Tesi etd-02212018-102239 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
COSIMINI, BENEDETTA
URN
etd-02212018-102239
Titolo
Studio delle mutazioni somatiche nella Leucemia Mieloide Acuta e valutazione del loro potere prognostico attraverso l'utilizzo della PCR.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Galimberti, Sara
relatore Prof. Petrini, Mario
relatore Prof. Petrini, Mario
Parole chiave
- c-KIT
- DNMT3A
- FLT3
- LMA
- mutazioni somatiche
- N-RAS
- NGS
- real-time PCR
- WT1
Data inizio appello
13/03/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
La definizione di “leucemia mieloide acuta” (LAM) include un ampio gruppo di neoplasie ematologiche che coinvolgono i precursori ematopoietici della linea mieloide, rappresentata da granulociti, monociti, eritrociti e megacariociti.
La LAM è caratterizzata da una proliferazione clonale di tali precursori che presentano una capacità ridotta di differenziarsi in elementi cellulari più maturi. Questo determina un accumulo di forme immature nel midollo osseo, nel sangue periferico e talvolta in altri tessuti, con una riduzione variabile nella produzione di normali globuli rossi (anemia), piastrine (trombocitopenia) e granulociti maturi (neutropenia), con o senza leucocitosi.
La LAM è una patologia complessa: alla base di questa troviamo una estrema varietà di anomalie genetiche ed epigenetiche che influenzano la risposta alla terapia e quindi prognosi ed outcome del paziente.
Oggi infatti una corretta classificazione della LAM non può prescindere dalla valutazione dei parametri citogenetici e molecolari, determinanti la prognosi e l’outcome del paziente affetto. Tra le tecniche molecolari a disposizione, la NGS permette una caratterizzazione accurata, ma l'ottimizzazione è spesso complicata ed inoltre non è una tecnica disponibile ovunque. Così, l’utilizzo della PCR convenzionale si è dimostrato essere un ottimo surrogato per la valutazione del profilo mutazionale del paziente; Nel nostro studio sono stati arruolati 38 pazienti affetti dal LAM, nei quali, usando le piastre per PCR, abbiamo valutato le mutazioni ASXL1, TET2, IDH1, IDH2, ANR, WT1, c-kit, RUNX1, FLT3, NPM1, e DNMT3a. I risultati ottenuti hanno dimostrato che nell'81% dei casi sono presenti mutazioni dei geni presi in esame, con una mediana di 2 mutazioni per paziente: il 60% ha mostrato mutazioni c-kit, il 26% mutazioni di N-RAS, il 16% di IDH2, NPM1, e RUNX1, il 13% di FLT3, il 10% dei IDH1; l’8% di WT1, e DNMT3a, ed infine il 3% di TET2 e ASXL1. La presenza/assenza di mutazioni ha dimostrato avere un impatto significativo sul tasso di risposta (100% per i pazienti non mutati contro il 42% dei mutati). La presenza di almeno 3 mutazioni nei profili studiati si è dimostrata avere un forte impatto negativo su tasso di risposta, OS e PFS, dove il ruolo maggiore è ricoperto dalle mutazioni DNMT3a e FLT3.
In conclusione, le analisi molecolari di base sono ancora fondamentali per la classificazione della LAM, ma la valutazione della eventuale mutazione somatica aggiuntiva sarebbe utile per una più corretta stratificazione dei pazienti nelle classi di rischio.
La LAM è caratterizzata da una proliferazione clonale di tali precursori che presentano una capacità ridotta di differenziarsi in elementi cellulari più maturi. Questo determina un accumulo di forme immature nel midollo osseo, nel sangue periferico e talvolta in altri tessuti, con una riduzione variabile nella produzione di normali globuli rossi (anemia), piastrine (trombocitopenia) e granulociti maturi (neutropenia), con o senza leucocitosi.
La LAM è una patologia complessa: alla base di questa troviamo una estrema varietà di anomalie genetiche ed epigenetiche che influenzano la risposta alla terapia e quindi prognosi ed outcome del paziente.
Oggi infatti una corretta classificazione della LAM non può prescindere dalla valutazione dei parametri citogenetici e molecolari, determinanti la prognosi e l’outcome del paziente affetto. Tra le tecniche molecolari a disposizione, la NGS permette una caratterizzazione accurata, ma l'ottimizzazione è spesso complicata ed inoltre non è una tecnica disponibile ovunque. Così, l’utilizzo della PCR convenzionale si è dimostrato essere un ottimo surrogato per la valutazione del profilo mutazionale del paziente; Nel nostro studio sono stati arruolati 38 pazienti affetti dal LAM, nei quali, usando le piastre per PCR, abbiamo valutato le mutazioni ASXL1, TET2, IDH1, IDH2, ANR, WT1, c-kit, RUNX1, FLT3, NPM1, e DNMT3a. I risultati ottenuti hanno dimostrato che nell'81% dei casi sono presenti mutazioni dei geni presi in esame, con una mediana di 2 mutazioni per paziente: il 60% ha mostrato mutazioni c-kit, il 26% mutazioni di N-RAS, il 16% di IDH2, NPM1, e RUNX1, il 13% di FLT3, il 10% dei IDH1; l’8% di WT1, e DNMT3a, ed infine il 3% di TET2 e ASXL1. La presenza/assenza di mutazioni ha dimostrato avere un impatto significativo sul tasso di risposta (100% per i pazienti non mutati contro il 42% dei mutati). La presenza di almeno 3 mutazioni nei profili studiati si è dimostrata avere un forte impatto negativo su tasso di risposta, OS e PFS, dove il ruolo maggiore è ricoperto dalle mutazioni DNMT3a e FLT3.
In conclusione, le analisi molecolari di base sono ancora fondamentali per la classificazione della LAM, ma la valutazione della eventuale mutazione somatica aggiuntiva sarebbe utile per una più corretta stratificazione dei pazienti nelle classi di rischio.
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