Tesi etd-02112013-171909 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
BRANCATISANO, FRANCA LISA
URN
etd-02112013-171909
Titolo
Studio dell’attività antimicrobica del peptide cationico prodotto dal fegato dell’uomo Epcidina 20 verso biofilm
di Staphylococcus epidermidis
Settore scientifico disciplinare
BIO/19
Corso di studi
SCIENZE BIOLOGICHE E MOLECOLARI
Relatori
tutor Prof.ssa Batoni, Giovanna
Parole chiave
- AMPs
- biofilm
- Epcidina 20
- hep20
- peptidi antimicrobici
- Staphylococcus epidermidis
Data inizio appello
10/04/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
A causa dell’allarmante diffusione del fenomeno dell’antibiotico-resistenza in tutto il mondo, c’è la necessità impellente di sviluppare nuove classi di farmaci per il trattamento delle malattie da infezione. Un fattore che contribuisce in larga misura alla resistenza dei microrganismi ai trattamenti terapeutici è la loro capacità di formare biofilm, complesse comunità di cellule che vivono attaccate ad un substrato e sono immerse in una matrice extracellulare che loro stesse hanno prodotto. Il trattamento delle infezioni da biofilm è particolarmente difficile dato che le cellule in questa modalità di crescita sono intrinsecamente refrattarie ai farmaci antimicrobici ed alle difese dell’ospite. Una ridotta diffusione dei farmaci attraverso la matrice extracellulare, il basso ritmo di crescita delle cellule, l’aumentata capacità di scambiarsi elementi genetici mobili dovuta alla vicinanza tra le cellule, la presenza di sottopopolazioni di cellule dormienti (“persisters”) sono tutti fattori che si ritiene contribuiscano alla resistenza dei biofilm al trattamento antimicrobico.
Staphylococcus epidermidis è uno dei principali agenti patogeni nosocomiali spesso associato alla formazione di biofilm su dispositivi medici. La capacità di formare biofilm è considerato il principale fattore di virulenza del batterio. Si ritiene generalmente che i biofilm di S. epidermidis si sviluppino secondo 4 fasi principali: una fase di adesione delle cellule batteriche al substrato, una fase di accumulo in cui le cellule formano le “microcolonie”, una fase di maturazione in cui il biofilm acquista la sua complessa architettura ed, infine, una fase di distacco in cui cellule singole o gruppi di cellule si staccano dalla superficie e vanno a colonizzare siti circostanti. Il fattore di accumulo meglio conosciuto di S. epidermidis è la l’adesina intercellulare polisaccharidica (polysaccharide intercellular adhesin, PIA), un polimero di N- acetil-glucosammina parzialmente deacetilato, sintetizzato dai prodotti genici dell’operone ica, icaA, icaD, icaB and icaC. Sebbene il PIA è stato a lungo considerato un fattore indispensabile per la produzione di biofilm da parte di S. epidermidis, studi più recenti hanno sottolineano che esiste una grande variabilità tra isolati clinici diversi e che, in realtà, alche ceppi ica-negativi possono produrre biofilm con matrici extracellulari prevalentemente di natura proteica.
Fin dalla loro scoperta più di 30 anni fa i peptidi antimicrobici naturali (AMPs) hanno attratto un considerevole interesse come nuova classe di farmaci antinfettivi. Sebbene numerosi ostacoli ne limitano ancora l’uso come farmaci sistemici, il loro impiego nel trattamento di infezioni localizzate è più che promettente. Il possibile uso di AMPs per trattare i biofilm microbici è un’emergente area di ricerca dato che tali molecole presentano caratteristiche che potrebbero renderli particolarmente adatti contro cellule in questa modalità di crescita.
Studi precedenti del nostro gruppo di ricerca hanno dimostrato che il peptide antimicrobico prodotto dal fegato dell’uomo epcidina 20 (hep20) presenta una marcata capacità antimicrobica verso cellule planctoniche di batteri Gram-positivi e Gram-negativi isolati in ambiente nosocomiale e del lievito Candida glabrata. L’attività antimicrobica e il meccanismo d’azione del peptide sono modulati dal pH dato che un ambiente acido abbassa le concentrazioni battericide e riduce i tempi di killing rispetto ad un pH neutro.
Scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di testare le proprietà antibiofilm di hep20 verso isolati clinici di S. epidermidis. A tale scopo si è proceduto a isolare, identificare e caratterizzare ceppi nosocomiali di S. epidermidis, relativamente alla loro capacità di produrre biofilm. Data l’eterogeneità recentemente emersa tra isolati clinici, relativamente alla composizione della matrice extracellulare, si è proceduto anche a caratterizzare in dettaglio i ceppi batterici oggetto di studio da un punto di vista fenotipico e genetico per la capacità di produrre una matrice extracellulare di natura polisaccaridica o di natura proteica.
L’attività antibiofilm è stata valutata su biofilm in formazione quantificando la biomassa totale del biofilm (intesa come l’insieme delle cellule batteriche associate al biofilm e della matrice extracellulare) dopo colorazione con cristal violetto, l’attività metabolica cellulare, mediante saggio con alamar blu e il numero di cellule vitali (unità formanti colonia, CFU) associate al biofilm dopo il trattamento con hep20. Per un numero selezionato di ceppi si è proceduto anche a valutare la cinetica dell’effetto antibiofilm e l’effetto post-antimicrobico (Post antimicrobial effect, PAE) definito come la durata dell’effetto inibitorio dopo la rimozione del peptide. Delucidazioni sul possibile meccanismo dell’azione antibiofilm del peptide si sono ottenute da studi microscopia confocale, marcando le varie componenti del biofilm con traccianti fluorescenti ed analizzando gli effetti del trattamento con il peptide sull’architettura del biofilm. Si è valutato, infine, l’effetto antibiofilm di hep20 in combinazione con farmaci convenzionali come la vancomicina.
L’analisi della capacità di hep20 di inibire la formazione dei biofilm da parte dei ceppi caratterizzati ha rivelato che il peptide è, in generale dotato di una discreta capacità di provocare una riduzione dose-dipendente della biomassa totale del biofilm di S. epidermidis. Tale attività si aveva, nella maggior parte dei casi, a concentrazioni ben al disotto dei valori di MIC valutati verso cellule planctoniche, suggerendo che l’effetto inibitorio non fosse legato ad una attività antimicrobica diretta, ma verosimilmente ad un meccanismo biofilm-specifico. Sebbene si sia osservato un certo grado di variabilità nella suscettibilità dei ceppi a hep20 non si avevano evidenti differenze tra ceppi PIA-positivi e PIA-negativi. L’inibizione della biomassa da parte del peptide correlava con il decremento dell’attività metabolica del biofilm. Al contrario, il numero dei batteri vitali associati al biofilm veniva solo parzialmente ridotto dalla presenza del peptide. La capacità di hep20 di ridurre marcatamente la biomassa del biofilm e la sua attività metabolica con solo trascurabili effetti sul numero di CFU, suggerisce l’ipotesi che il peptide possa interferire con la produzione della matrice extracellulare da parte delle cellule associate al biofilm. Tale ipotesi è stata pienamente supportata dagli esperimenti di microscopia confocale, marcando la componente polisaccaridica e quella proteica della matrice extracellulare di due ceppi rappresentativi di S. epidermidis. Le immagini ottenute hanno chiaramente confermato che hep20 provoca una netta alterazione, dose-dipendente dell’architettura del biofilm ed una riduzione della matrice sia del ceppo PIA-positivo che di quello PIA-negativo, indipendentemente cioè dalla natura della matrice stessa. Quando si è proceduto a valutare la persistenza degli effetti inibitori di hep20 su biofilm di S. epidermidis è emerso un dato interessante. Appena 3 ore di esposizione al peptide erano sufficienti per far durare l’inibizione della matrice fino a 18 ore dalla rimozione del peptide stesso. Tale osservazione indica che gli effetti inibitori del peptide sono piuttosto stabili nel tempo e suggerisce possibili cinetiche di somministrazione del peptide in terapie combinate con antibiotici che agiscano riducendo il numero delle CFU. Al fine di valutare l’effettivo potenziale applicativo di hep20 in terapie combinate è stata valutata la capacità del peptide di potenziare l’attività antibatterica della vancomicina verso biofilm di S. epidermidis PIA-positivi e PIA-negativi. I risultati ottenuti hanno permesso di osservare che il pre-trattamento del biofilm con hep20 favorisce l’attività antimicrobica della vancomicina abbassandone notevolmente la concentrazione attiva e causando una riduzione statisticamente significativa nel numero delle CFU rispetto ai biofilm non pre-trattati con hep20. L’aumento dell’attività antibiofilm della vancomicina dopo pre-trattamento con hep20 supporta l’ipotesi che l’inibizione della produzione della matrice extracellulare da parte del peptide possa favorire la diffusione dell’antibiotico attraverso gli strati del biofilm e, quindi, la sua interazione con le cellule batteriche fino al raggiungimento dei propri bersagli molecolari.
Nel loro insieme i dati ottenuti hanno indicato che hep20 presenta, in vitro, una spiccata capacità di ridurre la biomassa totale dei biofilm in formazione sia di ceppi PIA-positivi che PIA-negativi di S. epidermidis e parallelamente il metabolismo cellulare. Tale capacità correla solo in parte con la riduzione della vitalità delle cellule associate al biofilm, suggerendo che il peptide possa avere un effetto inibente sulla produzione della matrice extracellulare. I risultati ottenuti dai saggi di batteriocidia e dall’analisi in microscopia confocale hanno permesso di formulare ipotesi sul possibile meccanismo dell’azione antibiofilm del peptide che sembra promettente per un possibile sviluppo come agente antibiofilm in terapie combinate.
Staphylococcus epidermidis è uno dei principali agenti patogeni nosocomiali spesso associato alla formazione di biofilm su dispositivi medici. La capacità di formare biofilm è considerato il principale fattore di virulenza del batterio. Si ritiene generalmente che i biofilm di S. epidermidis si sviluppino secondo 4 fasi principali: una fase di adesione delle cellule batteriche al substrato, una fase di accumulo in cui le cellule formano le “microcolonie”, una fase di maturazione in cui il biofilm acquista la sua complessa architettura ed, infine, una fase di distacco in cui cellule singole o gruppi di cellule si staccano dalla superficie e vanno a colonizzare siti circostanti. Il fattore di accumulo meglio conosciuto di S. epidermidis è la l’adesina intercellulare polisaccharidica (polysaccharide intercellular adhesin, PIA), un polimero di N- acetil-glucosammina parzialmente deacetilato, sintetizzato dai prodotti genici dell’operone ica, icaA, icaD, icaB and icaC. Sebbene il PIA è stato a lungo considerato un fattore indispensabile per la produzione di biofilm da parte di S. epidermidis, studi più recenti hanno sottolineano che esiste una grande variabilità tra isolati clinici diversi e che, in realtà, alche ceppi ica-negativi possono produrre biofilm con matrici extracellulari prevalentemente di natura proteica.
Fin dalla loro scoperta più di 30 anni fa i peptidi antimicrobici naturali (AMPs) hanno attratto un considerevole interesse come nuova classe di farmaci antinfettivi. Sebbene numerosi ostacoli ne limitano ancora l’uso come farmaci sistemici, il loro impiego nel trattamento di infezioni localizzate è più che promettente. Il possibile uso di AMPs per trattare i biofilm microbici è un’emergente area di ricerca dato che tali molecole presentano caratteristiche che potrebbero renderli particolarmente adatti contro cellule in questa modalità di crescita.
Studi precedenti del nostro gruppo di ricerca hanno dimostrato che il peptide antimicrobico prodotto dal fegato dell’uomo epcidina 20 (hep20) presenta una marcata capacità antimicrobica verso cellule planctoniche di batteri Gram-positivi e Gram-negativi isolati in ambiente nosocomiale e del lievito Candida glabrata. L’attività antimicrobica e il meccanismo d’azione del peptide sono modulati dal pH dato che un ambiente acido abbassa le concentrazioni battericide e riduce i tempi di killing rispetto ad un pH neutro.
Scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di testare le proprietà antibiofilm di hep20 verso isolati clinici di S. epidermidis. A tale scopo si è proceduto a isolare, identificare e caratterizzare ceppi nosocomiali di S. epidermidis, relativamente alla loro capacità di produrre biofilm. Data l’eterogeneità recentemente emersa tra isolati clinici, relativamente alla composizione della matrice extracellulare, si è proceduto anche a caratterizzare in dettaglio i ceppi batterici oggetto di studio da un punto di vista fenotipico e genetico per la capacità di produrre una matrice extracellulare di natura polisaccaridica o di natura proteica.
L’attività antibiofilm è stata valutata su biofilm in formazione quantificando la biomassa totale del biofilm (intesa come l’insieme delle cellule batteriche associate al biofilm e della matrice extracellulare) dopo colorazione con cristal violetto, l’attività metabolica cellulare, mediante saggio con alamar blu e il numero di cellule vitali (unità formanti colonia, CFU) associate al biofilm dopo il trattamento con hep20. Per un numero selezionato di ceppi si è proceduto anche a valutare la cinetica dell’effetto antibiofilm e l’effetto post-antimicrobico (Post antimicrobial effect, PAE) definito come la durata dell’effetto inibitorio dopo la rimozione del peptide. Delucidazioni sul possibile meccanismo dell’azione antibiofilm del peptide si sono ottenute da studi microscopia confocale, marcando le varie componenti del biofilm con traccianti fluorescenti ed analizzando gli effetti del trattamento con il peptide sull’architettura del biofilm. Si è valutato, infine, l’effetto antibiofilm di hep20 in combinazione con farmaci convenzionali come la vancomicina.
L’analisi della capacità di hep20 di inibire la formazione dei biofilm da parte dei ceppi caratterizzati ha rivelato che il peptide è, in generale dotato di una discreta capacità di provocare una riduzione dose-dipendente della biomassa totale del biofilm di S. epidermidis. Tale attività si aveva, nella maggior parte dei casi, a concentrazioni ben al disotto dei valori di MIC valutati verso cellule planctoniche, suggerendo che l’effetto inibitorio non fosse legato ad una attività antimicrobica diretta, ma verosimilmente ad un meccanismo biofilm-specifico. Sebbene si sia osservato un certo grado di variabilità nella suscettibilità dei ceppi a hep20 non si avevano evidenti differenze tra ceppi PIA-positivi e PIA-negativi. L’inibizione della biomassa da parte del peptide correlava con il decremento dell’attività metabolica del biofilm. Al contrario, il numero dei batteri vitali associati al biofilm veniva solo parzialmente ridotto dalla presenza del peptide. La capacità di hep20 di ridurre marcatamente la biomassa del biofilm e la sua attività metabolica con solo trascurabili effetti sul numero di CFU, suggerisce l’ipotesi che il peptide possa interferire con la produzione della matrice extracellulare da parte delle cellule associate al biofilm. Tale ipotesi è stata pienamente supportata dagli esperimenti di microscopia confocale, marcando la componente polisaccaridica e quella proteica della matrice extracellulare di due ceppi rappresentativi di S. epidermidis. Le immagini ottenute hanno chiaramente confermato che hep20 provoca una netta alterazione, dose-dipendente dell’architettura del biofilm ed una riduzione della matrice sia del ceppo PIA-positivo che di quello PIA-negativo, indipendentemente cioè dalla natura della matrice stessa. Quando si è proceduto a valutare la persistenza degli effetti inibitori di hep20 su biofilm di S. epidermidis è emerso un dato interessante. Appena 3 ore di esposizione al peptide erano sufficienti per far durare l’inibizione della matrice fino a 18 ore dalla rimozione del peptide stesso. Tale osservazione indica che gli effetti inibitori del peptide sono piuttosto stabili nel tempo e suggerisce possibili cinetiche di somministrazione del peptide in terapie combinate con antibiotici che agiscano riducendo il numero delle CFU. Al fine di valutare l’effettivo potenziale applicativo di hep20 in terapie combinate è stata valutata la capacità del peptide di potenziare l’attività antibatterica della vancomicina verso biofilm di S. epidermidis PIA-positivi e PIA-negativi. I risultati ottenuti hanno permesso di osservare che il pre-trattamento del biofilm con hep20 favorisce l’attività antimicrobica della vancomicina abbassandone notevolmente la concentrazione attiva e causando una riduzione statisticamente significativa nel numero delle CFU rispetto ai biofilm non pre-trattati con hep20. L’aumento dell’attività antibiofilm della vancomicina dopo pre-trattamento con hep20 supporta l’ipotesi che l’inibizione della produzione della matrice extracellulare da parte del peptide possa favorire la diffusione dell’antibiotico attraverso gli strati del biofilm e, quindi, la sua interazione con le cellule batteriche fino al raggiungimento dei propri bersagli molecolari.
Nel loro insieme i dati ottenuti hanno indicato che hep20 presenta, in vitro, una spiccata capacità di ridurre la biomassa totale dei biofilm in formazione sia di ceppi PIA-positivi che PIA-negativi di S. epidermidis e parallelamente il metabolismo cellulare. Tale capacità correla solo in parte con la riduzione della vitalità delle cellule associate al biofilm, suggerendo che il peptide possa avere un effetto inibente sulla produzione della matrice extracellulare. I risultati ottenuti dai saggi di batteriocidia e dall’analisi in microscopia confocale hanno permesso di formulare ipotesi sul possibile meccanismo dell’azione antibiofilm del peptide che sembra promettente per un possibile sviluppo come agente antibiofilm in terapie combinate.
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