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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-02072008-084227


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
DI CICCO, MARIA
URN
etd-02072008-084227
Titolo
Discinesia Ciliare Primaria e Qualità della Vita: risultati di un’indagine condotta dal “Centro di Riferimento per la Diagnosi e la Terapia della DCP / Sindrome di Kartagener” della Clinica Pediatrica 1
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
Relatore Dott. Pifferi, Massimo
Parole chiave
  • discinesia ciliare primaria
  • SF-36
  • primary ciliary dyskinesia
  • qualità della vita
  • children
  • chronic respiratory disease
  • patologia respiratoria cronica
  • età pediatrica
  • quality of life
  • SGRQ
Data inizio appello
26/02/2008
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
26/02/2048
Riassunto
INTRODUZIONE. Con il termine Discinesia Ciliare Primaria (DCP) si definisce un gruppo di condizioni patologiche congenite, eterogenee dal punto di vista clinico e genetico, alla cui base sono alterazioni della struttura e/o della funzione delle cilia della mucosa respiratoria che determinano un deficit del trasporto muco-ciliare e la comparsa di diversi quadri di patologia a carico delle vie aeree e del parenchima polmonare, con progressivo deterioramento della funzione respiratoria e notevole impatto sulla Qualità della Vita (QoL).
In Italia, così come nel resto del mondo, l'approccio al paziente con DCP si basa per analogia sulle conoscenze relative alla Fibrosi Cistica. Inoltre, la mancata coordinazione tra i pochi Centri che si occupano di DCP nel nostro Paese rallenta moltissimo il lavoro dei ricercatori, tanto che ad oggi non si sa neppure con certezza quanti siano i pazienti affetti da questa patologia rara nel nostro Paese (prevalenza stimata 1:16.000). SCOPI DELL’INDAGINE. Nel periodo che va dal 1° luglio 2007 al 31 dicembre 2007 abbiamo svolto un'indagine con lo scopo da un lato di quantificare in quali modi la DCP incida sulla QoL dei pazienti per capire cosa sia possibile fare in pratica per migliorarla, dall’altro di valutare la malattia in termini di diagnosi, terapia e follow up, per fare un quadro il più ampio possibile dell'approccio complessivo a questa malattia nel nostro Paese.
Il nostro campione comprende 70 pazienti (27 maschi e 43 femmine), a cui abbiamo inviato il Questionario Short Form 36 items (SF-36) per ottenerne un profilo generale di salute, il Questionario per le Patologie Respiratorie Croniche dell’Ospedale St. George (SGRQ) per valutare la gravità dei sintomi e il loro impatto sulla QoL, ed infine un questionario che abbiamo messo a punto per valutare le tecniche diagnostiche, il follow up e l’approccio terapeutico alla patologia (Questionario DCP/Kartagener). RISULTATI. Il nostro campione comprende 70 persone, di cui 27 maschi e 43 femmine (61,4%), di età compresa tra 15 mesi e 48 anni (M±DS: 21,4±13,1 anni). L’età delle femmine (range 3 – 48 anni, M±DS: 23,6±13,4 anni) risultava superiore a quella dei maschi (range 15 mesi – 41 anni, M±DS: 17,9±12,2 anni). La differenza d’età tra maschi e femmine non è risultata statisticamente significativa (p=0,64). 43 pazienti (61,4%) hanno dichiarato di presentare Situs Inversus Totalis (SVI) (di cui il 62,8% donne), 1 di presentare destrocardia (1,4%), e 26 di avere un Situs Solitus (SS) (37,1%).
E’ interessante notare come nel nostro campione sia il PCS che l’MCS si mantengano nel range di normalità sebbene peggiorino con l’aumentare dell’età. Dall’SF-36 risulta inoltre che il 50% del campione ritiene le proprie condizioni di salute buone e che la maggior parte dei pazienti non avverte limitazioni nello svolgimento delle attività quotidiane, ma il 74,3% dei pazienti ritiene di ammalarsi più degli altri, il 67,1% di non godere di ottima salute e il 38,5% che le proprie condizioni sono destinate a peggiorare. Dalle risposte al SGRQ emerge che il 63% dei pazienti ha tosse 5-7 giorni a settimana, cui spesso si associa espettorazione, mentre la dispnea è un sintomo più raro, presentandosi in questi pazienti solo in concomitanza di episodi infettivi. Anche dalle risposte a questo questionario emerge che i pazienti non avvertono particolari limitazioni nelle loro attività, ma riferiscono di provare molto imbarazzo nel tossire o nell’eseguire le terapie in pubblico. Non si dimostrano differenze statisticamente significative nei punteggi dei soggetti con SVI e in quelli con SS.
L'età media alla diagnosi è di circa 9 anni (range un mese – 44 anni) ed essa ha migliorato la QoL del 74,3% dei pazienti: gli indici del SGRQ e dell’SF-36 sono peggiori quando la diagnosi è tardiva, ma tale relazione è statisticamente significativa solo nel dominio BP dell'SF-36. Nei pazienti con destrocardia stupisce che l’età media alla diagnosi di tale anomalia sia di 23 mesi (range diagnosi in utero - 13 anni). La diagnosi di DCP risulta più precoce nei soggetti con SVI (in media circa 8 anni) rispetto ai soggetti con SS (in media circa 12 anni), anche se la differenza tra i due gruppi non è risultata statisticamente significativa.
La metodica diagnostica più utilizzata è l'esame ultrastrutturale delle cilia respiratorie prelevate a livello nasale (78,6% del campione). Il 60% dei soggetti che hanno eseguito questo esame hanno anche eseguito un'analisi dell'attività ciliare in vitro. 11 pazienti (15,7%) non hanno effettuato accertamenti strumentali, ricevendo solamente una diagnosi clinica.
Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche, il 75,7% dei pazienti presenta bronchiectasie, il 64,3% sinusite, il 21,4% poliposi nasale. Nessun paziente presenta retinite pigmentosa o cheratocono, mentre un paziente presenta policistosi renale e tre idrocefalo.
Per quanto riguarda il follow up, l’87,1% dei soggetti ha eseguito almeno una HRTC, che viene ripetuta in media ogni 3 anni, e il 90% dei pazienti ha eseguito almeno una coltura dell’espettorato e una spirometria, che viene ripetuta in media ogni 23 settimane.
L’approccio terapeutico varia da paziente a paziente, ma emerge che il 75,7% dei pazienti esegue quotidianamente la fisioterapia respiratoria, il 72,9% dei pazienti assume ciclicamente antibiotici e il 69% assume cronicamente broncodilatatori e steroidi inalatori. CONCLUSIONI. La nostra indagine è la prima indagine conoscitiva che viene svolta in Italia nei pazienti con DCP: i risultati che emergono dalla nostra iniziativa, in accordo con il fatto che la DCP è una patologia respiratoria cronica ad andamento ingravescente e progressivo, permettono di rilevare che l’impatto di tale condizione sulla QoL tende ad aumentare con il passare degli anni, in particolare a partire dalla seconda decade della vita, da un lato per la progressiva compromissione della funzione respiratoria, dall’altro per l’aumentata consapevolezza della propria patologia da parte dei pazienti con il passare degli anni.
In particolare, dall’SF-36 emerge che sebbene la maggior parte dei pazienti non lamenti una limitazione nelle proprie attività a causa della malattia respiratoria, la loro percezione del proprio stato di salute risulta compromessa. Il maggiore impatto della malattia sulla QoL si realizza nelle adolescenti e nelle giovani donne nella seconda decade di vita, mentre in epoca successiva la QoL risulta peggiore nei soggetti di sesso maschile.
Nonostante i pazienti ritengano la loro QoL sostanzialmente conservata, lo score Sintomi del questionario SGRQ è molto elevato in questi pazienti, soprattutto se di sesso maschile, a dimostrazione del fatto che la percezione globale della propria condizione è molto soggettiva e probabilmente prescinde dalla reale compromissione organica che presentano.
La DCP ha quindi un impatto importante sul piano fisico, ma anche su quello mentale: è necessario prestare attenzione a tali aspetti per identificare precocemente tra i pazienti coloro che possono beneficiare di un supporto psicologico: naturalmente questo tipo di intervento dovrà essere parte integrante di un approccio complessivo alla malattia che deve comprendere tutti i trattamenti utili al controllo delle manifestazioni cliniche. Tali trattamenti avranno maggiori possibilità di successo se impiegati precocemente, per cui è importante giungere al più presto ad una definizione diagnostica. In tal senso dovranno essere utilizzati tutti gli strumenti disponibili: in particolare, la storia clinica e l’esame obiettivo dei pazienti dovranno servire solo a selezionare i soggetti da sottoporre agli approfondimenti strumentali, ma non potranno consentire la diagnosi.
Sarà indispensabile, inoltre, favorire la diffusione della conoscenza della DCP sia tra gli operatori dei centri di diagnosi e cura sia tra i medici che lavorano sul territorio, perché ciò potrà consentire di avviare precocemente i pazienti all’iter diagnostico che, sebbene possa essere assicurato solo da pochi centri, dovrà comprendere le tecniche diagnostiche più innovative, comprese quelle che si basano sull’impiego delle colture di cellule epiteliali ciliate e le indagini genetiche.
Infine, la creazione di un Registro Nazionale per la DCP, come per le altre patologie rare, potrà garantire una maggiore omogeneità di interventi e di prestazioni ai pazienti, migliorandone la QoL.
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