Tesi etd-02252016-162311 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
MARINI, ANDREA
URN
etd-02252016-162311
Titolo
IL TRATTAMENTO CHEMIOTERAPICO DI II-LINEA IN PAZIENTI CON CARCINOMA DEL PANCREAS METASTATICO TRATTATI IN I-LINEA CON REGIME FOLFOXIRI: ANALISI DI ATTIVITA’ ED EFFICACIA E DETERMINAZIONE DI POTENZIALI FATTORI PROGNOSTICI
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
Parole chiave
- analisi multivariata
- analisi univariata
- Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana
- tumore gastro-enterico
Data inizio appello
15/03/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il carcinoma del pancreas (pancreatic cancer, PC) è la quarta causa di morte cancro-correlata negli Stati Uniti ed è destinata a diventare la seconda dal 2020. Sebbene le strategie di trattamento siano migliorate negli ultimi anni, la prognosi dei pazienti con carcinoma pancreatico avanzato (advanced pancreatic cancer, aPC) non resecabile rimane infausta.
La gemcitabina è stata considerata il trattamento standard nell’aPC fino a pochi anni fa e i diversi tentativi di migliorare la sopravvivenza combinando la gemcitabina con altri farmaci citotossici o a target molecolare specifico hanno condotto a successi molto limitati, se non nulli. Ad oggi la combinazione di gemcitabina e nab-paclitaxel ed il regime a tre farmaci FOLFIRINOX (5-fluorouracile/leucovorin, oxaliplatino, irinotecano) sono le combinazioni standard nel trattamento dell’aPC, avendo dimostrato risultati migliori della sola gemcitabina in termini di attività ed efficacia.
Un gruppo collaborativo francese ha riportato nel 2011 i risultati di un decisivo studio di fase III che ha valutato un regime di prima linea non basato su gemcitabina, denominato FOLFIRINOX: lo schema a 3 farmaci ha dimostrato un’attività (response rate, RR: 31,6% vs. 9,4%) e un’efficacia (overall survival, OS: mediana 11,1 vs. 6,8 mesi; progression free survival, PFS: mediana 6,4 vs. 3,3 mesi) significativamente migliori rispetto alla sola gemcitabina. Questi risultati sono stati successivamente consolidati in un secondo studio di fase III, che ha confermato la superiorità del regime FOLFIRINOX rispetto alla monoterapia con gemcitabina.
Sebbene particolarmente attivo e dotato di buona efficacia, il regime FOLFIRINOX è gravato da tossicità superiori a quelle della sola gemcitabina (in particolare tossicità ematologica e diarrea). Questi effetti collaterali limitano l’utilizzo routinario di tale regime a pazienti selezionati con adeguata funzione midollare, epatica e renale e che non presentino comorbidità di rilievo. Molti gruppi hanno tentato di migliorare il profilo di sicurezza del regime FOLFIRINOX, in particolare riducendo le dosi di irinotecano e modificando la schedula di somministrazione di 5-fluorouracile) (FOLFIRINOX modificato, mFOLFIRINOX). Il nostro gruppo ha confermato la buona tollerabilità e la conservata efficacia anche nel trattamento dell’aPC del regime FOLFOXIRI secondo la schedula sviluppata nel carcinoma del colon-retto dal Gruppo Oncologico Nord-Ovest (GONO).
A seguito dei progressi citati nel setting di prima linea, vi è adesso un crescente interesse nell’individuare la chemioterapia di seconda linea ottimale nell’aPC. Non vi sono attualmente terapie di seconda linea standard dopo chemioterapia con FOLFIRINOX in prima linea, sebbene molti agenti siano stati testati dopo il fallimento della gemcitabina, con risultati modesti in termini di RR, PFS e OS.
Nello studio francese di fase III sopra citato, 80 pazienti nel gruppo FOLFIRINOX e 85 pazienti nel gruppo gemcitabina hanno ricevuto un trattamento di seconda linea e non è stata evidenziata alcuna differenza in termini di OS tra i due bracci (4,4 mesi in entrambi i gruppi). In uno studio a coorte multicentrico prospettico, la combinazione di nab-paclitaxel e gemcitabina è stata valutata dopo il fallimento del regime FOLFIRINOX in 57 pazienti: il disease-control rate (DCR) è stato interessante (58%), con un 17,5% di tasso di risposta obiettive. L’OS mediana è stata di 8,8 mesi e la PFS mediana di 5,1 mesi, confermando l’esistenza di un sottogruppo di pazienti con aPC che potrebbero beneficiare di una terapia di seconda linea attiva.
Più recentemente, sono stati presentati i risultati di uno studio su una chemioterapia di seconda linea (gemcitabina o regimi polichemioterapici con gemcitabina) somministrata in un’ampia coorte di 105 pazienti con aPC che sono andati incontro a progressione dopo FOLFIRINOX: sfortunatamente, è stata riportata una PFS mediana di soli 2 mesi.
In questo lavoro riportiamo i risultati di uno studio prospettico volto a valutare l’attività, l’efficacia e la tollerabilità della chemioterapia di seconda linea somministrata a pazienti con aPC dopo il fallimento di FOLFIRINOX in prima linea. Con la nostra analisi abbiamo inoltre valutato i vari trattamenti chemioterapici utilizzati e studiato potenziali fattori prognostici al fine di ridefinire la selezione dei pazienti in questo scenario così difficile.
Abbiamo raccolto una casistica di 150 casi trattati con FOLFOXIRI in I linea dal 2010 al 2015 presso il Polo Oncologico dell’AOUP. Di questi, 88 pazienti, con un’età mediana di 65 anni (range 41-75), hanno intrapreso un trattamento chemioterapico di seconda linea e sono pertanto risultati eleggibili per il nostro studio. La distribuzione tra i due stadi di malattia in tutti i pazienti trattati con FOLFOXIRI in prima linea è risultata ben bilanciata, seppure con una maggior prevalenza della malattia metastatica (59,3% vs. 40,7%): all’inizio del trattamento di seconda linea, la quasi totalità degli 88 pazienti trattati (93,2%) presentava metastasi a distanza. Nei 150 pazienti trattati in prima linea, la sede della malattia primitiva, con un 49,3% di tumori a livello della testa e un 46% a livello del corpo-coda, concorda con l’evidenza della pratica clinica ed inoltre nel 18,6% della popolazione inclusa era stato realizzato un precedente posizionamento o intervento di derivazione biliare.
Con il trattamento di seconda linea, abbiamo riportato un RR del 10,2% (9 pazienti hanno ottenuto una risposta parziale secondo i criteri RECIST). Altri 20 pazienti (22,7%) hanno ottenuto una stabilizzazione di malattia (disease control rate, DCR, definito come somma dei pazienti responsivi e con stabilità di malattia: 33,0%). Ad un follow-up mediano di X mesi la PFS mediana e la OS mediana sono risultate rispettivamente di 2,9 mesi (95%CI: 2,2-3,6) e di 6,3 mesi (95%CI: 5,4-7,2).
La gemcitabina è stata considerata il trattamento standard nell’aPC fino a pochi anni fa e i diversi tentativi di migliorare la sopravvivenza combinando la gemcitabina con altri farmaci citotossici o a target molecolare specifico hanno condotto a successi molto limitati, se non nulli. Ad oggi la combinazione di gemcitabina e nab-paclitaxel ed il regime a tre farmaci FOLFIRINOX (5-fluorouracile/leucovorin, oxaliplatino, irinotecano) sono le combinazioni standard nel trattamento dell’aPC, avendo dimostrato risultati migliori della sola gemcitabina in termini di attività ed efficacia.
Un gruppo collaborativo francese ha riportato nel 2011 i risultati di un decisivo studio di fase III che ha valutato un regime di prima linea non basato su gemcitabina, denominato FOLFIRINOX: lo schema a 3 farmaci ha dimostrato un’attività (response rate, RR: 31,6% vs. 9,4%) e un’efficacia (overall survival, OS: mediana 11,1 vs. 6,8 mesi; progression free survival, PFS: mediana 6,4 vs. 3,3 mesi) significativamente migliori rispetto alla sola gemcitabina. Questi risultati sono stati successivamente consolidati in un secondo studio di fase III, che ha confermato la superiorità del regime FOLFIRINOX rispetto alla monoterapia con gemcitabina.
Sebbene particolarmente attivo e dotato di buona efficacia, il regime FOLFIRINOX è gravato da tossicità superiori a quelle della sola gemcitabina (in particolare tossicità ematologica e diarrea). Questi effetti collaterali limitano l’utilizzo routinario di tale regime a pazienti selezionati con adeguata funzione midollare, epatica e renale e che non presentino comorbidità di rilievo. Molti gruppi hanno tentato di migliorare il profilo di sicurezza del regime FOLFIRINOX, in particolare riducendo le dosi di irinotecano e modificando la schedula di somministrazione di 5-fluorouracile) (FOLFIRINOX modificato, mFOLFIRINOX). Il nostro gruppo ha confermato la buona tollerabilità e la conservata efficacia anche nel trattamento dell’aPC del regime FOLFOXIRI secondo la schedula sviluppata nel carcinoma del colon-retto dal Gruppo Oncologico Nord-Ovest (GONO).
A seguito dei progressi citati nel setting di prima linea, vi è adesso un crescente interesse nell’individuare la chemioterapia di seconda linea ottimale nell’aPC. Non vi sono attualmente terapie di seconda linea standard dopo chemioterapia con FOLFIRINOX in prima linea, sebbene molti agenti siano stati testati dopo il fallimento della gemcitabina, con risultati modesti in termini di RR, PFS e OS.
Nello studio francese di fase III sopra citato, 80 pazienti nel gruppo FOLFIRINOX e 85 pazienti nel gruppo gemcitabina hanno ricevuto un trattamento di seconda linea e non è stata evidenziata alcuna differenza in termini di OS tra i due bracci (4,4 mesi in entrambi i gruppi). In uno studio a coorte multicentrico prospettico, la combinazione di nab-paclitaxel e gemcitabina è stata valutata dopo il fallimento del regime FOLFIRINOX in 57 pazienti: il disease-control rate (DCR) è stato interessante (58%), con un 17,5% di tasso di risposta obiettive. L’OS mediana è stata di 8,8 mesi e la PFS mediana di 5,1 mesi, confermando l’esistenza di un sottogruppo di pazienti con aPC che potrebbero beneficiare di una terapia di seconda linea attiva.
Più recentemente, sono stati presentati i risultati di uno studio su una chemioterapia di seconda linea (gemcitabina o regimi polichemioterapici con gemcitabina) somministrata in un’ampia coorte di 105 pazienti con aPC che sono andati incontro a progressione dopo FOLFIRINOX: sfortunatamente, è stata riportata una PFS mediana di soli 2 mesi.
In questo lavoro riportiamo i risultati di uno studio prospettico volto a valutare l’attività, l’efficacia e la tollerabilità della chemioterapia di seconda linea somministrata a pazienti con aPC dopo il fallimento di FOLFIRINOX in prima linea. Con la nostra analisi abbiamo inoltre valutato i vari trattamenti chemioterapici utilizzati e studiato potenziali fattori prognostici al fine di ridefinire la selezione dei pazienti in questo scenario così difficile.
Abbiamo raccolto una casistica di 150 casi trattati con FOLFOXIRI in I linea dal 2010 al 2015 presso il Polo Oncologico dell’AOUP. Di questi, 88 pazienti, con un’età mediana di 65 anni (range 41-75), hanno intrapreso un trattamento chemioterapico di seconda linea e sono pertanto risultati eleggibili per il nostro studio. La distribuzione tra i due stadi di malattia in tutti i pazienti trattati con FOLFOXIRI in prima linea è risultata ben bilanciata, seppure con una maggior prevalenza della malattia metastatica (59,3% vs. 40,7%): all’inizio del trattamento di seconda linea, la quasi totalità degli 88 pazienti trattati (93,2%) presentava metastasi a distanza. Nei 150 pazienti trattati in prima linea, la sede della malattia primitiva, con un 49,3% di tumori a livello della testa e un 46% a livello del corpo-coda, concorda con l’evidenza della pratica clinica ed inoltre nel 18,6% della popolazione inclusa era stato realizzato un precedente posizionamento o intervento di derivazione biliare.
Con il trattamento di seconda linea, abbiamo riportato un RR del 10,2% (9 pazienti hanno ottenuto una risposta parziale secondo i criteri RECIST). Altri 20 pazienti (22,7%) hanno ottenuto una stabilizzazione di malattia (disease control rate, DCR, definito come somma dei pazienti responsivi e con stabilità di malattia: 33,0%). Ad un follow-up mediano di X mesi la PFS mediana e la OS mediana sono risultate rispettivamente di 2,9 mesi (95%CI: 2,2-3,6) e di 6,3 mesi (95%CI: 5,4-7,2).
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