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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-02132015-161804


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
FERMANI, FEDERICA
URN
etd-02132015-161804
Titolo
"Generazione di vettori lentivirali per la produzione di cellule HUVEC funzionanti come sensori di differenziamento endoteliale"
Dipartimento
BIOLOGIA
Corso di studi
BIOTECNOLOGIE MOLECOLARI E INDUSTRIALI
Relatori
relatore Prof. Pasqualetti, Massimo
Parole chiave
  • differenziamento endoteliale
  • HUVEC
  • lentivirus
  • sensore fluorescente
Data inizio appello
02/03/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Le cellule endoteliali derivate dalla vena interna del cordone ombelicale (HUVECs, Human Umbilical Vein Endothelial Cells) sono cellule staminali fetali ottenute dal cordone ombelicale a fresco che possono essere mantenute in laboratorio utilizzando opportune condizioni sperimentali. Una peculiarità delle cellule HUVEC consiste nella capacità che hanno a differenziare in coltura in seguito al raggiungimento del massimo contatto cellulare (confluenza) generando una struttura cellulare monostratificata che mima sia da un punto di vista strutturale sia molecolare l’endotelio che riveste la parete interna dei vasi sanguigni. Per questo motivo le HUVEC costituiscono uno dei modelli in vitro maggiormente utilizzati per studiare i meccanismi alla base del differenziamento endoteliale.
L’aterosclerosi è una malattia multifattoriale che colpisce arterie di medio e grosso calibro; la lesione caratteristica dell’aterosclerosi è la placca aterosclerotica, ossia un ispessimento dell’intima (lo strato più interno delle arterie che è rivestito dall’endotelio ed è in diretto contatto con il sangue circolante) delle arterie, dovuto principalmente all’accumulo di materiale lipidico e alla proliferazione del tessuto connettivo che riducono l’elasticità del vaso sanguigno ostacolando il flusso sanguigno e determinando il restringimento (stenosi) del vaso interessato, fino alla sua occlusione. L’impianto di stent (angioplastica) è una delle possibilità di trattamento che trova largo impiego nella risoluzione di problemi di ostruzione arteriosa e che mira a ripristinare il flusso sanguigno all’interno del vaso ostruito entro valori prossimi alla norma. Gli stent sono strutture metalliche cilindriche a maglie che, una volta introdotti nel vaso sanguigno, vengono fatti espandere fino al corretto rispristino del diametro del lume. Ad oggi non è ancora possibile la realizzazione di dispositivi cardiovascolari, come gli stent, che presentino caratteristiche di completa emocompatibilità. L’interazione tra piastrine e materiale “estraneo” provoca spesso l’insorgenza di fenomeni coagulativi e i soggetti che hanno subito angioplastica vengono sottoposti a terapia con anticoagulanti a lungo termine per evitare la formazione di trombi. Al fine di prevenire tali gravi effetti collaterali sarebbe necessaria la formazione di un rivestimento di cellule endoteliali sullo stent (endotelizzazione) così da eliminare il contatto diretto con il sangue circolante. Tuttavia, il fenomeno di endotelizzazione è estremamente limitato a causa di una intrinseca difficoltà delle cellule endoteliali a crescere e differenziare su superfici piatte e rigide come quelle comunemente usate per produrre gli stent. Una strategia promettente, utilizzata allo scopo di favorire l’endotelizzazione, è rappresentata dalla realizzazione di modificazioni topografiche su scala micrometrica o submicrometrica, sui materiali utilizzati per la produzione degli stent, che possono favorire processi fondamentali per la formazione di un endotelio funzionale. È necessario, quindi, che le cellule riconoscano il materiale come un tessuto da rivestire; per verificare se ciò avvenga e per saggiare le proprietà di nuovi materiali per la generazione di stent cardiovascolari con performance migliore, sarebbe cruciale poter disporre di appropriati sistemi cellulari geneticamente modificati, con un potenziale differenziativo verso il destino endoteliale e contemporaneamente capaci di attivare reporter vitali fluorescenti in grado di funzionare come sensori di differenziamento endoteliale.
Un sistema efficiente per generare cellule geneticamente modificate è quello basato sulla trasduzione virale. Infatti, sfruttando la velocità e la stabilità dell’integrazione del materiale genetico esogeno nel genoma della cellula ospite da parte dei lentivirus (classe di virus a RNA), è possibile inserire costrutti di DNA esogeno contenenti il DNA codificante (cDNA) per proteine vitali fluorescenti. L’utilizzo di vettori lentivirali di terza generazione SIN (self-inactivating), inoltre, permette l’inattivazione del promotore virale contenuto nelle LTR (sequenze terminali ripetute lunghe) in modo che sia una specifica sequenza promotore/enhancer eterologa a dirigere l’espressione del transgene di interesse, in maniera tempo e tessuto specifica. Le cellule così generate possono funzionare da sensori fluorescenti per specifici destini differenziativi come, in questo specifico caso, quello endoteliale.
Durante il periodo di internato di tesi mi sono occupata della generazione di un vettore lentivirale per la produzione di cellule HUVEC modificate capaci di funzionare come sensori di differenziamento endoteliale. Inizialmente mi sono concentrata sullo studio del differenziamento endoteliale in vitro e, in particolare, sullo studio della proteina di adesione CLAUDINA-5 (CLDN-5). La CLDN-5 è una proteina integrale di membrana, costituente principale delle giunzioni strette e specificatamente espressa dalle cellule endoteliali. La sua espressione è riscontrabile a livello basale in cellule HUVEC in coltura seminate a bassa densità mentre, dopo che le cellule hanno raggiunto la confluenza, l’espressione della proteina aumenta di livello e cambia la sua localizzazione dal citoplasma alla membrana cellulare; proprio questo evento costituisce l’evidenza della progressione del differenziamento in senso endoteliale. Per questo, ho ingegnerizzato un vettore lentivirale ricombinante capace di riflettere in modo preciso la progressione del differenziamento. In particolare ho modificato un vettore lentivirale di espressione di terza generazione SIN (pRRLSIN.cPPT.PGK-GFP.WPRE) in cui ho clonato il cDNA della CLDN-5, fuso in frame al cDNA del reporter EGFP, sotto il controllo del promotore specifico della stessa CLDN-5. Una volta ottenuto il costrutto, è stato utilizzato per trasfettare cellule HEK 293T insieme ad un vettore di packaging (pCMVR8.74) ed un vettore di envelope (pMD2.G), che esprime la glicoproteina G del virus della stomatite vescicolare (VSV-G) e che ha permesso la pseudotipizzazione delle particelle virali ottenute.
Le cellule HUVEC trasdotte mostrano un profilo di espressione della EGFP simile a quello della CLDN-5: nelle cellule seminate a bassa densità la localizzazione della proteina GFP-CLDN-5 è perinucleare e citoplasmatica, mentre una volta arrivate a confluenza e differenziate la proteina di fusione è localizzata in maniera specifica sulla membrana cellulare, come componente delle giunzioni-strette. Le cellule trasdotte sono state analizzate con esperimenti di microscopia time-lapse per seguire nel tempo l’evoluzione e la progressione dell’espressione della EGFP e, soprattutto, per verificare la sua traslocazione dal citoplasma alla membrana durante le fasi del differenziamento indotto dalla confluenza Anche in questo caso è stato possibile osservare un aumento di espressione della proteina a livello della membrana di cellule adiacenti dovuto alla sua migrazione per andare a formare le giunzioni strette della struttura endoteliale completamente differenziata in vitro. Infine è stata verificata la corrispondenza temporale e spaziale tra l’espressione e la traslocazione del reporter in membrana e l’espressione di un marcatore endotelio specifico endogeno (ZO-1, proteina citoplasmatica che si lega alla CLDN-5), in modo da provare l’avvenuto differenziamento endoteliale. Esperimenti di immunocitochimica hanno mostrato una colocalizzazione delle proteine soprattutto a livello della membrana di cellule differenziate. Grazie a queste osservazioni le HUVEC infettate con il vettore lentivirale generato in laboratorio potranno essere usate come un sensore di differenziamento endoteliale per poter testare la biocompatibilità di nuovi materiali utilizzabili per dispositivi cardiovascolari.
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