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Thesis etd-02152010-121943


Thesis type
Tesi di laurea specialistica
Author
MANICA, MICHELE
URN
etd-02152010-121943
Thesis title
Climacturia dopo prostatectomia radicale con preservazione del collo vescicale: valutazione clinica e video-urodinamica
Department
MEDICINA E CHIRURGIA
Course of study
MEDICINA E CHIRURGIA
Supervisors
relatore Prof. Selli, Cesare
Keywords
  • Climacturia
  • prostatectomia radicale
  • video-urodinamica
Graduation session start date
16/03/2010
Availability
Withheld
Release date
16/03/2050
Summary
L’incontinenza associata all’orgasmo (OAI) o climacturia è stata osservata in pazienti che mantengono la funzione sessuale dopo prostatectomia radicale. Si manifesta molto più comunemente di quanto si pensasse e la sua incidenza varia, quando il sintomo è ben indagato, dal 18 al 45% dei casi. Pochi dati a riguardo sono presenti in letteratura.
Durante l’eiaculazione la vescica si contrae di riflesso ma, in presenza di un normale sfintere interno dell’uretra, prima della prostatectomia, non avviene la perdita di urine. La nuova situazione anatomica e funzionale causata dall’anastomosi dell’uretra membranosa al collo vescicale può causare climacturia, ma le ragioni non sono state completamente spiegate. Potrebbero essere implicati sia fattori neurologici che fattori anatomici.
Quando viene stimato l’impatto dell’incontinenza urinaria sulla qualità della vita, generalmente si assume che il volume della perdita urinaria abbia una grande importanza. Nondimeno la perdita anche di esigue quantità di urina in specifiche situazioni correla chiaramente con un deciso peggioramento della qualità della vita del paziente, causando imbarazzo e apprensione e costringendolo a modificare le abitudini sessuali.
Questo studio indaga l’incidenza, la rilevanza clinica, e gli aspetti video-urodinamici dell’ OAI in pazienti continenti e potenti dopo prostatectomia radicale con preservazione del collo vescicale (BNSRP).
Sono stati contattati telefonicamente e intervistati 324 pazienti sottoposti a BNSRP da un unico chirurgo nel periodo dal novembre del 2000 al dicembre del 2008.
Sono stati considerati idonei i pazienti continenti (che non riferivano l’uso di pads durante l’intervista telefonica), potenti (capaci di ottenere un’erezione sufficientemente rigida per la penetrazione) con o senza l’ausilio di inibitori della 5-fosfodiesterasi e che non avessero subito interventi di resezione prostatica prima della prostatectomia radicale. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti con protesi peniena o che utilizzavano PGE intracavernose per ottenere l’erezione.
84 pazienti sono quindi risultati arruolabili: 24 pazienti (28,57 %) riferivano climacturia, 60 (71,43%) erano asintomatici.
Solo 6 pazienti climacturici (gruppo 1; casi) hanno accettato di prendere parte allo studio sottoponendosi a una valutazione video-urodinamica. Sono stati arruolati altrettanti pazienti asintomatici (gruppo 2; controlli), con caratteristiche cliniche e patologiche omogenee. I due gruppi erano comparabili per età al momento dell’intervista telefonica (68.2 vs 66.2) ed età alla chirurgia (61.5 vs 61.8). I 12 pazienti sono stati sottoposti a pad-test delle 24 h e ai questionari IIEF-5 and IPSS.
Il 24h-pad test era negativo in entrambi i gruppi , l’IIEF medio in entrambi i gruppi era di 22 mentre si osservava un certo trend per scores IPPS più elevati nei pazienti con climacturia (6.83 vs. 5.5); anche la domanda 8 dell’IPPS che valuta la qualità della vita non mostrava differenze statisticamente significative nei due gruppi.
Alla cistomanometria tutti i pazienti presentavano normale compliance e normale capacità vescicale; nessun paziente dei due gruppi presentava segni di iperattività detrusoriale. All’uroflussimetria il Qmax non mostrava differenze statisticamente significative (rispettivamente 22.17 e 26.2 ml/sec). Allo stesso modo non erano statisticamente significative le differenze dei due gruppi nella valutazione del Valsalva leak point pressure (rispettivamente 86 e 113 cmH2O). La pressione media a livello sfinteriale nel gruppo 1 risultava inferiore a quella del gruppo 2, sebbene anche per questo dato le differenze non siano significative (rispettivamente 67 e 98.8 cm H2O) (p=ns); la velocità di recupero della continenza era stata di 4,7 mesi nel gruppo 1 mentre si era verificato recupero immediato alla rimozione del catetere vescicale nel gruppo di controllo. Tale differenza appare statisticamente significativa (p=0.03). Allo stesso modo è interessante che la lunghezza funzionale dell’uretra riscontrata durante la misurazione del profilo pressorio uretrale sia significativamente maggiore nel gruppo 2 rispetto al gruppo 1 (rispettivamente 20.4 nel primo gruppo e 35.2 mm nel secondo gruppo; p=0.001).
L’aspetto radiologico alla cistouretrografia minzionale risultava simile in entrambi i gruppi: la sclerosi del collo vescicale non sembra essere coinvolta nella patogenesi della climacturia nei pazienti studiati.
Le differenze nella lunghezza funzionale dell’uretra riscontrata durante la misurazione del profilo pressorio uretrale appaiono rilevanti e possono fornire una possibile chiave di lettura per la comprensione dell’eziologia dell’OAI dopo prostatectomia radicale, quando si instaura una nuova situazione anatomica e funzionale. La preservazione del collo vescicale durante prostatectomia radicale sembra non abbia un impatto significativo nel determinare i tassi complessivi di continenza a lungo termine ma influisce nel diminuire il tempo necessario per recuperare la continenza. Nella nostra casistica si rileva però una associazione statisticamente significativa tra tempo di recupero alla continenza e presenza del sintomo climacturia.
Il nostro studio è il primo che effettua una valutazione morfo-funzionale di soggetti con climacturia persistente dopo prostatectomia radicale. Tuttavia esso presenta il limite della ridotta numerosità dei soggetti in esame, il reclutamento dei quali è stato condizionato dall’invasività della valutazione urodinamica, in particolare nel gruppo dei controlli. Nella nostra serie di pazienti sottoposti a prostatectomia radicale non abbiamo rilevato che questo evento sia correlato a iperattività detrusoriale, ma piuttosto a una ridotta lunghezza funzionale dell’uretra, sebbene sia i casi che i controlli siano continenti durante le comuni attività giornaliere.
Dal momento che nei nostri pazienti non sono evidenti segni di rigidità dell’anastomosi vescico-uretrale, riteniamo che le differenze nella lunghezza funzionale dell’uretra possano spiegare il meccanismo dell’OAI. E’ stato dimostrato che la lunghezza pre-operatoria dell’uretra può variare ampiamente, e che le differenze anatomiche individuali possono in parte spiegare la climacturia nei pazienti trattati con la stessa tecnica chirurgica. Tuttavia un isolamento meticoloso e delicato dell’uretra membranosa e delle strutture intorno potrebbe diminuire il rischio di climacturia, in accordo con uno studio di Abdollah et al. (AUA 2008 abst 1512) che dimostra che un’accurata tecnica chirurgica permette una migliore preservazione dello sfintere uretrale e dei fasci neurovascolari con un’evidente diminuzione del rischio di complicazioni post-operatorie rispetto a pazienti sottoposti a prostatectomia radicale retropubica classica.
Infine il ruolo del danno iatrogeno dell’innervazione somatica del pavimento pelvico merita di essere indagato con studi elettromiografici.
La reale prevalenza della climacturia potrà essere determinata ed eventuali terapie mirate potranno essere individuate aumentando la familiarità al problema e comprendendo meglio la sua fisiopatologia, indagando il sintomo sistematicamente nella valutazione del paziente prostatectomizzato.


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