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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02202019-091034


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
CASCI, CHIARA
URN
etd-02202019-091034
Titolo
Emorragia nei trapianti di fegato: analisi retrospettiva di sedici anni di attivita'
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Biancofiore, Giandomenico Luigi
correlatore Dott.ssa Bindi, Maria Lucia
Parole chiave
  • blood loss
  • emorragia
  • liver transplantation
  • MELD
  • transfusion
  • trapianto di fegato
Data inizio appello
12/03/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
12/03/2089
Riassunto
Il trapianto di fegato è una procedura altamente complessa che viene eseguita oramai di routine presso numerosi centri italiani. Essa costituisce l’unico trattamento definitivo per pazienti affetti da epatopatie acute e croniche terminali nonché da neoplasie epatiche con estensione circoscritta.
Il trapianto di fegato è stato storicamente associato ad un utilizzo massivo di trasfusioni ematiche. Questo, a causa sia della gravità clinica complessiva dei pazienti che del grado di compromissione della funzione epatica ed anche dell’estensione della chirurgia. Poiché numerosi studi evidenziano come il ricorso massiccio alla risorsa trasfusionale sia associato a un peggior outcome dei pazienti in termini di complicanze post-operatorie, durata della degenza ospedaliera e mortalità; nel corso degli anni si è assistito ad uno sforzo, sia sul piano clinico che su quello della ricerca, da parte specialmente di chirurghi ed anestesisti mirante a contenere le necessità trasfusionali di questi pazienti. Tale azione congiunta ha in effetti reso possibile la progressiva riduzione dell’entità delle trasfusioni effettivamente somministrate nel periodo peri-operatorio del trapianto.
Con questo studio ci si è proposti di analizzare criticamente l’esperienza pluriennale del centro trapianti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, centro di rilievo nazionale per quanto riguarda la trapiantologia epatica, allo scopo di valutare l’impatto clinico del numero di trasfusioni, evidenziando anche eventuali fattori a cui si associa un maggior rischio di emorragia intra operatorie.
Lo studio ha riguardato 1624 trapianti di fegato, eseguiti nel periodo compreso tra Gennaio 2002 e Febbraio 2017. Sono stati esclusi i re-trapianti in quanto riconosciuti essere fattori indipendenti del rischio di sanguinamento.
Dall’unione di più database, anestesiologici e chirurgici, è stato possibile ottenere un unico, ampio bacino di dati. In particolare sono state analizzate 30 variabili: 7 riguardanti il donatore (genere, età, causa del decesso, durata della degenza in terapia intensiva, presenza di instabilità emodinamica o arresto cardiaco, ultimo sodio), 7 riguardanti il ricevente nella fase pre-operatoria (genere, età indicazione al trapianto, MELD, INR, bilirubina, piastrine, creatinina), 7 riguardanti la fase intra operatoria (trasfusioni di GRC, PFC, PLT, albumina, tempo di ischemia calda e fredda, complicanze) e, infine, 8 variabili post operatorie (trasfusioni di GRC, PFC, PLT, albumina, complicanze, giorni di degenza, esito e sopravvivenza).
La sopravvivenza dei pazienti ad un anno dal trapianto è stata del 90.02%, mentre, quella a tre anni è stata dell’84.34%. Queste percentuali risultano essere superiori alla media nazionale, dove la sopravvivenza ad un anno dal trapianto è stimata essere dell’86.5% (Report 2017 condotto dal Centro Nazionale Trapianti riguardante il periodo di riferimento 2000 – 2014). Anche questo dato mette in evidenzia la qualità dell’assistenza fornita dall’equipe Pisana. Anche per quanto riguarda l’utilizzo di Globuli Rossi Concentrati si evidenzia che il 40% degli interventi è stato eseguito senza ricorso a trasfusione di emazie e solo nel 13.4% dei casi sono state trasfuse più di sei unità di Globuli Rossi Concentrati.
Allo scopo di individuare eventuali differenze relative ai parametri esaminati e ricercare possibili fattori predittivi di sanguinamento intraoperatorio, i pazienti sono stati suddivisi in quattro sottogruppi a seconda del numero di unità di GRC trasfuse durante l’intervento.
Attraverso la costruzione delle curve di sopravvivenza di Kruskal – Wallis, si è potuta apprezzare una netta differenza in termini di sopravvivenza nei sottogruppi presi in considerazione. Valutando infatti la sopravvivenza ad un anno, i pazienti che hanno trasfuso 0 sacche di GRC hanno registrato un tasso di sopravvivenza del 95.06%, quelli che hanno trasfuso tra 1 e 6 sacche del 90.92%, quelli che hanno trasfuso tra 7 e 16 unità del 78.41%. Infine, i soggetti che hanno ricevuto più di 17 unità di GRC hanno evidenziato una sopravvivenza pari al 43.75%. Questo dato conferma quindi il peggior outcome dei pazienti politrasfusi rispetto a quelli che hano ricevuto un numero inferiore a sei di trasfusioni.
Utilizzando gli opportuni strumenti statistici, si sono successivamente ricercati potenziali fattori pre-operatori associati ad un maggior sanguinamento del paziente durante l’atto chirurgico. L’analisi dei dati ha evidenziato che fattori correlati alla marginalità dell’organo, come l’età del donatore e il valore di sodio ematico al momento del prelievo non hanno avuto un impatto significativo sull’entità delle trasfusioni. Per contro, alcune variabili collegate ai riceventi (età del ricevente, il valore del punteggio MELD e i valori pre-operatori di INR, creatinina, bilirubina, albumina e piastrine) hanno mostrato una correlazione con la presenza di emorragia grave intra-operatoria.
Attraverso le curve ROC si è provveduto ad indagare l’esistenza di una relazione tra il numero di GRC trasfusi in sala operatoria e la sopravvivenza ricavando un AUC=0.787 e Youden index pari a 5 (unità di GRC).
I risultati di questo studio rappresentano la base di partenza per ulteriori approfondomenti che che prevedono, tra l’altro, l’individuazione e la validazione di uno score predittivo delle necessità trasfusionali intra-operatorie al fine di poter ulteriormente migliorare la gestione perioperatoria di questa particolare classe di pazienti.
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