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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-02182011-191846


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
BARONTI, MARIA ENRICA
URN
etd-02182011-191846
Titolo
Il controllo dell'apporto dietetico di fosforo nell'Insufficienza Renale Cronica: pericolo degli additivi a base di fosforo.
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Barsotti, Giuliano
Parole chiave
  • iperfosfatemia
  • fosforo negli alimenti
  • additivi alimentari
  • insufficienza renale cronica
  • hyperphosphatemia
  • dietary phosphorus
  • food additives
  • chronic kidney disease
Data inizio appello
15/03/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
15/03/2051
Riassunto
RIASSUNTO



Tra le alterazioni metaboliche che si riscontrano nell’Insufficienza Renale Cronica, l’iperfosforemia risulta essere un fattore indipendente predittivo di mortalità e morbilità cardiovascolare. Questo si verifica non solo in questi pazienti ma anche nei non nefropatici e potrebbe quindi essere considerato un nuovo marker di rischio per questa patologia.
Il fosforo è presente come tale in quantità maggiore o minore in tutti gli alimenti, ma anche “nascosto” nei numerosi additivi utilizzati dall’industria alimentare per migliorarne l’aspetto e le caratteristiche organolettiche.
La dieta ipofosforica, fondamentale per il controllo dell’iperfosforemia nell’Insufficienza Renale Cronica, deve tenere sotto controllo non solo l’apporto totale di fosforo, mantenendolo tra i 300-700 mg/die, a seconda della riduzione della funzione renale, ma deve considerare il tipo di fosforo (organico vs inorganico), la fonte dell’elemento (proteine animali vs proteine vegetali) e il rapporto tra fosforo e proteine ( Pmg/g Proteine). Requisito fondamentale della strutturazione della dieta è quello di mantenere il più possibile in equilibrio il bilancio del fosforo e che la selezione degli alimenti per ottenere questo risultato non sia vanificata dalla quantità eccessiva di additivi in essi presenti.
Alla dieta ipofosforica si affianca l’utilizzo dei chelanti intestinali del fosforo, per aumentarne l’eliminazione con le feci. Fra questi, escludendo quelli a base di alluminio per la loro tossicità, restano a disposizione del nefrologo il calcio carbonato e il calcio acetato (che possono provocare un incremento della calcemia), il Sevelamer (resina a scambio ionico, con adsorbimento aspecifico) e il carbonato di lantanio. Questi ultimi due, essendo privi di calcio, non provocano ipercalcemia e quindi, riducendo fosforemia, mantengono il prodotto Ca•P a livelli tali da impedire le calcificazioni metastatiche.
Nei pazienti in dialisi una seduta può anche normalizzare la fosforemia, che però, nelle ore successive, torna di nuovo ai livelli predialisi. Per tenerla sotto controllo, è indispensabile un supporto dietetico e la somministrazione di chelanti intestinali del fosforo.
Questo studio si inserisce nell’ottica di una gestione ottimale del controllo dell’apporto dietetico e quindi del bilancio del fosforo nei pazienti con IRC. L’obiettivo è dimostrare l’impatto sulla fosforemia degli alimenti contenenti additivi (il cosiddetto fosforo “invisibile”) rispetto a quelli che non ne contengono.
Per individuare il fosforo “invisibile”, che si somma a quello normalmente presente, è stata analizzata direttamente la composizione chimica diversi alimenti di origine animale.
Dai risultati ottenuti emerge chiaramente che la quantità in fosforo, espressa come rapporto Pmg/Protg, è molto più alta nei prodotti contenenti additivi rispetto a quelli che ne sono privi. Una parte di questo fosforo è proprio la quota solubile presente negli additivi stessi (15,0 ±3,1 mg/g vs. 9,3 ±0,7 mg/g, P<.001) mentre non ci sono differenze per quanto riguarda la materia secca (27,2 ±0,2 g/100g vs. 26,7 ±1,9 mg/100g) e l’azoto (3,15 ±0,40 g/100g vs. 3,19 ±0,40 g/100g).
Questi dati mostrano che gli alimenti contenenti additivi hanno un quantitativo di fosforo che arriva ad essere del 70% più alto rispetto ai prodotti che ne sono privi. Il fosforo inorganico in essi presente è completamente assorbito a livello intestinale, portando quindi ad un peggioramento del bilancio della fosforemia e rendendo necessario quindi un maggior supporto farmacologico (chelanti intestinali del fosforo) che si traduce in un aumento della spesa sanitaria per paziente.
In sostanza, mettere a punto dei programmi di educazione e informazione alimentare specifici è di fondamentale importanza per questi pazienti. Infatti, una corretta informazione sulla pericolosità di alcuni alimenti contenenti additivi ricchi di fosforo, aiuta il paziente a riconoscerli, e quindi ad evitarne il consumo.
Sarebbe auspicabile, inoltre, per meglio individuare gli alimenti “pericolosi” , che le Autorità preposte al controllo degli alimenti emanassero norme più rigide per l’etichettatura e per la redazione delle tabelle nutrizionali che indichino anche il fosforo presente nell’alimento in tutte le sue forme.



























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