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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02202022-000308


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
TIEGHI, GABRIELE
URN
etd-02202022-000308
Titolo
LA BELT AND ROAD INITIATIVE CINESE. TRA OPPORTUNITA' DI MERCATO E CORSA ALL'EGEMONIA GLOBALE.
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SCIENZE MARITTIME E NAVALI
Relatori
relatore Prof. Sberna, Salvatore
Parole chiave
  • one belt one road
  • belt and road initiative
  • BRI
  • Cina
  • China
Data inizio appello
04/03/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
04/03/2092
Riassunto
Con l’avvento del nuovo secolo, la Cina aspira ad acquisire il ruolo di potenza regionale egemone in Asia orientale, con una proiezione globale che guarda ben oltre i propri confini geografici. Il suo percorso in rapida ascesa l’ha portata, negli ultimi quarant’anni, dall’essere un’economia in via di sviluppo a divenire una vera superpotenza globale, ruolo che contende con gli Stati Uniti. Nel percorrere questo cammino, la Cina è stata capace di creare la “sua strada”, adeguandosi all’economia globale e, anzi, essendone uno dei maggiori protagonisti, pur mantenendo la sue strutture del potere e propugnando una “globalizzazione inclusiva”. La Cina ha sfruttato i fenomeni di globalizzazione ed è diventata a tuti gli effetti la fabbrica del mondo. Tuttavia, se per decenni centinaia di milioni di cinesi hanno vissuto al di sotto della soglia d povertà, negli ultimi anni questa cifra si è enormemente ridotta. Secondo i numeri delle autorità cinesi, nel 1978, erano 770 milioni i cinesi a vivere sotto la soglia di povertà, mentre nel 2017 solo 30 milioni; il tasso di povertà è passato dal 97% al 3% e la Cina ha contribuito per oltre il 70% all'alleviamento della povertà globale.
Insieme al raggiungimento di importanti traguardi in termini di crescita economica e commercio internazionale, la Cina è stata capace di dettare la sua strada nell’ambito delle relazioni internazionali, in particolare attraverso il progetto della “Nuova Via della Seta”.
Il progetto Belt and Road Initiative, lanciato dal presidente Xi Jinping nel marzo del 2013 ad Astana, Kazakhstan ha dato forma alla volontà, da parte della Cina, di costituirsi dapprima come nuova potenza economica regionale e successivamente al fine di costituire un nuovo potere economico su scala globale. Alla base del progetto vi è l’idea di creare una rete di infrastrutture terrestri e marittime per migliorare il flusso delle merci che viaggiano dalle altamente industrializzate province costiere cinesi all’Europa. Se fino a non molti anni fa questo viaggio era possibile solamente via mare, ora esiste già la possibilità di far viaggiare le merci via treno dall’estremo oriente cinese ad Amburgo. Se da un punto di vista ingegneristico e logistico sussistono ancora delle difficoltà che rendono preferibile il viaggio via nave, come gli ostacoli burocratici per lo sdoganamento delle merci dalla Cina ai paesi del CSI, ancora gravitanti sotto l’influenza russa, e il diverso sistema di scartamento ferroviario usato in Cina e nei paesi ex-sovietici, l’apertura di questa nuova rotta ferroviaria erode in qualche modo il potere degli Stati Uniti, vera talassocrazia moderna, che controlla tutti i principali stretti da cui transitano la maggior parte delle merci.
La BRI ha mosso, nella sua seppur breve storia, una quantità enorme di capitali in vari progetti di cooperazione economica tra la Cina e molti paesi in via di sviluppo. Capitali che fanno impallidire i fondi stanziati annualmente da organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale o la World Bank e che, per via della generale opacità dietro le procedure per l’assegnazione di questi fondi, hanno presto reso la Belt an Road Initiative un simbolo per quanto riguarda pratiche relative alla corruzione governativa e a politiche di cooptazione economica attraverso l’indebitamento delle nazioni in via di sviluppo.
Sul fronte interno, invece, la BRI ha dato slancio e nuova centralità alla provincia più remota nel vastissimo territorio cinese, lo Xinjiang o “Nuova frontiera”, nota soprattutto per le vicende collegate al popolo degli uiguri. Punto di snodo delle vie della seta fin dai tempi di Marco Polo, è ora lo snodo principale di ferrovie, oleodotti e gasdotti che da qui si dipanano verso le repubbliche dell’Asia Centrale, ricche di idrocarburi, nonché “ponte” terrestre verso la Russia europea, e verso il Pakistan, che assume una rilevanza geopolitica anche in funzione di contrasto all’India (il nemico del mio nemico è mio amico).
Infine, anche se non per importanza, l’esigenza di mantenere il suo ritmo di crescita ai consueti valori positivi, ha da sempre spinto la Cina a generare nuova domanda per i suoi beni a basso costo e per le sue multinazionali, in tutti i maggiori settori dell’economia, a partire da quelli che possiedono un’importante quota nel settore delle grandi opere civili.
La BRI, in questo senso, è sicuramente uno strumento nelle mani di Pechino per ritagliare un posto anche per la Cina nello scenario dei grandi attori geopolitici. Ma quanto questo strumento è fatto per perseguire l’ambizione del primato nella scena geopolitica e geo-economica e quanto invece è fatto per generare nuova domanda al fine di generare nuova prosperità? I vari progetti della BRI quanto vogliono essere uno strumento di penetrazione economica nei vari settori critici degli stati, come quello delle infrastrutture e quanto invece asservono lo scopo di portare beni e servizi delle grandi compagnie cinesi in giro per il mondo?
In un’ottica mercantilista, la BRI è uno strumento nelle mani di Pechino, che tramite la forza economica acquisita negli ultimi decenni, vuole assoggettare le economie degli stati limitrofi o di quelli che hanno un cospicuo valore strategico, con il fine ultimo del raggiungimento di una posizione di egemonia globale. In un’ottica liberista, invece, la BRI serve per creare nuove possibilità di affari per le industrie cinesi e parimenti fa il sistema dei prestiti internazionali correlati alla costruzione dei progetti, che attraverso dinamiche talvolta poco trasparenti, ha lo scopo ultimo di accrescere la ricchezza della Cina come nuovo “general contractor” dell’economia globalizzata, centro di erogazione di beni e servizi rivolti alle nazioni in via di sviluppo.
Questo lavoro cerca di dare una risposta ai precedenti interrogativi attraverso la ricerca e studio di fonti nella quasi totalità in lingua inglese e tramite l’analisi di dati macro-indicatori di come l’economia dei paesi investiti dai progetti della BRI sia cambiata,. Come spesso accade in questo tipo di ricerca è difficile propendere per una visione del tutto bianca o nera, bensì, la tesi che sostengo è che i vari progetti BRI hanno diversi volti, che cambiano in base alla situazione contingente: se in alcuni paesi vi è un chiaro intento di inserirsi in maniera preponderante nell’economia, così da rafforzare i legami con Pechino, al fine di costruire una posizione di vantaggio strategico nello scacchiere globale, in altre situazioni sembra veramente esserci soltanto un interesse economico, basato sia sull’esportazione di beni e servizi all’estero, sia sulla volontà di instaurare programmi di cooperazione internazionale.
Diversa è l’analisi che riguarda la BRI nel suo complesso, che è chiaramente un elemento fondamentale nella strategia globale di Pechino, basata principalmente sul potere economico.
La presente tesi di laurea magistrale è strutturata in cinque capitoli. Nel primo viene introdotto il quesito di ricerca, come sopra esposto, e un case study che ho voluto affrontare in merito ai differenti piani per lo sviluppo e la cooperazione internazionale intrapresi dalla Cina e dall’Unione Europea in Africa, terreno non solo ricco di risorse, ma caratterizzato da una domanda di infrastrutture sempre crescente e destinata a crescere nel futuro.
Nel secondo capitolo vengono introdotte le principali dottrine dell’International Political Economy (IPE), che, nel campo delle teorie delle relazioni internazionali studia il rapporto strutturante tra politica e economia. Queste dottrine, principalmente divise tra mercantilismo, liberismo e marxismo sono il metro e il prerequisito metodologico per l’analisi nelle parti successive del presente lavoro. Inoltre vengono analizzate le due ipotesi, mercantilista e liberista, in merito a cosa sia la BRI per la Cina e per il mondo, attraverso vari esempi concreti.
Nel terzo capitolo ho voluto analizzare la dimensione geografica, geopolitica e geo-economica dei molteplici progetti della BRI, andando a vedere, quali sono i progetti principali nelle varie parti del mondo, quanto siano riusciti rispetto agli intenti proposti e quali interessi strategici vanno a costituire o a modificare.
Nel quarto capitolo viene affrontato il case study in merito ai programmi di cooperazione economica in Africa di Cina e Unione Europea. La Cina infatti vanta una presenza economica nel continente africano che è seconda solo alle nazioni europee, che si può dire che, durante il periodo coloniale, abbiano plasmato dal nulla l’economia in quella regione del globo. Quale delle due politiche è risultata la maggiormente appetibile e quale la più efficace, ma soprattutto, quale dà maggiori garanzie di stabilità alle nazioni africane?
Nel quinto e ultimo capitolo vengono tratte le conclusioni, fornendo una risposta al quesito di ricerca.
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