Tesi etd-02072016-123403 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
CARRESI, LUIGI
URN
etd-02072016-123403
Titolo
Il Diversity Management tra teoria e pratica. Il caso Telecom
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
ECONOMIA E COMMERCIO
Relatori
relatore Prof.ssa Bonti, Mariacristina
Parole chiave
- differenza
- diversità
- diversity
- Diversity Management
Data inizio appello
22/02/2016
Consultabilità
Tesi non consultabile
Data di rilascio
22/02/2086
Riassunto
Nel mondo delle organizzazioni le persone sono oggi delle risorse fondamentali: il ruolo dei lavoratori si è evoluto nel tempo da semplice fattore della produzione, sostituibile e omogeneo, a risorsa unica ed irripetibile. Un’unicità data appunto da quel particolare mix di differenze di cui ognuno è esclusivo portatore, che può essere espressa nell’organizzazione in cui opera a vantaggio delle prestazioni individuali e d’impresa: le imprese hanno la possibilità di sviluppare il talento e il potenziale dei propri collaboratori e trasformarlo positivamente sia per il lavoratore in termini di soddisfazione personale, sia per l’azienda in termini di vantaggio competitivo. E’ ormai noto come sia possibile migliorare le performance interne creando un ambiente di lavoro favorevole all’espressione delle persone nella loro interezza generando di conseguenza maggiore benessere – e dove quindi è possibile sviluppare creatività, innovazione e flessibilità – e quelle esterne sia attraverso l’ampliamento della clientela e del mercato di riferimento, sia attraverso i riflessi positivi sull’immagine dell’impresa.
Il lavoro parte da una ridefinizione del concetto di diversità per approdare al costrutto “orizzontale” e paritario delle differenze, un passaggio ritenuto significativo alla luce degli aspetti storici che vengono affrontati sempre nel primo capitolo: la stagione delle lotte per i diritti civili e l’emancipazione sociale delle minoranze che si è avuta negli Stati Uniti negli anni ‘60, mette in discussione lo schema di ordine costituito in cui il potere era detenuto da una classe WASP tradizionalmente maschile, che costituisce di fatto la matrice da cui è poi andata a definirsi la diversità. L’excursus storico accenna alle Affirmative Actions per poi concentrarsi sulla fase sociodemografica in cui si si sviluppa il business case del Diversity Management: il modello viene analizzato quindi nei suoi vantaggi e nei suoi limiti, mettendo in evidenza i motivi che hanno portato alla necessità di gestire le differenze all’interno delle imprese e il valore che ne deriva, il suo utilizzo come leva strategica e il vantaggio competitivo che se ne può ottenere. Il capitolo si conclude poi con una visione critica rispetto ad un suo inquadramento teorico.
Il secondo capitolo si concentra su alcuni aspetti di criticità legati alle politiche di Diversity Management: primo fra tutti quello legato al cambiamento culturale che l’impresa deve affrontare per accogliere il paradigma dell’inclusione nella propria cultura organizzativa e le resistenze che ne derivano, tenendo al contempo in considerazione i contributi teorici offerti da T. Cox e G.H. Hofstede. La questione culturale ritorna anche sul tema degli indicatori di impatto che rappresentano un altro punto critico: qui si confrontano le due visioni, quella nordamericana e quella europea, sulla necessità di valutare il raggiungimento dei risultati attraverso l’implementazione di pratiche manageriali orientate alla diversity, mettendo in atto precisi schemi di verifica. In questo confronto, sempre a carattere culturale, rientrano anche le “Carte della diversità” in quanto risposta europea all’impostazione “americana” che caratterizza dalle origini la gestione manageriale della diversità. Il capitolo procede quindi ad affrontare il passaggio metodologico – ma che soprattutto, e di nuovo, ha a che fare con un passaggio culturale – che vede focalizzare nella messa in atto degli interventi l’attenzione sulle differenze individuali, più che sulle categorie di diversità, tenendo in considerazione sia le criticità insite nella valorizzazione, sia la complessità che scaturisce dall’intersezionalità delle differenze, per concludersi quindi con il rilevante tema dell’integrazione tra le pratiche di Diversity Management e quelle preesistenti di gestione delle risorse umane.
Nel terzo ed ultimo capitolo vengono prima proposti degli strumenti e buone prassi di gestione delle differenze, iniziando così ad entrare nella pratica manageriale ed illustrando la figura professionale del Diversity Manager, procedendo poi ad esaminare quelle che sono le strette connessioni che presenta il Diversity Management con altri importanti aspetti organizzativi: la Responsabilità Sociale d’Impresa, il work-life balance ed infine il benessere organizzativo. Nella seconda parte del capitolo si è cercato di descrivere la realtà aziendale di Telecom Italia e di quanto è stato fatto da questa grande impresa sul tema della diversity, che possiamo definire come un’azienda “pioniera” nel panorama italiano rispetto a questa tematica. Con questa ricerca qualitativa si è andati a “fotografare” le politiche messe in atto e il processo organizzativo che le ha permesso oggi di essere tra le grandi aziende italiane una tra le più all’avanguardia. Conclude il capitolo l’intervista al Diversity Manager di Telecom che approfondisce ulteriormente la descrizione, le motivazioni, le criticità e i risultati che questa azienda riscontra attraverso le sue politiche orientate alla valorizzazione delle differenze per trasformarle in risorsa.
Il lavoro parte da una ridefinizione del concetto di diversità per approdare al costrutto “orizzontale” e paritario delle differenze, un passaggio ritenuto significativo alla luce degli aspetti storici che vengono affrontati sempre nel primo capitolo: la stagione delle lotte per i diritti civili e l’emancipazione sociale delle minoranze che si è avuta negli Stati Uniti negli anni ‘60, mette in discussione lo schema di ordine costituito in cui il potere era detenuto da una classe WASP tradizionalmente maschile, che costituisce di fatto la matrice da cui è poi andata a definirsi la diversità. L’excursus storico accenna alle Affirmative Actions per poi concentrarsi sulla fase sociodemografica in cui si si sviluppa il business case del Diversity Management: il modello viene analizzato quindi nei suoi vantaggi e nei suoi limiti, mettendo in evidenza i motivi che hanno portato alla necessità di gestire le differenze all’interno delle imprese e il valore che ne deriva, il suo utilizzo come leva strategica e il vantaggio competitivo che se ne può ottenere. Il capitolo si conclude poi con una visione critica rispetto ad un suo inquadramento teorico.
Il secondo capitolo si concentra su alcuni aspetti di criticità legati alle politiche di Diversity Management: primo fra tutti quello legato al cambiamento culturale che l’impresa deve affrontare per accogliere il paradigma dell’inclusione nella propria cultura organizzativa e le resistenze che ne derivano, tenendo al contempo in considerazione i contributi teorici offerti da T. Cox e G.H. Hofstede. La questione culturale ritorna anche sul tema degli indicatori di impatto che rappresentano un altro punto critico: qui si confrontano le due visioni, quella nordamericana e quella europea, sulla necessità di valutare il raggiungimento dei risultati attraverso l’implementazione di pratiche manageriali orientate alla diversity, mettendo in atto precisi schemi di verifica. In questo confronto, sempre a carattere culturale, rientrano anche le “Carte della diversità” in quanto risposta europea all’impostazione “americana” che caratterizza dalle origini la gestione manageriale della diversità. Il capitolo procede quindi ad affrontare il passaggio metodologico – ma che soprattutto, e di nuovo, ha a che fare con un passaggio culturale – che vede focalizzare nella messa in atto degli interventi l’attenzione sulle differenze individuali, più che sulle categorie di diversità, tenendo in considerazione sia le criticità insite nella valorizzazione, sia la complessità che scaturisce dall’intersezionalità delle differenze, per concludersi quindi con il rilevante tema dell’integrazione tra le pratiche di Diversity Management e quelle preesistenti di gestione delle risorse umane.
Nel terzo ed ultimo capitolo vengono prima proposti degli strumenti e buone prassi di gestione delle differenze, iniziando così ad entrare nella pratica manageriale ed illustrando la figura professionale del Diversity Manager, procedendo poi ad esaminare quelle che sono le strette connessioni che presenta il Diversity Management con altri importanti aspetti organizzativi: la Responsabilità Sociale d’Impresa, il work-life balance ed infine il benessere organizzativo. Nella seconda parte del capitolo si è cercato di descrivere la realtà aziendale di Telecom Italia e di quanto è stato fatto da questa grande impresa sul tema della diversity, che possiamo definire come un’azienda “pioniera” nel panorama italiano rispetto a questa tematica. Con questa ricerca qualitativa si è andati a “fotografare” le politiche messe in atto e il processo organizzativo che le ha permesso oggi di essere tra le grandi aziende italiane una tra le più all’avanguardia. Conclude il capitolo l’intervista al Diversity Manager di Telecom che approfondisce ulteriormente la descrizione, le motivazioni, le criticità e i risultati che questa azienda riscontra attraverso le sue politiche orientate alla valorizzazione delle differenze per trasformarle in risorsa.
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