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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02182021-142446


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
GUGLIELMI, GIACOMO
URN
etd-02182021-142446
Titolo
Trattamenti neoadiuvanti nella chirurgia del tumore polmonare localmente avanzato: dalla chemio alla chemio-immunoterapia.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Lucchi, Marco
Parole chiave
  • Immunoterapia
  • trattamento multimodale
  • PD-1/PD-L1
  • cisplatino
  • chemioterapia tradizionale
  • farmaci biologici
  • sopravvivenza
  • MPR
  • resezione chirurgica
  • radicalità oncologica.
  • NSCLC
  • chirugia toracica
Data inizio appello
09/03/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
09/03/2024
Riassunto
Il tumore del polmone rappresenta la principale causa di morte per patologia neoplastica nel mondo. L’elevata mortalità riflette una diagnosi spesso tardiva del tumore polmonare perché questa neoplasia esordisce spesso in maniera asintomatica o con sintomatologia aspecifica mentre tende a divenire sintomatica quando si trova in fase avanzata oppure quando è già metastatica. Circa il 70% dei NSCLC viene diagnosticato in fase avanzata e questo fenomeno limita le possibilità di effettuare un trattamento curativo; infatti, la sola chirurgia, considerata il gold-standard del trattamento del tumore polmonare in fase iniziale, non può essere considerata tale nel tumore polmonare localmente avanzato e tantomeno nel tumore metastastico. Se per il tumore metastatico alla diagnosi è possibile effettuare chemioterapia esclusiva, per lo stadio localmente avanzato (IIB-IIIA) il trattamento, spesso, prevede l’integrazione della chirurgia con la terapia farmacologica e, quando necessario, con la radioterapia, che possono essere somministrata prima dell’intervento (regime neoadiuvante) o dopo l’intervento (regime adiuvante). Lo scopo della chemioterapia adiuvante è quello di completare la radicalità chirurgica dell’intervento perché questa va ad eliminare sia eventuali residui microscopici di cellule tumorali che possono permanere nel sito chirurgico dopo l’intervento, sia i possibili aggregati cellulari non visibili ma presenti a distanza al momento della diagnosi (micrometastasi). Agendo con questa modalità terapeutica si limitano quindi le possibilità di sviluppo di una recidiva locale o a distanza della malattia anche dopo molto tempo dall’intervento chirurgico. La chemioterapia neoadiuvante o primaria viene somministrata prima dell’intervento chirurgico, per consentirne la fattibilità tecnica nel caso in cui la malattia si presentasse alla diagnosi ad uno stadio troppo avanzato per essere trattato con una chirurgia radicale oppure tollerabile dal paziente. In questo scenario la chirurgia permette di ottenere dei buoni risultati in termini di sopravvivenza o di intervallo libero da malattia in pazienti altrimenti non candidabili a trattamento locale. I primi studi sul trattamento neoadiuvante nell’ambito dei NSCLC risalgono agli inizi degli anni 90 e furono disegnati nel tentativo di aumentare la sopravvivenza e di migliorare quindi la prognosi dei pazienti a cui veniva diagnosticata la malattia in stadio avanzato, che fino ad allora era estremamente infausta. Il successo di questi studi ha spinto la comunità scientifica ad implementare i protocolli terapeutici con nuovi farmaci e nuove combinazioni che potessero incrementare l’efficacia di questo tipo di trattamento. Sono stati pertanto introdotti in terapia neoadiuvante e adiuvante i farmaci biologici, anticorpi monoclonali che si legano a specifici ligandi o recettori coinvolti nel processo di crescita delle cellule tumorali e sono tuttora impiegati singolarmente o in combinazione con i farmaci tradizionali. A partire dai primi anni del duemila l’immunoterapia ha radicalmente modificato la prognosi di varie neoplasie. Questa terapia si basa sulla “teoria della sorveglianza immunologica” secondo la quale le cellule che costituiscono il sistema immunitario sono in grado di riconoscere il tessuto tumorale come non self e di innescare quindi una risposta citotossica contro di esso. Tuttavia, il tumore attraverso la produzione di citochine e l’espressione di ligandi specifici sopprime direttamente la risposta immunitaria rivolta contro di esso impedendo quindi che la sua crescita venga contrastata dal sistema immunitario. Pertanto, sono stati sviluppati farmaci che, bloccando i ligandi presenti sulle cellule tumorali oppure i recettori presenti sui linfociti T, stimolano il sistema immunitario ad innescare e mantenere una risposta T citotossica contro le cellule neoplastiche. Il farmaco non uccide direttamente le cellule tumorali come avviene con le terapie tradizionali, ma stimola il sistema immunitario ad eliminare le cellule cancerose analogamente a quanto succede durante un’infezione innescata dai comuni patogeni. Nell’ambito del tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) l’immunoterapia è stata impiegata dapprima come terapia di salvataggio nelle forme di tumore già metastatiche alla diagnosi. I buoni risultati ottenuti in questa categoria di pazienti hanno spinto la comunità scientifica ad elaborare protocolli di chemioterapia neoadiuvante e adiuvante con questi farmaci per gli stadi di malattia localmente avanzati (IIIA).
Negli ultimi anni tale attenzione ha portato alla proposta di diversi studi sul ruolo e sull’utilità della immunoterapia anche in regime neoadiuvante per alcune forme di NSCLC localmente avanzato (soprattutto per quelli con alta espressione di PD-L1).
Abbiamo riportato la nostra esperienza in merito a pazienti con NSCLC in stadio localmente avanzato, sottoposti a trattamento neoadiuvante e a chirurgia presso la nostra U.O. negli ultimi 15 anni, analizzando il tasso di riposta clinico e patologico alla chemioterapia di induzione. Per quanto riguarda l’aspetto più squisitamente chirurgico sono stati valutati parametri quali durata dell’intervento chirurgico, tasso di complicanze intra e peri-operatorie, mortalità a 30 giorni e durata della degenza ospedaliera, mentre l’aspetto oncologico del controllo di malattia è stato analizzato tramite stima della sopravvivenza globale (Overall Survival, OS), del tasso di recidiva e dell’intervallo libero da malattia (Disease Free Interval, DFI).
Infine, abbiamo confrontato i suddetti parametri tra il gruppo dei pazienti trattati con sola chemioterapia neoadiuvante e quello dei pazienti che hanno ricevuto chemio-immunoterapia prima dell’intervento. Tale analisi ha mostrato una sostanziale equivalenza per quanto riguarda i fattori intra- e peri-operatori, OS, tasso di recidiva e DFI, mentre abbiamo riscontrato una significativa maggiore risposta della malattia al trattamento di induzione, in termini Major Pathological Response (MPR), nei pazienti sottoposti a chemio-immunoterapia neoadiuvante (p= 0.005).
In conclusione, nonostante i nostri dati non consentano di stabilire un’effettiva superiorità della chemio-immunoterapia neoadiuvante, rispetto alla sola chemioterapia, in termini di OS e DFI nei pazienti affetti da NSCLC in stadio localmente avanzato, tale approccio neoadiuvante in pazienti selezionati è risultato essere incisivo sul tasso di risposta alla terapia di induzione. Inoltre, l’incidenza di complicanze intra- e peri-operatorie dei due gruppi di pazienti è risultata sostanzialmente sovrapponibile. Pertanto, l’utilizzo di farmaci immunoterapici nel trattamento neoadiuvante di pazienti affetti da NSCLC rappresenta un’opzione valida ed efficace per casi selezionati, inoltre non risulta inficiare significativamente la fattibilità tecnica della resezione polmonare. Tale terapia necessita comunque di essere inserita nell’ambito più ampio di un trattamento multimodale, gestito da un team multidisciplinare, che va ritagliato sulla base delle condizioni individuali del paziente e sulle caratteristiche istologiche e biologiche della neoplasia, al fine di ottenere un adeguato controllo di malattia nel tempo.
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