Thesis etd-02262009-090105 |
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Thesis type
Tesi di dottorato di ricerca
Author
ORCIUOLO, ENRICO
URN
etd-02262009-090105
Thesis title
Ruolo della glicosilazione del fattore stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) nella funzione neutrofilica
Academic discipline
MED/15
Course of study
MICROBIOLOGIA E GENETICA
Supervisors
Relatore Prof. Petrini, Mario
Keywords
- G-CSF
- glicosilazione
- neutrofili
Graduation session start date
30/03/2009
Availability
Withheld
Release date
30/03/2049
Summary
L’introduzione dei fattori di crescita granulocitari nella terapia onco-ematologica ha rappresentato un importante progresso nella gestione della tossicità midollare da chemioterapia e delle conseguenze ad essa correlate.
Dall’analisi dei dati sperimentali analizzati è possibile concludere che i due tipi di G-CSF attualmente disponibili nella pratica clinica per controllare la neutropenia indotta dalla chemioterapia hanno caratteristiche diverse, derivanti fondamentalmente da un’unica ed apparentemente semplice differenza nella struttura molecolare: la glicosilazione.
La differenza fondamentale fra le due molecole risulta la porzione glicosidica che, pur non essendo fondamentale per l’attività biologica del G-CSF, è da ritenersi responsabile delle notevoli differenze fra le caratteristiche chimico-fisiche e biologiche di lenograstim e filgrastim. La glicosilazione, infatti, aumenta in lenograstim la stabilità della molecola alle variazioni termiche e di pH e all’aggressione delle proteasi (elastasi), l’affinità per il recettore specifico e l’efficacia nella mobilizzazione dei PMN, che risulta in vivo di circa il 27% superiore a quella di filgrastim.
Inoltre, come dimostrato dagli studi sulla polimerizzazione dell’actina e sull’attivazione della proteina RhoA, i neutrofili stimolati con lenograstim sono capaci di riprodurre le normali cinetiche di risposta neutrofilica quando vengono esposti a stimoli adeguati. Quelli stimolati con filgrastim invece mostrano un’iperattivazione basale con scarsa risposta agli agenti infettivi esogeni.
Lo studio delle caratteristiche immunofenotipiche dei neutrofili stimolati con fattori di crescita ha evidenziato che il lenograstim determina la formazione di neutrofili maturi e quindi normofunzionanti mentre filgrastim, probabilmente per un meccanismo di accelerato transito midollare, produce neutrofili più immaturi e quindi ipofunzionanti.
Le caratteristiche del pegfilgrastim sono sovrapponibili a quelle del filgrastim, a conferma di come sia la componente glucidica della molecola a fare la differenza.
Dal laboratorio alla clinica, le differenze fra lenograstim e filgrastim si evidenziano anche in vivo. Entrambe le formulazioni sono efficaci nel ridurre la durata della neutropenia postchemioterapia, prevenire la neutropenia, e migliorare la prognosi della neutropenia febbrile. Tuttavia ad oggi non esistono ancora studi comparativi in ambito clinico che dimostrino la reale superiorità di una delle due formulazioni.
Lo studio multicentrico attualmente in corso evidenzia, all’interim analisi, che lenograstim, durante il recupero di cellule staminali, si associa ad un ridotto numero di episodi febbrili rispetto a filgrastim, con una differenza del 9,9%. Inoltre, gli episodi febbrili in corso di lenograstim si sono verificati in assenza di neutrofili circolanti, mentre con filgrastim, in più della metà dei casi, con neutrofili in circolo. Questi risultati confermano, in accordo con i dati di laboratorio, che lenograstim, rispetto al filgrastim, consente un miglior recupero dei neutrofili sia in termini numerici ma soprattutto sotto l’aspetto funzionale.
Anche il recupero di cellule staminali sia in soggetti sani che affetti da patologia neoplastica, è migliore dopo somministrazione di lenograstim in virtù della sua maggiore affinità recettoriale e della migliore biodisponibilità. È quindi necessario un minor numero di procedure aferetiche, con un guadagno effettivo fino al 40%.
L’insieme di questi elementi delinea una miglior azione di lenograstim che, determinando una stimolazione fisiologica dei neutrofili e garantendo pertanto la loro integrità funzionale, conserva le normali funzioni neutrofiliche necessarie in primis per il controllo dei processi infettivi.
In conclusione, lenograstim rappresenta, dunque, la versione ricombinante identica al G-CSF umano, nel quale la corretta sequenza aminoacidica primaria è glicosilata per consentire la formazione della perfetta struttura terziaria, determinando un profilo d’azione che rispetta maggiormente la fisiologia del neutrofilo. Tutto questo si traduce, nella pratica clinica, in una migliore protezione dei pazienti sottoposti a chemioterapia nei confronti delle infezioni.
Dall’analisi dei dati sperimentali analizzati è possibile concludere che i due tipi di G-CSF attualmente disponibili nella pratica clinica per controllare la neutropenia indotta dalla chemioterapia hanno caratteristiche diverse, derivanti fondamentalmente da un’unica ed apparentemente semplice differenza nella struttura molecolare: la glicosilazione.
La differenza fondamentale fra le due molecole risulta la porzione glicosidica che, pur non essendo fondamentale per l’attività biologica del G-CSF, è da ritenersi responsabile delle notevoli differenze fra le caratteristiche chimico-fisiche e biologiche di lenograstim e filgrastim. La glicosilazione, infatti, aumenta in lenograstim la stabilità della molecola alle variazioni termiche e di pH e all’aggressione delle proteasi (elastasi), l’affinità per il recettore specifico e l’efficacia nella mobilizzazione dei PMN, che risulta in vivo di circa il 27% superiore a quella di filgrastim.
Inoltre, come dimostrato dagli studi sulla polimerizzazione dell’actina e sull’attivazione della proteina RhoA, i neutrofili stimolati con lenograstim sono capaci di riprodurre le normali cinetiche di risposta neutrofilica quando vengono esposti a stimoli adeguati. Quelli stimolati con filgrastim invece mostrano un’iperattivazione basale con scarsa risposta agli agenti infettivi esogeni.
Lo studio delle caratteristiche immunofenotipiche dei neutrofili stimolati con fattori di crescita ha evidenziato che il lenograstim determina la formazione di neutrofili maturi e quindi normofunzionanti mentre filgrastim, probabilmente per un meccanismo di accelerato transito midollare, produce neutrofili più immaturi e quindi ipofunzionanti.
Le caratteristiche del pegfilgrastim sono sovrapponibili a quelle del filgrastim, a conferma di come sia la componente glucidica della molecola a fare la differenza.
Dal laboratorio alla clinica, le differenze fra lenograstim e filgrastim si evidenziano anche in vivo. Entrambe le formulazioni sono efficaci nel ridurre la durata della neutropenia postchemioterapia, prevenire la neutropenia, e migliorare la prognosi della neutropenia febbrile. Tuttavia ad oggi non esistono ancora studi comparativi in ambito clinico che dimostrino la reale superiorità di una delle due formulazioni.
Lo studio multicentrico attualmente in corso evidenzia, all’interim analisi, che lenograstim, durante il recupero di cellule staminali, si associa ad un ridotto numero di episodi febbrili rispetto a filgrastim, con una differenza del 9,9%. Inoltre, gli episodi febbrili in corso di lenograstim si sono verificati in assenza di neutrofili circolanti, mentre con filgrastim, in più della metà dei casi, con neutrofili in circolo. Questi risultati confermano, in accordo con i dati di laboratorio, che lenograstim, rispetto al filgrastim, consente un miglior recupero dei neutrofili sia in termini numerici ma soprattutto sotto l’aspetto funzionale.
Anche il recupero di cellule staminali sia in soggetti sani che affetti da patologia neoplastica, è migliore dopo somministrazione di lenograstim in virtù della sua maggiore affinità recettoriale e della migliore biodisponibilità. È quindi necessario un minor numero di procedure aferetiche, con un guadagno effettivo fino al 40%.
L’insieme di questi elementi delinea una miglior azione di lenograstim che, determinando una stimolazione fisiologica dei neutrofili e garantendo pertanto la loro integrità funzionale, conserva le normali funzioni neutrofiliche necessarie in primis per il controllo dei processi infettivi.
In conclusione, lenograstim rappresenta, dunque, la versione ricombinante identica al G-CSF umano, nel quale la corretta sequenza aminoacidica primaria è glicosilata per consentire la formazione della perfetta struttura terziaria, determinando un profilo d’azione che rispetta maggiormente la fisiologia del neutrofilo. Tutto questo si traduce, nella pratica clinica, in una migliore protezione dei pazienti sottoposti a chemioterapia nei confronti delle infezioni.
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