’insegnamento dei fanciulli, quali famiglie, scuole debbono ora esser affiancate da altri attori pubblici e non; intrecciando e valorizzando le differenze, le competenze e le capacità che intrinsecamente ognuno possiede, consapevoli che educare significa porsi in una relazione di ascolto, di scambio, tale per cui chi educa è a sua volta educato.
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