Tesi etd-02262016-122631 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SIMO MOUBI, STEVE HERVE
URN
etd-02262016-122631
Titolo
CAMEROUN : "Le COMBAT POUR l'INDÉPENDANCE SOUS L'EMPRISE D'UNE FRANCE COLONIALE"
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
STUDI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Vernassa, Maurizio
Parole chiave
- CAMEROUN
- COLONIALE
- FRANCE
Data inizio appello
14/03/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il mio lavoro si articola in tre parti, nella prima parte ho fatto un excursus generale sulla storia coloniale del Camerun densa di continui mutamenti strutturali. Mi sono soffermato particolarmente sul mandato francese in Camerun mostrando che dopo la prima guerra mondiale e la sconfitta tedesca, il Camerun che fu colonia tedesca, diventò un territorio sotto il controllo internazionale ed affidato dalla società delle nazioni ad alcune potenze vincitrici; Fu diviso in due mandati francese e britannico. Dopo la seconda guerra mondiale, con la nascita dell’ONU, i due mandati furono trasformati in amministrazione fiduciaria ed affidate agli stessi paesi. Ho fatto notare che gli stati mandatari amministrarono il Camerun non come uno stato neutro, ma come parte integrante del loro impero coloniale africano, questo a discapito degli accordi di mandato e di amministrazione fiduciaria. In effetti, lee direttive della Società delle Nazioni stabilivano che il mandato era temporaneo e che, gli stati mandatari dovevano portare i territori sotto il loro mandato all’autodeterminazione.
La seconda parte prende in esame la nascita dei movimenti nazionalisti, che al mancato rispetto degli accordi della SDN prima e dalle Nazioni Unite dopo da parte di Francia e l'Inghilterra, iniziarono a rivendicare insistentemente un uscita immediata da quel sistema di amministrazione chiedendo l’unificazione e l'indipendenza del territorio. Così nel 1948, nel Camerun francese, si organizzarono prima in sindacati che ben presto diventarono dei veri e propri movimenti politici. Il più popolare fu l'UPC (L’unione dei popoli del Camerun). Aveva come obiettivo unire i camerunensi contro l’oppressione coloniale, e portare il paese all’indipendenza. Ruben Um Nyobe rappresentava l’avanguardia di questo movimento. La rapida popolarità del movimento nazionalista e le crescenti richieste di indipendenza, finirono per portare le autorità francesi a metterlo fuori legge nel 1955. Così il movimento entrò nella clandestinità. Costretto alla guerriglia non ebbe altre scelte che fare ricorso alle armi per condurre una lotta armata. L’esercito francese usò tutti i metodi possibili per reprimere la ribellione: omicidi mirati di leader dell’UPC (tra cui Ruben Um Nyobè nel 1958, Félix Moumié nel 1960 et Ernest Ouandié nel 1971); bombardamenti indiscriminati sulla popolazione; squadroni della morte con l’aiuto di esecutori locali; lavaggi di cervello e guerriglia psicologica su larga scala; tortura utilizzata come strumento di terrorismo di massa, sia contro gli oppositori che contro i civili. Una guerra sanguinosa che passerà sotto silenzio.
L’ultima parte esamina, l’inasprirsi del confronto. l'Alto Commissario francese Pierre Messmer decise di tenere delle elezioni ampiamente truccate con l’UPC sempre fuori legge, eppure riconosciuto nei rapporti segreti francesi come l’unico vero e proprio partito politico in Camerun. L'idea di Messmer era quella di convalidare "democraticamente" l’esclusione dell'UPC dalla scena politica ed far vincere i più feroci oppositori della causa nazionalista. Che poi paradossalmente per tagliare l'erba sotto i piedi dell’ UPC, dovette convertire gli anti-nazionalisti alla causa di "indipendenza", ma di una indipendenza filo-francese. L’indipendenza dichiarata il 1 gennaio 1960 finì col premiare anziché gli interpreti autentici del nazionalismo, un gruppo di fedeltà coloniale. Ad una falsa indipendenza corrisponde naturalmente una falsa pace. Dopo il 1 gennaio 1960 la guerra continua, più cruenta che mai. La Francia, non più sotto l’egida dell’Onu, utilizza il Camerun come una sorta di laboratorio per l’installazione di un regime franco-africano (guidato dal presidente Ahmadou Ahidjo): iper-centralizzato, a partito unico, dipendente da Parigi. Ed infatti il potere reale non appartiene a chi guida il paese, ma a consiglieri, diplomatici e militari francesi che continuano di fatto a fare quello che vogliono. Dietro la facciata di un paese decolonizzato si assiste così ad una recrudescenza neo-coloniale, più nascosta e strisciante, che ha come obiettivo precipuo ed ossessivo l’eliminazione degli oppositori e dei ribelli. Così furono gettate le basi del neocolonialismo francese in africa denominato “Françafrique”.
La seconda parte prende in esame la nascita dei movimenti nazionalisti, che al mancato rispetto degli accordi della SDN prima e dalle Nazioni Unite dopo da parte di Francia e l'Inghilterra, iniziarono a rivendicare insistentemente un uscita immediata da quel sistema di amministrazione chiedendo l’unificazione e l'indipendenza del territorio. Così nel 1948, nel Camerun francese, si organizzarono prima in sindacati che ben presto diventarono dei veri e propri movimenti politici. Il più popolare fu l'UPC (L’unione dei popoli del Camerun). Aveva come obiettivo unire i camerunensi contro l’oppressione coloniale, e portare il paese all’indipendenza. Ruben Um Nyobe rappresentava l’avanguardia di questo movimento. La rapida popolarità del movimento nazionalista e le crescenti richieste di indipendenza, finirono per portare le autorità francesi a metterlo fuori legge nel 1955. Così il movimento entrò nella clandestinità. Costretto alla guerriglia non ebbe altre scelte che fare ricorso alle armi per condurre una lotta armata. L’esercito francese usò tutti i metodi possibili per reprimere la ribellione: omicidi mirati di leader dell’UPC (tra cui Ruben Um Nyobè nel 1958, Félix Moumié nel 1960 et Ernest Ouandié nel 1971); bombardamenti indiscriminati sulla popolazione; squadroni della morte con l’aiuto di esecutori locali; lavaggi di cervello e guerriglia psicologica su larga scala; tortura utilizzata come strumento di terrorismo di massa, sia contro gli oppositori che contro i civili. Una guerra sanguinosa che passerà sotto silenzio.
L’ultima parte esamina, l’inasprirsi del confronto. l'Alto Commissario francese Pierre Messmer decise di tenere delle elezioni ampiamente truccate con l’UPC sempre fuori legge, eppure riconosciuto nei rapporti segreti francesi come l’unico vero e proprio partito politico in Camerun. L'idea di Messmer era quella di convalidare "democraticamente" l’esclusione dell'UPC dalla scena politica ed far vincere i più feroci oppositori della causa nazionalista. Che poi paradossalmente per tagliare l'erba sotto i piedi dell’ UPC, dovette convertire gli anti-nazionalisti alla causa di "indipendenza", ma di una indipendenza filo-francese. L’indipendenza dichiarata il 1 gennaio 1960 finì col premiare anziché gli interpreti autentici del nazionalismo, un gruppo di fedeltà coloniale. Ad una falsa indipendenza corrisponde naturalmente una falsa pace. Dopo il 1 gennaio 1960 la guerra continua, più cruenta che mai. La Francia, non più sotto l’egida dell’Onu, utilizza il Camerun come una sorta di laboratorio per l’installazione di un regime franco-africano (guidato dal presidente Ahmadou Ahidjo): iper-centralizzato, a partito unico, dipendente da Parigi. Ed infatti il potere reale non appartiene a chi guida il paese, ma a consiglieri, diplomatici e militari francesi che continuano di fatto a fare quello che vogliono. Dietro la facciata di un paese decolonizzato si assiste così ad una recrudescenza neo-coloniale, più nascosta e strisciante, che ha come obiettivo precipuo ed ossessivo l’eliminazione degli oppositori e dei ribelli. Così furono gettate le basi del neocolonialismo francese in africa denominato “Françafrique”.
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