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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02202023-122752


Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
RACITI, ANDREA
URN
etd-02202023-122752
Titolo
Eccezione e destino. La filosofia del diritto di Alexandre Kojève alla luce dell'essere accidentale
Settore scientifico disciplinare
IUS/20
Corso di studi
SCIENZE GIURIDICHE
Relatori
tutor Prof. Belloni, Ilario
Parole chiave
  • Alexandre Kojève
  • Aristotele
  • Carl Schmitt
  • comunismo e diritto (communism and law)
  • diritto e politica (law and politics)
  • diritto privato (private law)
  • dottrina dello Stato (theory of the state)
  • Emanuele Severino
  • fenomenologia del diritto (phenomenology of right)
  • filosofia del diritto (philosophy of law)
  • fine della storia (end of history)
  • Hegel e il diritto (Hegel and law)
  • Heidegger
  • Marx
  • metafisica del diritto (metaphysics of law)
  • ontologia del diritto (ontology of law)
  • riconoscimento (recognition)
  • Schelling
  • sistema giuridico (system of law)
  • Solov'ëv
  • stato universale (universal state)
  • teoria dell'autorità (theory of authority)
  • teoria della rivoluzione (theory of revolution)
  • tirannide (tyranny)
Data inizio appello
28/03/2023
Consultabilità
Completa
Riassunto
La tesi, intitolata Eccezione e destino. La filosofia del diritto di Alexandre Kojève alla luce dell'essere accidentale, è principalmente rivolta a dischiudere, a partire da quel momento epigonale del pensiero occidentale qual è la fenomenologia del diritto kojèviana, la forma stessa della domanda sull'essenza della Storia. Solo iniziando a domandare a partire dalla fine della Storia, professata da Kojève, se ne può comprendere l'essenza. Quest'ultima, per il filosofo russo, ha un contenuto determinato, mai abbandonato da Kojève alle lizze ideologiche, quale che sia la Weltanschauung di turno che tenti di appropriarsene ai suoi ristretti fini.
Il contenuto della fine della Storia è giuridico. Il fenomeno del Droit è oggetto privilegiato della riflessione del filosofo russo fin dai primi appunti del giovanile Diario del filosofo (1917-1923), fino alle grandi opere politico-giuridiche della maturità, ossia La notion de l'autorité (1942) e, soprattutto, l'Esquisse d'une phénoménologie du droit (1943).
Nel corso del lavoro, ho tentato di far emergere, attraverso l'individuazione ed il dispiegamento delle premesse ontologico-metafisiche del discorso giuridico kojèviano, sia la struttura che la legge latenti della totalità dell'essente, che si stagliano dinanzi a noi, in modo eminente, nella fenomenologia giuridica kojèviana. Sia la struttura che la legge si presentano, appunto, in modo latente, inconscio: non in senso psicanalitico-freudiano, bensì nel senso di quell'apparire dell'essenza del fondamento che, proprio in quanto è, ad un tempo, il nulla-di-relazione immanente a quest'ultima e l'anticipazione incontrovertibile di questo nulla, non può guardare alle spalle di se stesso, è l'abisso dell'essenza o il fondamento infondato (Un-grund o Ab-grund).
L'a-relazione, intesa come la relazione di una non relazione, ossia la correlazione originaria, nella scissione tra Idea e Realtà, tra gli irrelati (per l'appunto, Idea e Realtà) e la scissione stessa, è la co-implicazione assoluta tra l'essere dell'annientamento e l'annientamento dell'essere. In questo senso, l'a-relazione è l'autentico essere accidentale o Symbebekós. Il puro accidens, l'accadere dell'essente in quanto tale è la congiunzione (˄) tra il preannuncio dell'annientamento dell'essere, intesa come dialettica tra l'Idea-pravda (quindi, Verità e Giustizia) e la realtà mondana della dialettica giuridico-politica, descritta da Kojève, tra diritto in potenza e diritto in atto. L'Idea-pravda possiamo chiamarla anche «Destino», mentre la dialettica giuridico-politica storica, si può definire «destino». Se il Destino, in quanto preannuncio eterno dell'eterno annientamento dell'essere si riflette nel rapporto tra la Giustizia e la definizione del diritto kojèviane, in cui l'adeguatezza del fenomeno giuridico non è che la forza ciclica che annienta ogni ordine giuridico esistente, il destino non è che la realizzazione del Destino, ossia la legge dell'anaciclosi che regola la produzione storica dell'essente e del non-essente e, dunque, anche degli ordinamenti giuridici: questa legge è la metafisica dell'eccezione.
La struttura, dunque, in quanto è ciò che non fonda, bensì, sfonda l'essenza del fondamento, è l'essere accidentale quale comprensione del preannuncio (la dialettica destinale) e della realizzazione (la metafisica dell'eccezione). Dal canto suo, la legge è costituita dalla co-implicazione assoluta del Destino (o Giustizia) e del destino (o diritto), la cui unità sintetica risiede nell'accidentalità in quanto doppia trascendenza che permane confitta nella sua auto-essenziazione – il Destino-Giustizia – e nella sua auto-determinazione – il destino-diritto o metafisica dell'eccezione.
L'identità sintetica di metafisica dell'eccezione e Destino, alla luce dell'essere accidentale, costituisce quel Sistema della verità che viene a tutti gli effetti disvelato attraverso la chiarificazione della fenomenologia giuridica kojèviana la quale, a partire da e, ad un tempo, contro la Rechtsphilosohphie hegeliana, ci conduce ad una prospettiva che stravolge ed eradica, attraverso la riflessione sul diritto, l'ethos dell'ontologia e della filosofia giuridico-politica occidentali, fondato sul rapporto gerarchico tra necessità e accidente, consentendo così di rileggere questa tradizione nel suo insieme, a partire da Aristotele fino a Emanuele Severino, alla luce di un altro – che qui viene mostrato come l'autentico – concetto dell'essere accidentale che, inevitabilmente, porta a riconsiderare tout court, per converso, anche lo stesso concetto di necessità.
Il diritto, per Kojève, si rapporta sempre alla totalità del tempo storico, che, per il filosofo russo, non è altro che l'eternità. Quest'eternità, anche nel solco della dottrina dell'Autorità del Juge messa a fuoco ne La notion de l'autorité, è ciò che, permanendo confitta nel tempo, si oppone alle figure di Autorità (Père, Chef, Maître) incarnanti il passato, il futuro e il presente.
Il diritto e l'Autorità eterna che lo regge e legittima non sono altro, pertanto, che l'espressione compiuta dell'equazione kojèviana che sintetizza appieno la sua posizione metafisica di fondo: C=T, ovverosia l'identità di Concetto e Tempo, che, nel corso della tesi, viene mostrata come la versione kojèviana della dialettica destinale, la quale, in quanto storia giuridica, si esprime come metafisica dell'eccezione. Quest'ultima non è altro che la legge dell'oscillazione (il platonico epamphoterìzein) tra un ordine statico-potenziale ed un ordine statico-attuato, cioè il dibattersi della realtà giuridica tra una finalità che unifica la molteplicità delle spinte strutturali alla distruzione di un ordine giuridico costituito in atto e quest'ultimo. Il movimento di creazione-distruzione (poiesis) che innerva la storia del diritto non è che l'eccezione originaria o ordine dinamico-attuale, che si identifica senza riserve con l'identità tra: 1) la rappresentazione del movimento di negazione attiva – quindi, della mediazione storica – dell'Essere-dato-immediato; siffatta rappresentazione è la Filosofia o Concetto; 2) l'effettiva Azione o Realtà oggettiva, nel suo compimento già-ora e non meramente fattuale, come fin de l'Histoire, ovvero come Stato universale e omogeneo, la vera attività di tutti e di ciascuno (Tun aller und Jeder) – quindi il Tempo come negazione attiva e creatrice dell'Essere-dato-naturale. Insomma, l'identità di Concetto e Tempo (C=T).
Nell'indagine svolta nel corso dei quattro Capitoli che compongono questo lavoro, si tenta di mostrare come, alla luce dell'essere accidentale – mai nominato come tale da Kojève, ma il cui concetto viene tuttavia intravisto, e con estrema chiarezza, dal filosofo russo, già nella giovanile filosofia dell'in-esistente, nonché nella metafora del foro dell'anello– lo stesso accidente emerga come eccezione destinale che, costituendo l'essente e il non essente, non solo, di conseguenza, costituisce anche l'essenza del diritto, ma, per converso, con e attraverso il diritto, si dischiude essa stessa nella sua più evidente e concreta manifestazione umana: la fede nell'Impero socialista in quanto forma giuridica comunista.
Il lavoro, pertanto, si articola nella chiarificazione di quattro questioni portanti, ciascuna oggetto di indagine in ogni Capitolo corrispondente, in cui si condensa la nostra lettura della filosofia del diritto kojèviana: Cap. I) la posizione metafisica di fondo di Kojève, secondo il quale il Concetto è il Tempo (C=T), che ci condurrà a comprendere perché tale equazione, ad un tempo, fondi la fenomenologia giuridica kojèviana e si spieghi, ossia disveli il suo autentico senso, solo attraverso il diritto che essa fonda metafisicamente; Cap. II) una volta compreso il senso giuridico della posizione metafisica di fondo kojèviana, andrà messo in luce il significato della dialettica destinale, ossia di quella che qui chiameremo la rappresentazione del [(De˄de)]stino.
Ciò comporta la comprensione della distinzione nell'inseparabilità dei concetti di Destino e di destino, anch'essi, come l'essere accidentale, mai nominati come tali da Kojève, ma che costituiscono il senso capitale di due concetti-cardine della sua gius-fenomenologia: l'idea specificamente giuridica di Giustizia e il diritto in quanto realizzazione dell'idea di Giustizia stessa.
A questo proposito, diventa necessario setacciare a fondo il senso metafisico della definizione del diritto elaborata da Kojève, in quanto essa non è che il preannuncio, ossia la permanente ed anticipante pre-visione dell'annientamento dell'essere, che si profila in quanto <<adeguatezza>> del fenomeno giuridico e, quindi, come <<intervento del terzo imparziale e disinteressato>>; Cap. III) si passerà perciò alla trattazione di quella partizione della verità filosofica che chiamiamo analitica del destino, ovvero l'indagine onto-fenomenologica sulla realizzazione del diritto (Rechtsverwirklichung), in quanto metafisica dell'eccezione, ovvero anaciclosi della ri-presentazione del destino in quanto auto-rappresentazione del Destino, ossia, in termini giusfilosofici, l'eternità dell'annientamento di tutti gli ordinamenti giuridico-politici.
Sarà in questo contesto che verrà posta la questione di quello che Kojève chiama «Impero socialista» in quanto forma giuridica comunista, ovvero l'oggetto della fede escatologica in una fine della Storia, il cui senso autentico (non fideistico) sarà, già nel Cap. I, disvelato, ma compreso compiutamente nell'ultimo Capitolo; Cap. IV) a questo punto si dovrebbe arrivare sufficientemente preparati alla soglia della trattazione dell'essere accidentale o Symbebekós, in quanto esso è la com-prensione o rappresentazione di eccezione (o destino) e Destino, ovvero di diritto e Giustizia; non la loro mera relazione o, al contrario, irrelazione, bensì la loro a-relazione o co-implicazione.
A questo proposito, tutto ciò emergerà a partire dal significato della metafora del foro dell'anello utilizzata da Kojève per spiegare, ad un tempo, la sua concezione metafisica e l'antropogenesi, e quindi, a partire da quest'ultima, l'essere accidentale in quanto identità di eccezione (o destino) e Destino, si mostrerà sia a partire dall'indagine sull'origine e l'evoluzione del diritto, sia attraverso la delineazione del contenuto giuridico della fede nello Stato universale e omogeneo (o Impero socialista) in quanto forma giuridica comunista fondata sul diritto sintetico del Cittadino, ovvero il diritto privato assoluto.
Questa forma giuridica post-storica, oggetto fondamentale della pistis giuridica kojèviana, si rivelerà nient'altro che l'ipotesi manifestante la struttura della verità filosofica in quanto a-relazione di Destino e destino, ovvero, ancora una volta, essere accidentale.
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