Thesis etd-02072018-173332 |
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Thesis type
Tesi di laurea magistrale
Author
BERTOLUCCI, ILARIA
URN
etd-02072018-173332
Thesis title
Il rapporto mente-corpo nella Malattia di Cushing: studio psicometrico della sfera affettiva e della percezione dell'immagine corporea
Department
PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA, MOLECOLARE E DELL'AREA CRITICA
Course of study
PSICOLOGIA CLINICA E DELLA SALUTE
Supervisors
relatore Gemignani, Angelo
Keywords
- dimensione affettiva
- immagine corporea
- ipercortisolismo
- Malattia di Cushing
Graduation session start date
26/02/2018
Availability
Full
Summary
La Sindrome di Cushing (Cushing’s Syndrome; CS) è una rara condizione clinica caratterizzata da un’esposizione prolungata all’eccesso di glucocorticoidi. Le cause di questa patologia possono essere di natura endogena o esogena: nel primo caso si possono individuare cause dipendenti dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH) e cause ACTH-indipendenti; nel secondo caso l’ipercortisolismo può essere causato dalla somministrazione prolungata di farmaci cortisonici. Le forme ACTH-indipendenti sono dovute a un tumore localizzato a livello delle ghiandole surrenali che stimola le stesse a secernere cortisolo mentre le forme ACTH-dipendenti possono essere riconducibili a: i) un tumore ectopico ACTH-secernente e ii) un tumore a livello ipofisario, tipicamente di natura benigna, secernente ACTH in eccesso. Quando la causa è riconducibile alla presenza di un tumore ipofisario ACTH-secernente localizzato a livello ipofisario si parla di Malattia di Cushing (Cushing’s Disease; CD). In generale, la CS è caratterizzata da manifestazioni cliniche riconducibili agli effetti periferici e centrali provocati dall’esposizione prolungata ai glucocorticoidi. I pazienti CS, infatti, manifestano numerose modificazioni fenotipiche (obesità centrale, gibbo di bufala, irsutismo, acne, faccia a forma di luna piena, alopecia, miopatia e atrofia muscolare) e alcune comorbidità come: i) osteoporosi, ii) diabete mellito, iii) disturbi psichiatrici e iv) disturbi cognitivi.
Nello specifico, la CS risulta associata ad un’elevata prevalenza di disturbi della sfera affettiva: alcuni studi riportano la presenza del disturbo depressivo maggiore (Haskett, 1985; Hudson et al., 1987; Looosen et al., 1992; Sonino et al., 1993; Dorn et al., 1996; Sonino et al., 1998), di disturbi d’ansia, in particolare disturbo d’ansia generalizzata (DAG) e disturbo di panico (DAP; Hudson et al., 1987; Loosen et al., 1992; Dorn et al., 1995) e più infrequentemente di disturbi maniacali e ipomaniacali (Haskett, 1985; Hudson et al. 1987; Dorn et al., 1995; Kelly, 1996). In rari casi si evidenzia la presenza di disturbi psicotici associati ai quadri di ipercortisolismo (Barnett et al., 1970; Saad et al., 1984; Gerson & Miklat, 1985; Terzolo et al., 1994; Chu et al., 2001; Tran & Elias, 2003; Zielasek et al., 2003; Gòrniak and Rybakowski, 2005; Tang et al., 2013; Kelly, 1996). Un numero esiguo di studi ha valutato, inoltre, la dimensione dell’immagine corporea riportando la presenza, in questi pazienti, di una bassa autostima e una bassa soddisfazione del proprio aspetto in seguito agli effetti dell’eccesso di glucocorticoidi (Alcalar et al., 2012; Tiemesma et al., 2012).
Alla luce di tali evidenze, è possibile ipotizzare che l’alterazione ormonale rivesta un ruolo cruciale nello sviluppo di patologia psichiatrica, tuttavia, i meccanismi sottostanti all’insorgenza di disturbi della sfera affettiva non sono ancora del tutto noti.
Lo scopo di questo lavoro di tesi risulta, quindi, duplice: da una parte quello di confermare la prevalenza dei disturbi della dimensione affettiva associata ai quadri di ipercortisolismo, dall’altra quella di valutare la percezione dell’immagine corporea e di indagarne eventuali alterazioni e, laddove presenti, valutare l’impatto che queste possono avere sulla dimensione affettiva. L’ipotesi del presente lavoro di tesi è quella che l’immagine corporea rivesta, quindi, un ruolo cruciale, insieme alla disregolazione ormonale, nel contribuire allo sviluppo o all’aggravamento della psicopatologia dei pazienti con ipercortisolismo.
A tale scopo, sono stati reclutati 13 pazienti affetti da CD (8 F e 5 M) con un’età compresa tra i 18 e 71 anni, (età media 43±15 anni) una scolarizzazione compresa tra gli 8 e >18 anni (scolarizzazione media 14±3 anni) e un indice di massa corporea (BMI) di 31.9±13.8. Tutti i 13 soggetti sono stati reclutati dal U.O. del reparto di Endocrinologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa nel periodo da Gennaio a Dicembre 2016. I criteri di inclusione al protocollo di ricerca sono i seguenti:
i) maggiore età;
ii) diagnosi della Malattia di Cushing.
I criteri di esclusione sono i seguenti:
i) diagnosi di disturbi psichiatrici in linea ai criteri diagnostici del DSM-5 (APA, 2013) pregressi al quadro di ipercortisolimo;
ii) presenza di declino cognitivo, per i pazienti con età superiore ai 65 anni;
iii) terapia farmacologica per l’ipercortisolismo al momento dello studio;
iv) terapia farmacologica psichiatrica in atto.
Tutti i criteri elencati sono stati verificati da specialisti tramite esami medici e psicologici. Nello specifico, la diagnosi di CD è stata eseguita tramite le linee guida dell’Endocrine Society (Nieman et al., 2008) da parte degli endocrinologi del reparto del Centro di Neuroendocrinologia dell’Unità di Psicologia e Psichiatria dell’Università di Pisa. La presenza di declino cognitivo è stata indagata tramite l’utilizzo del test Mini Mental State Examination (MMSE; Folstein et al., 1975). I pazienti, con età superiore ai 65 anni, che hanno ottenuto punteggi <24 sono stati esclusi. La presenza di disturbi psichiatrici pregressi (in accordo con i criteri diagnostici del DSM-5) è stata eseguita tramite un’intervista clinica condotta da parte di uno psichiatra esterno al protocollo sperimentale. In seguito all’accertamento della presenza dei criteri d’inclusione del protocollo di ricerca è stata eseguita la seguente batteria di test:
1) Symptom Checklist-90-R (SCL-90-R; Derogatis, 1992) per la valutazione della presenza di sintomi psicopatologici nell’ultima settimana;
2) Beck Depression Inventory-II (BDI-II; Beck et al., 1996) per la valutazione della presenza e la gravità di sintomi depressivi nelle ultime due settimane;
3) Profile of Mood States (POMS; McNair et al., 1971) per la valutazione del profilo degli stati dell’umore durante la settimana precedente;
4) State-Trait Anxiety Inventory (STAI-Y2; Spielberg, 1983) per la valutazione la presenza di tratti ansiosi nel lifetime;
5) The Body Uneasiness Test (BUT; Cuzzolaro et al., 1999) per la valutazione degli elementi cognitivi, emotivi e comportamentali della percezione dell’immagine corporea e la soddisfazione relativa ad aree specifiche del corpo.
Le analisi statistiche sono state condotte con: i) test del Chi quadrato con la correzione di Yates e ii) test di Correlazione di Pearson. Il livello di significatività per ogni test è stato fissato al 5 %.
L’intervista clinica condotta da uno psichiatra esterno al protocollo sperimentale non ha riportato, al momento della valutazione, la presenza di disturbi psichiatrici.
I risultati psicometrici di questo lavoro di tesi riportano la presenza di una deflessione del tono dell’umore valutata mediante il BDI-II nel 15 % e la presenza di tratti personologici ansiosi valutati mediante la STAI-Y nell’8% dei casi, che però non presentano differenze significative con la popolazione generale. I risultati relativi alla valutazione del profilo dell’umore riportano punteggi significativi nella sottoscala “Rabbia/Ostilità” della POMS nel 23%, quelli relativi alla presenza di sintomi psicopatologici riportano inoltre la presenza di punteggi significativi nella sottoscala della somatizzazione del SCL-90-R nel 77% dei pazienti. Per quanto concerne l’immagine corporea, risulta, che i pazienti, presentano punteggi significativi nelle sottoscale del BUT inerenti a: i) “fobia del peso” nel 27%, ii) “preoccupazione per l’immagine corporea” nel 55%, iii) “evitamento” nel 36%, iv) “depersonalizzazione” nel 64%; e, più in generale, un’alterazione dell’immagine corporea nel 45% dei pazienti CD. Le indagini correlazionali riportano delle correlazioni significative tra livello di ACTH sierico (pg/mL) e aggressività, valutata con la scala POMS e il GSI del BUT e la somatizzazione evidenziata tramite la scala SCL-90-R. Alla luce di tali risultati questo studio: i) non conferma la prevalenza di disturbi della dimensione affettiva come riportato in letteratura, ii) evidenzia un’alterazione emotiva, cognitiva e comportamentale legata all’immagine corporea, iii) non evidenzia una correlazione significativa tra i livelli ormonali e le dimensioni psicologiche valutate (ad eccezione di quella evidenziata tra livello di ACTH sierico e aggressività, valutata tramite la scala POMS), iv) non evidenzia una correlazione significativa tra la dimensione dell’immagine corporea e la presenza di alterazioni psicopatologiche (ad eccezione di quella evidenziata tra sottoscala SOM della scala SCL-90-R e GSI del BUT).
I risultati del presente lavoro di tesi, riferiscono una compromissione emotiva, cognitiva e comportamentale legata all’immagine corporea dei soggetti CD. Alla luce dei risultati di questo lavoro di tesi sembra auspicabile inserire la valutazione dell’immagine corporea nel protocollo di valutazione clinica del paziente CS e intervenire precocemente per diminuire il distress psicologico ad essa associato. Inoltre, sarebbe auspicabile, visti i numerosi limiti del presente lavoro di tesi, indagare ulteriormente la dimensione dell’immagine corporea nei pazienti CD incrementando la numerosità del campione e valutare se esiste un legame tra l’immagine corporea e la dimensione affettiva, o più in generale con la psicopatologia.
Nello specifico, la CS risulta associata ad un’elevata prevalenza di disturbi della sfera affettiva: alcuni studi riportano la presenza del disturbo depressivo maggiore (Haskett, 1985; Hudson et al., 1987; Looosen et al., 1992; Sonino et al., 1993; Dorn et al., 1996; Sonino et al., 1998), di disturbi d’ansia, in particolare disturbo d’ansia generalizzata (DAG) e disturbo di panico (DAP; Hudson et al., 1987; Loosen et al., 1992; Dorn et al., 1995) e più infrequentemente di disturbi maniacali e ipomaniacali (Haskett, 1985; Hudson et al. 1987; Dorn et al., 1995; Kelly, 1996). In rari casi si evidenzia la presenza di disturbi psicotici associati ai quadri di ipercortisolismo (Barnett et al., 1970; Saad et al., 1984; Gerson & Miklat, 1985; Terzolo et al., 1994; Chu et al., 2001; Tran & Elias, 2003; Zielasek et al., 2003; Gòrniak and Rybakowski, 2005; Tang et al., 2013; Kelly, 1996). Un numero esiguo di studi ha valutato, inoltre, la dimensione dell’immagine corporea riportando la presenza, in questi pazienti, di una bassa autostima e una bassa soddisfazione del proprio aspetto in seguito agli effetti dell’eccesso di glucocorticoidi (Alcalar et al., 2012; Tiemesma et al., 2012).
Alla luce di tali evidenze, è possibile ipotizzare che l’alterazione ormonale rivesta un ruolo cruciale nello sviluppo di patologia psichiatrica, tuttavia, i meccanismi sottostanti all’insorgenza di disturbi della sfera affettiva non sono ancora del tutto noti.
Lo scopo di questo lavoro di tesi risulta, quindi, duplice: da una parte quello di confermare la prevalenza dei disturbi della dimensione affettiva associata ai quadri di ipercortisolismo, dall’altra quella di valutare la percezione dell’immagine corporea e di indagarne eventuali alterazioni e, laddove presenti, valutare l’impatto che queste possono avere sulla dimensione affettiva. L’ipotesi del presente lavoro di tesi è quella che l’immagine corporea rivesta, quindi, un ruolo cruciale, insieme alla disregolazione ormonale, nel contribuire allo sviluppo o all’aggravamento della psicopatologia dei pazienti con ipercortisolismo.
A tale scopo, sono stati reclutati 13 pazienti affetti da CD (8 F e 5 M) con un’età compresa tra i 18 e 71 anni, (età media 43±15 anni) una scolarizzazione compresa tra gli 8 e >18 anni (scolarizzazione media 14±3 anni) e un indice di massa corporea (BMI) di 31.9±13.8. Tutti i 13 soggetti sono stati reclutati dal U.O. del reparto di Endocrinologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa nel periodo da Gennaio a Dicembre 2016. I criteri di inclusione al protocollo di ricerca sono i seguenti:
i) maggiore età;
ii) diagnosi della Malattia di Cushing.
I criteri di esclusione sono i seguenti:
i) diagnosi di disturbi psichiatrici in linea ai criteri diagnostici del DSM-5 (APA, 2013) pregressi al quadro di ipercortisolimo;
ii) presenza di declino cognitivo, per i pazienti con età superiore ai 65 anni;
iii) terapia farmacologica per l’ipercortisolismo al momento dello studio;
iv) terapia farmacologica psichiatrica in atto.
Tutti i criteri elencati sono stati verificati da specialisti tramite esami medici e psicologici. Nello specifico, la diagnosi di CD è stata eseguita tramite le linee guida dell’Endocrine Society (Nieman et al., 2008) da parte degli endocrinologi del reparto del Centro di Neuroendocrinologia dell’Unità di Psicologia e Psichiatria dell’Università di Pisa. La presenza di declino cognitivo è stata indagata tramite l’utilizzo del test Mini Mental State Examination (MMSE; Folstein et al., 1975). I pazienti, con età superiore ai 65 anni, che hanno ottenuto punteggi <24 sono stati esclusi. La presenza di disturbi psichiatrici pregressi (in accordo con i criteri diagnostici del DSM-5) è stata eseguita tramite un’intervista clinica condotta da parte di uno psichiatra esterno al protocollo sperimentale. In seguito all’accertamento della presenza dei criteri d’inclusione del protocollo di ricerca è stata eseguita la seguente batteria di test:
1) Symptom Checklist-90-R (SCL-90-R; Derogatis, 1992) per la valutazione della presenza di sintomi psicopatologici nell’ultima settimana;
2) Beck Depression Inventory-II (BDI-II; Beck et al., 1996) per la valutazione della presenza e la gravità di sintomi depressivi nelle ultime due settimane;
3) Profile of Mood States (POMS; McNair et al., 1971) per la valutazione del profilo degli stati dell’umore durante la settimana precedente;
4) State-Trait Anxiety Inventory (STAI-Y2; Spielberg, 1983) per la valutazione la presenza di tratti ansiosi nel lifetime;
5) The Body Uneasiness Test (BUT; Cuzzolaro et al., 1999) per la valutazione degli elementi cognitivi, emotivi e comportamentali della percezione dell’immagine corporea e la soddisfazione relativa ad aree specifiche del corpo.
Le analisi statistiche sono state condotte con: i) test del Chi quadrato con la correzione di Yates e ii) test di Correlazione di Pearson. Il livello di significatività per ogni test è stato fissato al 5 %.
L’intervista clinica condotta da uno psichiatra esterno al protocollo sperimentale non ha riportato, al momento della valutazione, la presenza di disturbi psichiatrici.
I risultati psicometrici di questo lavoro di tesi riportano la presenza di una deflessione del tono dell’umore valutata mediante il BDI-II nel 15 % e la presenza di tratti personologici ansiosi valutati mediante la STAI-Y nell’8% dei casi, che però non presentano differenze significative con la popolazione generale. I risultati relativi alla valutazione del profilo dell’umore riportano punteggi significativi nella sottoscala “Rabbia/Ostilità” della POMS nel 23%, quelli relativi alla presenza di sintomi psicopatologici riportano inoltre la presenza di punteggi significativi nella sottoscala della somatizzazione del SCL-90-R nel 77% dei pazienti. Per quanto concerne l’immagine corporea, risulta, che i pazienti, presentano punteggi significativi nelle sottoscale del BUT inerenti a: i) “fobia del peso” nel 27%, ii) “preoccupazione per l’immagine corporea” nel 55%, iii) “evitamento” nel 36%, iv) “depersonalizzazione” nel 64%; e, più in generale, un’alterazione dell’immagine corporea nel 45% dei pazienti CD. Le indagini correlazionali riportano delle correlazioni significative tra livello di ACTH sierico (pg/mL) e aggressività, valutata con la scala POMS e il GSI del BUT e la somatizzazione evidenziata tramite la scala SCL-90-R. Alla luce di tali risultati questo studio: i) non conferma la prevalenza di disturbi della dimensione affettiva come riportato in letteratura, ii) evidenzia un’alterazione emotiva, cognitiva e comportamentale legata all’immagine corporea, iii) non evidenzia una correlazione significativa tra i livelli ormonali e le dimensioni psicologiche valutate (ad eccezione di quella evidenziata tra livello di ACTH sierico e aggressività, valutata tramite la scala POMS), iv) non evidenzia una correlazione significativa tra la dimensione dell’immagine corporea e la presenza di alterazioni psicopatologiche (ad eccezione di quella evidenziata tra sottoscala SOM della scala SCL-90-R e GSI del BUT).
I risultati del presente lavoro di tesi, riferiscono una compromissione emotiva, cognitiva e comportamentale legata all’immagine corporea dei soggetti CD. Alla luce dei risultati di questo lavoro di tesi sembra auspicabile inserire la valutazione dell’immagine corporea nel protocollo di valutazione clinica del paziente CS e intervenire precocemente per diminuire il distress psicologico ad essa associato. Inoltre, sarebbe auspicabile, visti i numerosi limiti del presente lavoro di tesi, indagare ulteriormente la dimensione dell’immagine corporea nei pazienti CD incrementando la numerosità del campione e valutare se esiste un legame tra l’immagine corporea e la dimensione affettiva, o più in generale con la psicopatologia.
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