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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02172016-225221


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
ZUCCHELLI, GEMMA
URN
etd-02172016-225221
Titolo
FOLFOXIRI più cetuximab nel trattamento di prima linea di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico RAS e BRAF wild-type: risultati dello studio di fase II randomizzato MACBETH
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
Parole chiave
  • tumore colorettale metastatico
  • tripletta
  • mantenimento
  • MACBETH trial
  • FOLFOXIRI + cetuximab
  • metastatic colorectal cancer
  • maintenance
  • bevacizumab post anti-EGFR
Data inizio appello
15/03/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
La prognosi dei pazienti con malattia metastatica da tumore del colon-retto è indubbiamente migliorata nell'arco degli ultimi anni, grazie al maggior utilizzo di trattamenti locoregionali (chirurgia, radioterapia, radiofrequenze) integrati con terapie sistemiche sempre più efficaci.
Complessivamente, nell’ambito della terapia del tumore del colon-retto metastatico, essendo le possibilità attuali numerosissime, risulta fondamentale l’individualizzazione della strategia terapeutica, basata fin da subito su una valutazione multidisciplinare, comprendente fattori clinici legati al paziente e alla sua malattia e fattori molecolari. Al momento, il passo cruciale in questo processo decisionale è rappresentato dalla scelta della “miglior intensità della chemioterapia”, basata sulle fluoropirimidine, sia orali che endovenose, l’oxaliplatino e l’irinotecan, oltre che del "miglior farmaco biologico" tra quelli disponibili: gli anticorpi monoclonali anti-EGFR, cetuximab e panitumumab, e l’anti-angiogenico bevacizumab. La combinazione di una doppietta di chemioterapici (FOLFOX o FOLFIRI) e un farmaco biologico viene ritenuta un’opzione standard per la maggior parte dei pazienti. Tuttavia, recentemente, i risultati dello studio TRIBE hanno reso disponibile, in casi clinicamente selezionati, una nuova opzione terapeutica più intensiva (FOLFOXIRI più bevacizumab), mentre nei pazienti unfit per trattamenti di combinazione è possibile optare per la monochemioterapia con fluoropirimidine in associazione, quando possibile, al bevacizumab. L’efficacia e il tollerabile profilo di tossicità del bevacizumab sono stati, quindi, ampiamente dimostrati in associazione a tutte le possibili combinazioni di chemioterapia di diversa intensità (dalla monoterapia alla tripletta), così come nella terapia di mantenimento. Meno robuste sono le evidenze a sostegno della possibilità di modulare l’intensità della chemioterapia in combinazione con gli anticorpi anti-EGFR. I dati disponibili riguardano, in particolar modo, la loro associazione con doppiette di chemioterapici (FOLFIRI e FOLFOX), mentre più di recente sono stati valutati in combinazione con regimi a tre farmaci, triplette, in studi precoci che ne hanno dimostrato un’attività promettente, con qualche dubbio sul profilo di tollerabilità legato in particolare all’elevata incidenza di eventi avversi gastroenterici.
Cetuximab e panitumumab non possono essere somministrati a pazienti i cui tumori presentino mutazioni a carico di RAS e, anche i tumori BRAF mutati traggono minimo beneficio da questi farmaci. I pazienti con mCRC RAS e BRAF wild type sono, quindi, i migliori candidati a questo trattamento, sebbene sviluppino poi invariabilmente meccanismi di resistenza acquisita.
Nel tentativo di spiegare i meccanismi alla base dello sviluppo di questo tipo di resistenza è stata formulata l’ipotesi per cui, in seguito al blocco della via di trasduzione del segnale mediata da EGFR, se ne potenzino di alternative, una tra tutte quella che coinvolge VEGF. Ciò costituisce il razionale biologico dell’esposizione sequenziale del paziente ad anticorpi anti-EGFR e anti-VEGF.
Tutte le prove soprariportate suggeriscono, quindi, che una strategia innovativa e promettente nel trattamento di pazienti affetti da mCRC molecolarmente selezionati potrebbe essere l’esporre subito agli agenti più attivi (cioè la combinazione tripletta di FOLFOXIRI più cetuximab), con lo scopo di ottenere un rapido controllo della malattia e la massima riduzione volumetrica tumorale e, successivamente, utilizzare una terapia di mantenimento meno aggressiva per inibire la ricrescita tumorale.

Lo studio randomizzato, non comparativo, di fase II MACBETH ha lo scopo di valutare l'attività e la sicurezza in prima linea di un regime modificato di FOLFOXIRI associato a cetuximab e, allo stesso tempo, del mantenimento con cetuximab o bevacizumab, in pazienti con mCRC non resecabile. Lo studio ha arruolato pazienti con età compresa tra 18 e 75 anni, non precedentemente trattati per la malattia metastatica, selezionati inizialmente in base allo stato wild-type di KRAS e, dopo un emendamento nell’ottobre 2013, allo stato wt sia di RAS che di BRAF.
I pazienti venivano randomizzati a ricevere fino a 8 cicli di mFOLFOXIRI + cetuximab, seguito da cetuximab (braccio A) o bevacizumab (braccio B) fino alla progressione. L’endpoint primario dello studio era la Progression Free Rate a 10 mesi dalla randomizzazione (10months-PFR).
Tra l’ottobre 2011 e il febbraio 2015, è stato eseguito lo screening di 323 pazienti provenienti da 21 centri italiani. Dei 143 pazienti randomizzati, i 116 risultati all RAS/BRAF wt sono stati inclusi nell’intention-to-treat population modificata (mITT) (braccio A/B n=59/57). Nell’intera mITT si è registrata un’età mediana di 60 anni e ottime condizioni cliniche dei pazienti (ECOG PS 0) nell’89% dei casi. La diagnosi dello stadio IV era avvenuta in modo sincrono a quella di CRC nell’84% dei casi, mentre quasi la metà dei pazienti aveva secondarismi limitati al fegato (45%).
Ad un follow-up mediano di 25,5 mesi, la 10m-PFR è stata del 52% nel braccio A e del 41% nel braccio B (endpoint primario non raggiunto), con una PFS mediana di 11.2 e 9.3 mesi. Il tasso di risposte era del 76% (braccio A/B) nei 106 pazienti valutabili e del 70% (braccio A/B 68%/72%) nell’intera popolazione mITT; soltanto in 2 pazienti per ciascun braccio sperimentale la PD è stata la miglior risposta registrata alle rivalutazioni in corso di trattamento. Il tasso di resezione è stato del 38% complessivamente (braccio A/B 46%/30%) e del 65% (braccio A/B 71% /58%) nel sottogruppo con malattia soltanto epatica. Le principali tossicità di grado 3-4 durante la terapia di induzione sono state neutropenia (33%), a cui si associa solo un 3% di neutropenia febbrile, diarrea (19%), eruzione cutanea (18%) e stomatite (6%).
In conclusione, nessuno dei due bracci ha raggiunto l’endpoint primario. Tuttavia, la terapia di induzione di 4 mesi con mFOLFOXIRI e cetuximab risulta fattibile in un contesto multicentrico e dotata di un’attività rilevante, che si esprime in elevati tassi di risposta e di conversione alla chirurgia. Questo elemento potrebbe influenzare positivamente i risultati in termini di OS, attualmente ancora immaturi.

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